Slan Hunter

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Slan Hunter Page 11

by Kevin J. Anderson

Ma la corazza della macchina resisté.

  Mentre il fuoco continuava a estendersi e gli alberi cadevano tutt'intorno, l'automobile rimase intrappolata sotto la valanga di legno rotto. Completamente intrappolata. Anche quando gli alberi smisero di cadere, l'incendio si fece sempre più violento, diventando rapidamente un inferno che si propagava nella foresta. La macchina era immobilizzata, bloccata nel cuore di una fornace.

  Jommy arrestò i sistemi. «Bene. Siamo completamente al sicuro.»

  16

  Mentre il bibliotecario fissava le antenne scoperte del bambino, Anthea avvertì nella mente un secondo brivido di paura oltre al proprio. Il neonato in qualche modo sapeva di essere stato scoperto, e capiva istintivamente il pericolo per entrambi.

  «Oh, santo cielo!» Il signor Reynolds fece mezzo passo indietro. Alzò le mani in un gesto difensivo, come se temesse di avere toccato qualcosa che avrebbe potuto contaminarlo.

  Anthea cercò di avvicinarsi. «La prego, signor Reynolds! Non è quel che pensa.»

  Gli occhi tondi spalancati, il bibliotecario sobbalzò, come se volesse precipitarsi nelle strade incurante del pericolo. «Non è quel che penso?

  Penso che sia un bambino slan!» Batté più volte le palpebre, fissando a bocca aperta il piccolo. «Sì, sono proprio sicuro, è un bambino slan.»

  «Mi creda, non siamo una minaccia per lei...»

  All'esterno, forti esplosioni fecero tremare i muri. Le candele proiettavano luce incerta e strane ombre.

  Il bibliotecario si mosse svelto e corse attorno al tavolo. «Aiuto!»

  Anthea balzò di fronte a lui, traendo forza da quello che aveva passato, da quello che sapeva sarebbe potuto succedere. Prese un pesante volume dal tavolo. Senza riflettere, lo usò come una mazza e colpì Reynolds alla testa. Il libro rilegato centrò il cranio con un rumore sordo. Reynolds emise un gemito, quindi stramazzò a faccia in giù sul pavimento lucido. Gli occhiali tondi gli caddero dalla faccia e scivolarono di lato.

  Anthea gli si inginocchiò accanto, il cuore che le batteva forte. «Non intendevo farlo! Sono desolata, ma lei non mi ha lasciato scelta.»

  Il bibliotecario si lamentò, ma rimase privo di sensi. Anthea gli toccò la testa, poi gli tastò il collo per sentire le pulsazioni. «Penso che si rimetterà.» Guardò il libro con cui lo aveva tramortito, notò l'ironia. Il titolo era La minaccia occulta degli slan.

  Sul tavolo, il bambino aveva girato la testa per poterla vedere. Anthea sentì lo strano legame continuo con lui. Suo figlio sembrava perfettamente consapevole di quel che stava succedendo, e lei percepì un'ondata di sollievo riflesso. Il piccino era sicuro che la madre aveva provveduto a eliminare la minaccia.

  Anthea si detestava per avere aggredito il signor Reynolds. Non era mai stata una persona violenta. Lavorava in una banca! Prima di allora non aveva mai colpito un'altra persona. Ma aveva visto il dottore che cercava di uccidere il suo bambino appena nato, e suo marito era stato ucciso mentre cercava di proteggerli. Quando lei era fuggita, altra gente aveva tentato di ucciderla. La città era stata bombardata, e adesso la Terra stessa era sconvolta da una guerra. Anthea stava lottando non solo per la propria vita, ma anche per quella del loro bambino. Un bambino slan... uno slan nato da due persone a quanto sembrava normali.

  Era stata spinta a fare molte cose straordinarie quel giorno, e temeva che sarebbe stata costretta a farne molte altre ancora.

  Per restare al sicuro, doveva togliere di mezzo il bibliotecario. Trovando la forza necessaria, girò il signor Reynolds sulla schiena, gli prese le mani e cominciò a trascinarlo lungo il corridoio sdrucciolevole. Grazie all'adrenalina, o alla forza fisica scoperta da poco, Anthea spostò l'uomo massiccio senza difficoltà. Coscienziosamente raccolse i suoi occhiali, piegò le stanghette e glieli mise in tasca. Non voleva incomodare il poveretto più del necessario. Tramortirlo era già stato abbastanza brutto.

  L'ufficio del bibliotecario era appena fuori dall'ala degli archivi. Anthea poteva legarlo in quella stanza. Doveva neutralizzarlo prima che riprendes-se i sensi. Non le piaceva affatto lasciare solo il bambino anche se la stanza non era lontano, ma sentiva che il piccolo non era in pericolo per il momento.

  Nell'ufficio del bibliotecario, pile di libri e periodici occupavano la scrivania, il pavimento, la sommità di schedari. Etichette dalle scritte ordinate su schede bibliografiche colorate contrassegnavano ogni pila. Involucri di plastica e scatole di cartone aperte indicavano che il signor Reynolds cata-logava lì gran parte del materiale nuovo che riceveva. Considerato che quella era la biblioteca di una grande città, sembrava che Reynolds non avesse molto personale. Al momento, Anthea era contenta che nel grande edificio non ci fosse nessun altro.

  Su un tavolo speciale c'erano cinque vecchi libri con le orecchie e i dorsi crepati. Le sovraccoperte strappate erano state amorevolmente riparate con nastro adesivo, le costole incollate di nuovo. Anthea immaginò che Reynolds trascorresse ore intere sotto la lampada della scrivania, come un chirurgo che eseguisse un'operazione su quei volumi amati letti e riletti.

  Issò il signor Reynolds sulla sedia dietro la scrivania, poi si guardò intorno in cerca di qualcosa per legarlo. Dato che non scorse nulla che potesse servirle, a parte il rotolo di nastro adesivo sulla scrivania, prese la cravatta a righe del bibliotecario e svelta gli legò i polsi ai braccioli. Poi gli tolse le stringhe dalle scarpe nere e le usò per bloccargli le caviglie. Visto che come legaccio non le pareva tanto sicuro, lo rinforzò con tutto il rotolo di nastro adesivo.

  Quando il bibliotecario gemette, lei si sentì di nuovo addolorata per quanto era stata costretta a fare. Sembrava così ingiusto. Reynolds era stato cortese con lei. Anthea non voleva fargli male. Non aveva mai voluto far male a nessuno... ma i cacciatori di slan le avevano sicuramente fatto cambiare atteggiamento. Con la sua incolumità e quella del bambino a repentaglio, non poteva fidarsi di nessuno. Anthea amava suo figlio ben più di quanto Reynolds avrebbe mai potuto amare i suoi libri. Il bibliotecario sarebbe stato abbastanza al sicuro lì finché qualcun altro non lo avesse liberato.

  Prendendo dalla scrivania un foglio, Anthea scrisse in fretta un biglietto.

  "Mi spiace moltissimo. Non intendevamo farle male. Quel che è successo non è colpa mia, ho dovuto difendere il mio bambino. Spero che un giorno ci perdonerà."

  Frugando nel cassetto della scrivania, trovò un mazzo di chiavi in una busta rossa su cui era scritto a mano: "Archivio". Per il lucchetto che bloccava la serratura a combinazione? Prese le chiavi. Senza bisogno di pensarci, sapeva di dovere aprire la camera blindata e scoprire che informazioni segrete il governo avesse nascosto al pubblico. Perché non volevano che si sapesse la verità riguardo agli slan?

  Tornò di corsa alla massiccia porta della camera blindata e alle solide rotelle combinatrici. Il lucchetto stesso non poteva essere che un lieve deter-rente per chi avesse voluto forzare il portello, ma era comunque un ostacolo in più da superare. Anthea tolse la chiave dalla busta rossa, la inserì, la girò. Quando il lucchetto si aprì con uno scatto, lo levò con una mano e lo mise da parte.

  Le rotelle della serratura a combinazione che chiudeva la camera blindata erano pronte per lei. Anthea richiamò alla mente la serie di numeri che il signor Reynolds aveva ricordato benissimo, i numeri che il bambino aveva captato con le antennine slan. 4-26-19-12.

  Mentre gli occhi luminosi del piccino la osservavano, Anthea girò la prima rotella e sentì gli scatti degli ingranaggi via via che i numeri si sus-seguivano. Si fermò arrivata al 4, girò il secondo disco fino alla cifra richiesta, poi il terzo e infine il quarto. Sentì un ronzio all'interno. Non si trattava di una semplice serratura. Anthea aveva attivato una serie di mec-canismi. Pistoni e sbarre si alzarono e si abbassarono, ritraendosi, scorren-do negli alloggiamenti. Emettendo un sibilo simile a un sospiro stanco la porta della camera blindata si staccò dal telaio.

  Anthea drappeggiò la morbida coperta per appoggiarvi la testolina del bambino mentre lo sollevava dal tavolo. Reggendolo, tornò accanto alla spessa barriera metallica che si apriva cigolando. I cardini e i dispositivi idraulici sembrava
no in buone condizioni e lubrificati.

  Anthea si chiese con che frequenza venisse consultato? quell'archivio.

  Tenendo conto della sicurezza di cui il signor Reynolds aveva parlato e del numero esiguo di ricercatori curiosi che ricevevano il benestare del governo, Anthea dubitava che molte persone avessero letto le informazioni rac-chiuse lì dentro.

  Ma adesso lei intendeva farlo.

  17

  Con la vettura sepolta sotto l'inferno di alberi caduti, Jommy aveva chiuso i sistemi ambientali del mezzo, opacizzato i finestrini, attivato i depura-tori d'aria e i riciclatori. Poi si mise comodo sul sedile e attese.

  Rassicurò i compagni. «Questa può sembrare un'automobile normale, ma in pratica è una corazzata dotata di ruote. La blindatura è in grado di resistere alle temperature che un semplice incendio forestale può produrre.

  I sistemi di aerazione autonomi possono durare un giorno sott'acqua, quindi filtreranno facilmente un po' di fumo. Magari farà un po' caldo qua dentro, ma io preferisco considerarlo un ambiente confortevole e tranquillo.»

  «Hai mai collaudato la macchina in condizioni analoghe a queste?»

  chiese Petty, chiaramente inquieto.

  «Non proprio, ma puoi fidarti dei miei calcoli.»

  Mentre l'incendio bruciava la foresta per le tre ore successive, l'automobile era sepolta in una fornace di tizzoni. Anche se la temperatura interna divenne sgradevolmente calda, i quattro occupanti non furono mai davvero in pericolo. Al calar della notte l'incendio aveva cominciato a spegnersi.

  La barricata di alberi caduti e rami che li aveva seppelliti adesso era poco più di un cumulo di cenere e tronchi carbonizzati. Anche se i due bombardieri nemici avevano sorvolato quell'inferno che si estendeva nella foresta stando in guardia, ormai dovevano essersi allontanati, sicuri di avere distrutto la loro preda.

  Con le ultime tracce dell'incendio che luccicavano ancora sullo sfondo del cielo violaceo, Jommy riavviò i motori, sgombrò il parabrezza e lentamente fece avanzare la macchina attraverso i tizzoni, emergendo con un turbine di scintille simile a una bufera di neve arancione. Mentre uscivano dai boschi devastati, l'automobile fumava coperta di fuliggine e cenere, ma riuscì a raggiungere i campi e a percorrere il tratto di terreno accidentato, tornando infine sulla strada pavimentata.

  Jommy riprese ad andare a tutta velocità, viaggiando verso la loro meta, questa volta protetti da una notte stellata. I potenti fari della macchina proiettavano lame di luce davanti a loro.

  «Lo avevo detto che Jommy poteva riuscirci» disse Kathleen.

  Dal retro della vettura, John Petty cominciò a ridere di sollievo e contentezza.

  Al mattino avevano raggiunto un'area di aperta campagna lontano da Centropolis, superando una serie di colline ed entrando in un'ampia e splendida valle fluviale. Il paesaggio era verdeggiante e tranquillo, con ra-re fattorie e case coloniche sparse qui e là.

  «È un incanto.» Kathleen si strofinò gli occhi stanchi e arrossati, osservando un sole giallo burroso spuntare sopra le colline. Una delle montagne più grandi era deformata e semicrollata, come se una forza immane l'avesse spaccata.

  Quella valle era sempre stata un luogo riparato dove Jommy e una Nonna cambiata con l'ipnosi si erano creati un rifugio. Jommy spiegò ai compagni di avere dedicato quattro anni alla costruzione di laboratori sotterranei, un arsenale, addirittura alla trasformazione dell'interno di una montagna vicina in una fortezza. Ma i senzantenne avevano già colpito usando un veicolo d'assalto gigantesco per fondere parte della sua fortezza monta-na in cerca dei suoi laboratori e impianti sotterranei.

  «Non ricordo di avere sentito parlare di un attacco dei senzantenne» disse Petty guardando Gray. «Com'è stato possibile tenere nascosto un evento del genere, soprattutto alla mia polizia segreta?»

  «I senzantenne controllavano i mezzi d'informazione, e volevano che la cosa rimanesse segreta» rispose il presidente.

  «Mi sono imbattuto per la prima volta in un senzantenne quando ero appena un ragazzo, poco dopo l'assassinio di mia madre.» Jommy guardò apposta dietro di sé, fissando il cacciatore di slan. «Allora ero elettrizzato, dato che stavo cercando altri slan. Sapevo di non poter essere l'unico. In-genuamente, ho creduto che i senzantenne sarebbero stati felici di vedermi.

  Invece hanno tentato di uccidermi.»

  Petty disse: «Dunque, anche il grande Jommy Cross può commettere un errore.»

  Kathleen lo squadrò torva. «Più sono a contatto con te, Petty, più mi chiedo perché ti abbiamo portato con noi.»

  «Avete bisogno di me. Controllo ancora un contingente considerevole di polizia segreta, sempre che riesca a mettermi in contatto con i miei uomini.»

  «Abbiamo bisogno di un sacco di cose, ma ho imparato a farne a meno»

  disse Gray. Petty tacque.

  Jommy proseguì. «Quando i senzantenne mi hanno rintracciato in questa valle, ho collocato delle trappole esplosive nei miei laboratori perché il nemico non potesse impadronirsi della mia tecnologia. Era l'unico modo.

  Ho lasciato tutto dietro di me... tutto e tutti.» Aveva messo al sicuro la Nonna nella loro fattoria blindata, mentre lui fuggiva sulla sua nave atti-randosi i senzantenne alle calcagna.

  Sperava che almeno una parte dei suoi appunti e degli strumenti fossero intatti in quel che rimaneva della vecchia fattoria. Aveva già cominciato a immaginare come avrebbe potuto ricostruire ciò che gli occorreva. Una volta allestita una stazione trasmittente, il presidente Gray avrebbe potuto diffondere dei messaggi, radunare gli umani superstiti, perfino costituire un governo in esilio. E Jommy avrebbe potuto creare l'arsenale necessario per contrattaccare in una guerra aperta.

  Mentre guidava lungo i viottoli di campagna passando davanti ad altre case, agricoltori e allevatori alzavano lo sguardo e salutavano affabili con la mano. Jommy provò un senso di calore dentro di sé ricordando quanto avesse amato quella valle.

  «Sembra davvero un luogo accogliente» disse Kathleen. «Isolato, tranquillo.»

  «Ho favorito un pochino questa situazione. Negli anni in cui ho vissuto qui, ho usato le mie doti mentali e i cristalli ipnotici per guidare con deli-catezza il pensiero dei miei vicini.»

  Petty sembrava indignato. «Dunque hai usato i tuoi poteri mentali per fa-re a quelle persone il lavaggio del cervello.»

  Jommy lo guardò, accigliato. «Al contrario, dopo generazioni di propaganda e menzogne ho usato i miei poteri per decondizionarle, per liberarle dal vero lavaggio del cervello che avevano subito.»

  Arrivarono a una fattoria percorrendo agevolmente un viottolo e risalen-do un vialetto di ghiaia fiancheggiato da aceri. Era una casa piccola, dipin-ta di rosso con decorazioni bianche. Jommy sapeva che muri, tetto e pavi-menti erano di acciaio rinforzato. Le assicelle ornamentali del tetto erano rappezzate. La familiarità del posto fece sorridere Jommy.

  Parcheggiò l'automobile sullo spiazzo ghiaioso davanti al grande garage della casa. I gerani in vaso della veranda erano pieni di fiori rosso corallo.

  I tulipani piantati lungo la facciata erano sbocciati coi loro colori vivaci.

  Un piccolo orto sfoggiava filari di fagioli, granturco, patate, cipolle e caro-te, verdura sufficiente per una persona. Parecchi polli dall'aria selvatica starnazzavano e correvano davanti alla casa, beccando insetti.

  Jommy scese dalla macchina con Kathleen al proprio fianco, e vide com'era graffiata e malconcia la vettura. Considerando quello che aveva passato, sembrava in buone condizioni. Petty e Gray stiracchiarono le gambe, inspirando profondamente l'aria fresca e tersa della valle. Il cacciatore di slan fece scorrere un dito sul cofano, tracciando una riga nello strato di fuliggine. Poi si pulì il dito sporco di nero sulla giacca scura.

  Jommy fece un passo verso la porta della casa, quando qualcuno la spalancò. Una vecchia magra come un chiodo uscì sulla veranda. Aveva la pelle rugosa e coriacea, i capelli grigi raccolti sulla nuca. Indossava un grembiule e un abito da lavoro brunastro. I suoi occhi erano come quelli di un corvo: neri ma luminosi, che guizzavano da un lato all'altro.

  Jommy sorrise, alzando una m
ano. «Nonna!»

  Senza salutare, la vecchia allungò la mano dentro la porta e afferrò un fucile carico. Alzò la canna, guardando torva Jommy, guardando torva tutti quanti, e puntò l'arma contro di lui.

  18

  La nave ultraveloce di Joanna Hillory volò nello spazio interplanetario da Marte alla Terra. Avrebbe coperto la distanza in una frazione del tempo impiegato dalla ingombrante flotta di occupazione. Joanna aveva solo qualche giorno per portare a termine la missione, trovare Jommy e preparare un piano d'emergenza, prima che il grosso delle forze senzantenne raggiungessero il loro obiettivo.

  Mentre le superava sfrecciando nello spazio, Joanna contemplò l'impres-sionante armata di corazzate senzantenne: veicoli giganteschi a forma di ruota alimentati da ciclotroni interni e pieni di armi atomiche. Ogni nave era carica di mezzi d'assalto da terra e del voluminoso equipaggiamento necessario per schiacciare qualsiasi resistenza residua e impiantare una presenza invincibile. Le massicce astronavi trasportavano la maggior parte della popolazione di Cimmerium. Un grande esodo per occupare la Terra conquistata.

  Superando veloce la flotta di occupazione, Joanna trasmise il segnale speciale che provava che lei era in missione per l'Autorità senzantenne. In un susseguirsi frenetico di messaggi, i comandanti delle navi giganti le au-gurarono buona fortuna, facendo dichiarazioni ardite circa i grandi danni che intendevano causare alla civiltà umana. Lei rispose con un saluto bur-bero sentendo un nodo nel petto, poi proseguì il volo.

  Quando giunse in prossimità della Terra, incontrò una zona insidiosa di detriti nei corridoi orbitali. Si era svolta una grande battaglia, lì. Gli umani avevano trovato il modo di allestire una difesa spaziale?

  Vide navi annerite sospese senza vita nello spazio, gli scafi squarciati, le cabine di pilotaggio e i propulsori divelti dalle esplosioni... o per gli acca-niti duelli aerei o per lo scoppio di mine spaziali. Frammenti pericolosi erano costituiti da lastre di scafo alla deriva, globuli di metallo fuso che si erano solidificati nel gelo del vuoto.

 

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