«Che fai, non mi guardi più?» chiede lei con cautela.
«Adesso preferisco di no.» Ho chiuso gli occhi perché non riuscirei a sopportare di leggerle in faccia la fine del nostro momento di complicità.
«Però puoi restare, per favore?»
Il mio cuore perde un battito. Cosa mi ha appena chiesto?
«Se ancora lo vuoi», rispondo incerto.
«Sì, lo voglio. A patto che non cerchi di rubarmi il phon», ridacchia lei.
Sta ridendo! Dopo tutto quello che le ho appena raccontato. È una creatura davvero straordinaria. Non riesco a trattenermi e la guardo di nuovo. Osservo il suo viso punteggiato di lentiggini che mi sorride. Ecco cosa intendevo poco fa, quando ho detto che sorride con tutto il viso. È incredibile, la mia rivelazione non ha cambiato nulla nel suo sguardo. Nei suoi occhi vedo la stessa dolcezza e la stessa felicità di prima. Si avvicina e mi bacia sulle labbra, e io sento un’ondata di sollievo, unito a qualcos’altro di più dolce e penetrante. Gratitudine e desiderio. O qualcosa di molto simile. Ho la mente annebbiata, ma è una nebbia chiara e bellissima.
«Scusami», dico. «Di sicuro ti eri immaginata una serata meno drammatica.»
«Non c’è niente di cui scusarsi», risponde lei, guardandomi dritto negli occhi. «Nessuno si è fatto male, perciò non importa cosa è successo. Mi interessa solo chi sei adesso. E per quello che ho potuto vedere finora, ti trovo molto apprezzabile», aggiunge punzecchiandomi il fianco.
Alla fine ci è riuscita. È riuscita a farmi ridere, nonostante tutto. «‘Molto apprezzabile’ è uno di quei complimenti che si dicono alle madri», replico fingendo di offendermi.
«Non alla mia. Ma di questo possiamo parlare un’altra volta.» Si stringe a me e mi abbraccia. Sento il suo calore sotto la stoffa della maglietta. Mi piacerebbe sentirla ancora più vicina, ma ora come ora non oso. Non credo di meritarmi tutto questo, il sollievo che provo è quasi indescrivibile.
Le persone che frequento abitualmente sanno la mia storia. Né la mia famiglia, né Rhys, Tamsin o Amy mi hanno mai dato l’impressione di giudicarmi per quello che ho fatto. È una parte del mio passato che non ha alcun influsso sulla mia vita sociale presente. Adesso che ci penso, non saprei dire se finora ho evitato consapevolmente di uscire dalla mia comfort zone, per paura di confrontarmi con quello che c’è al di fuori. O forse, invece, il fatto che mi sia aperto per la prima volta proprio con Zelda è soltanto un caso.
«Ehi», sussurra lei, con il viso appoggiato al mio braccio. «Va tutto bene. Non devi sentirti a disagio. Non sono mica un’idiota, so fare due più due. Sei il coinquilino di Rhys, perciò sapevo già che eri nel programma di Amy.» Mi prende una mano e la stringe, poi se la porta alle labbra e la bacia. «Hai un sacco di calli.»
«Colpa delle verdure.»
Osservo il palmo delle mie mani. Grazie al consiglio di Lenny le vesciche sono quasi guarite, ma la pelle è ancora ruvida e gonfia in molti punti. Ci passo sopra il pollice. Questa è la prova che ho lavorato sodo.
Zelda sbadiglia.
«Vuoi dormire?» le chiedo, azzardandomi ad affondare per un attimo il naso nei suoi capelli e a respirare il suo profumo fruttato e vivace.
«In realtà no», risponde, «ma intanto possiamo spegnere la luce, così almeno i miei occhi si riposano, visto che il resto del mio corpo ha deciso di rimanere sveglio.»
Ridacchio. Che idee che le passano per la testa! Ma da dove le prende? Allungo un braccio per arrivare all’interruttore, stando però attento a non perdere il contatto fisico con lei.
A luce spenta, Zelda si volta su un fianco e io mi accoccolo accanto a lei. Ha posato la testa sul mio braccio e io la stringo a me il più possibile. Riesce a sentire come mi batte il cuore? E quanto mi eccita la sua vicinanza? Lo sa quanto sono grato che voglia ancora avermi accanto a lei?
11
Zelda
MI incastro perfettamente contro il corpo di Malik, che abbraccia la linea curva della mia schiena come il pezzo di un puzzle. Dev’essere così che ci si sente quando si è protetti e al sicuro. Tra le sue braccia mi sento invincibile, come se non potesse accadermi nulla di male.
«Ehi?» dico nel buio.
«Mmm?» mormora Malik tra i miei capelli. La vibrazione della sua voce mi sfiora piacevolmente.
«Grazie per avermi raccontato tutto.» So che per lui non dev’essere stato facile rivelare la sua storia a una quasi sconosciuta, è stata una grande prova di fiducia, che devo ancora interiorizzare del tutto. Ma la cosa bella di stare con lui è che posso rimandare a più tardi tutti i pensieri che vanno in questa direzione.
«Grazie di aver voluto che rimanessi», dice, con voce un po’ strozzata. Lo sento deglutire.
«Ehi?» lo chiamo di nuovo, voltandomi per guardarlo dritto negli occhi. Anche se al buio non posso vederlo, solo sentirlo.
«Mmm?»
«È bello stare qui con te.»
Cerco a tentoni il suo viso, le sue labbra, le sue guance. Lo accarezzo e alzo la testa per baciarlo. Nulla di quello che mi ha raccontato è riuscito a placare il mio desiderio e, a essere sincera, ho ancora più voglia di conoscerlo meglio. A quanto pare per lui è lo stesso, perché lo sento sospirare vicino alla mia bocca, e poi attirarmi in un abbraccio. Faccio scivolare le mani sulla sua schiena, sento i muscoli in tensione sul collo, sulle braccia, sulle scapole. Il suo corpo è liscio e caldo, ma il mio tocco gli fa venire la pelle d’oca sulla schiena.
Al buio gli altri sensi si acuiscono: l’intensità del contatto fisico aumenta, sento chiaramente ogni sospiro, ogni gemito, e anche ogni sussulto di desiderio dentro di me.
Malik infila lentamente un dito sotto la mia maglietta. A un certo punto esita, ma io intreccio con più passione la lingua alla sua, l’affondo nella sua bocca, per fargli capire che desidero quel tocco. Lui risponde al mio invito, solleva la maglietta e mi accarezza la schiena con le sue mani calde. L’attrazione è così forte che nessuno di noi due sa come difendersi.
L’unica cosa a cui riesco a pensare è quanto lo desidero. Non mi importa quello che ha fatto in passato, o quello che succederà nel futuro, nella mia testa c’è spazio solo per un pensiero: l’eccitazione di questo momento. Mi stringo ancora di più a Malik, e mi accorgo che per lui è lo stesso. Adesso che a dividerci c’è solo la stoffa dei suoi boxer e delle mie mutandine, la sua erezione è ancora più evidente, reale e notevole. Mi muovo su di lui, che si lascia sfuggire un gemito. So benissimo quale dolce tormento sta provando, ed è davvero impossibile spiegare quanto autocontrollo mi serva per non strappare via gli ultimi pezzi di stoffa che ci restano e placare, con il suo aiuto, il bruciante desiderio che sento dentro di me.
«Tu», ansima lui, «sei davvero…» La sua voce roca mi provoca un brivido lungo la schiena.
«Cosa?» chiedo senza fiato. Non ho intenzione di interrompere questo momento, se non per una frazione di secondo. «Cosa sono?»
«Sei… ooh… wow.» Riesce a malapena a balbettare. Ma anche il mio cervello non saprebbe elaborare niente di più complesso, in questo turbine di passione, sensazioni profonde e contatto fisico che rischia di farmi saltare il cuore fuori dal petto.
Malik si sposta su di me, che rotolo sulla schiena. Adesso mi è proprio sopra. Le sue mani sono dappertutto, sui miei capelli, sulle mie guance. Accarezzano le mie braccia, poi mi sfiorano dolcemente il fianco, indugiano sul mio seno. In un impeto di audacia mi metto a sedere per un istante e mi tolgo la maglietta. Malik non può vedermi, perciò non provo alcuna vergogna. Non che di solito mi vergogni del mio corpo, ma spogliarmi completamente mi fa sempre sentire un po’ indifesa. Ma qui, al buio insieme a lui, mi sento invincibile. Le sue mani grandi seguono i contorni della mia vita, con il pollice mi sfiora il ventre e sale su fino al seno.
«Wow», geme di nuovo, con la sua voce vellutata, che negli ultimi minuti si è abbassata di almeno un’ottava. Si fa più audace e il suo pollice sale di qualche centimetro, ad accarezzare i miei seni morbidi. È molto dolce e cauto. Mentre le sue dita esplorano il mio corpo, io rimango sdraiata, sopraffatta dalla sensazione delle sue mani su di me.
Non riesco quasi a credere a quello che sto per fare, non sono mai stata così intraprendente in vita mia. «Non possiamo fare sesso», dico a labbra serrate, «ma ci sono altre cose che possiamo fare, sai.»
«Zelda», sussurra Malik, premendo di nuovo le labbra sulle mie, accarezzando lentamente la mia lingua con la sua e succhiando con dolcezza il labbro.
Faccio scivolare le mani sotto i boxer, sul suo sedere liscio e sodo, e glieli sfilo lentamente. Poi mi stringo a lui per farlo voltare sulla schiena.
Quando stringo la mano, lui geme: «Zelda», ripete, «non ce la faccio… credo…»
Comincio a muovere ritmicamente la mano su e giù, prima lentamente, poi con più energia. Lui si inarca contro di me, e io mi sento sopraffatta da una sensazione di potere. Ansima il mio nome, geme, rabbrividisce di piacere. Malik ha il fiato corto, allunga una mano sul mio seno e, nel momento in cui lo afferra, si inarca un’ultima volta e viene con un gemito.
«Cazzo», dice con il fiatone. «Scusa, ti ho…?»
«No, non mi hai sporcata», lo tranquillizzo sogghignando e lo bacio con dolcezza, stando però attenta a non avvicinarmi troppo. «Aspetta.»
Rotolo oltre il bordo del letto e cerco la mia borsa, dove ho un pacchetto di fazzoletti.
«Ecco qua», dico quando finalmente li trovo.
«Grazie», risponde Malik, ancora con un lieve tremito nella voce.
Dal rumore capisco che ha tirato fuori un paio di fazzoletti.
«È stato…» Non finisce la frase, lo sento voltarsi verso di me. «Posso…?» chiede esitante, cominciando a far scivolare la mano lungo la mia coscia.
Vorrei rispondergli con un «sì» deciso, ma dalla bocca mi esce solo un sospiro impaziente e bramoso. Malik però capisce.
Mi fa voltare sulla schiena e mi bacia a fondo e a lungo. Il suo desiderio non si è placato, sebbene gli abbia appena regalato una tregua. Con una mano mi accarezza dolcemente i capelli, con l’altra si fa strada verso il basso, scivolando piano lungo le spalle e poi sul seno, che accarezza e stringe dolcemente, dandomi il tormento. Quando arriva a sfiorare l’orlo delle mie mutandine, mi rendo conto di essere già pronta per lui, che esita un istante in quel punto e rende ancora più intenso il nostro bacio. Mi stringo a lui, per segnalargli che non voglio più aspettare. So che non sarà esattamente quello che vorrei, ma mi va bene qualsiasi cosa riesca a placare il desiderio lacerante che sento dentro di me.
Per manifestare ancora più chiaramente a Malik la mia impazienza, mi abbasso le mutandine e le sfilo. Lui sfiora con le dita il mio inguine e io tremo. Poi comincia ad avvicinarsi lentamente. Io ansimo, pregustando il piacere, e quando finalmente, finalmente, lui si insinua dentro di me, mi sfugge un gemito, che Malik soffoca con le sue labbra.
Muove il suo dito avanti e indietro, e contemporaneamente sfiora e massaggia il mio clitoride. Io afferro il lenzuolo e lo stringo. Essere così vicina a Malik è una sensazione incredibile. Il ritmo del mio respiro aumenta, i miei gemiti si fanno più intensi mentre lui va più veloce. Quando sto per giungere all’apice del piacere, mi sento quasi esplodere. Gemo, e dentro di me tutto si contrare, mentre Malik affonda le dita dentro di me, sempre più veloce e in profondità. Un istante dopo, non sono più in grado di trattenermi e lascio esplodere il mio orgasmo in un brivido di sollievo e liberazione.
Malik ritira lentamente le dita, mi accarezza un’ultima volta e poi mi stringe tra le sue braccia. Sto ancora tremando, e lui mi bacia su una tempia. Restiamo sdraiati uno accanto all’altra nell’oscurità, completamente nudi e soddisfatti. Malik ha una nuova erezione, la sento premere contro di me, ma lui afferma: «Ignoralo, il tuo culo bianco è un po’ troppo per lui».
«È il tuo primo culo bianco?» chiedo, colta da un’improvvisa curiosità.
«So che può sembrare difficile da credere, considerando quanto mi hai fatto impazzire», risponde lui, scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e baciandomi sul collo, «ma sì, il tuo è il mio primo culo bianco.»
«E il tuo è il mio primo culo di colore», gli rivelo. «Ho come la sensazione di essermi persa parecchio finora, senza volerlo.» Per un attimo risento i miei genitori che parlano di «quella gente», ma è solo un momento, torno subito da Malik.
«Ehi», dice tappandomi la bocca. «Adesso non ti mettere in testa di voler recuperare. Al mio culo di colore non piace condividere.»
Gli mordo un dito e lui mi lascia libera. «Posso sempre recuperare con te.»
«Lo spero», risponde Malik felice.
Ci coccoliamo ancora un po’ tra i cuscini, Malik sistema bene la coperta, e io, avvolta dalla sensazione calda e potente della nostra vicinanza – e dalla consapevolezza che lui muore ancora di desiderio – chiudo gli occhi, pronta ad accogliere un meritato sonno. Con la speranza che non mi separi da Malik, ma, anzi, mi avvicini ancora di più a lui.
12
Malik
VENGO svegliato dai raggi delicati del sole che filtrano da una fessura tra le tende. Batto le palpebre, ma non apro gli occhi del tutto. Alle mie narici arriva odore di legno e caffè. E anche di qualcos’altro. Mi ci vuole un attimo per riprendermi e capire dove mi trovo. La baita. Giusto. E accanto a me c’è… Zelda. Ieri notte, il gioco, il bacio. Tutto a un tratto sono sveglissimo. Wow. E ora capisco anche cos’era l’altro profumo misterioso. I suoi capelli, sul cuscino a pochi millimetri da me. Il mio respiro si fa più affannoso, provo una strana sensazione allo stomaco, come se stesse danzando senza controllo. Vengo sopraffatto da un’enorme felicità, che cerca un modo per uscire e sfogarsi. Avrei voglia di gridare, o di mettermi a saltare. Qualsiasi cosa, pur di non esplodere.
Il corpo nudo di Zelda è stretto al mio. Sento la sua pelle, il suo calore. La coperta, però, lascia intravedere solo la spalla. Vorrei baciarla lì.
Le tende donano alla luce del sole una sfumatura rossastra, che rende il suo corpo ancora più bello, con la pelle delicata e pallida e i capelli rosa che sembrano quasi lilla.
Mi sfugge un sospiro carico di desiderio, mentre continuo a osservarla, restando immobile per non svegliarla. Serro le labbra per evitare di fare rumore. Per fortuna, a quanto pare Zelda ha il sonno pesante. Il suo respiro rimane regolare.
Le accarezzo con cautela i capelli sparsi sul cuscino. Sono soffici e profumati. Sento di nuovo pulsare tra le mie gambe e per precauzione mi allontano un po’ da lei. Non voglio che sia questa la sua prima percezione di me, al mattino. È strano, nonostante quello che abbiamo condiviso la notte scorsa, adesso che fuori è giorno mi sento timido.
Esco piano piano dalle coperte, cerco di alzarmi il più discretamente possibile. Lei si muove un po’, ma continua a dormire. I miei vestiti sono accanto al letto, infilo i pantaloncini e raccolgo il resto. Lancio un’ultima occhiata a Zelda che dorme; pregustando quel che deve ancora accadere, sgattaiolo fuori e salgo in camera mia.
Sotto la doccia lascio che i miei pensieri si soffermino sulla notte scorsa. È incredibile cos’abbia scatenato in me il contatto con Zelda. Un tripudio di eccitazione, passione e desiderio che non avevo mai provato prima. Scuoto la testa, questa situazione è davvero incomprensibile per me, ma sulle mie labbra si disegna un sorriso, che è un misto di curiosità e gioia.
Abbasso la temperatura dell’acqua. Una doccia fredda è proprio quello che mi ci vuole, anche se non sono sicuro di potermi liberare completamente del desiderio che provo per Zelda. L’acqua è così fredda da farmi sussultare. Il mio corpo si contrae e mi viene la pelle d’oca. Rimango sotto il getto finché posso, ma alla fine cedo, e mi accorgo di stare tremando. Il freddo, però, ha ottenuto l’effetto desiderato: adesso riesco di nuovo a pensare con un po’ di chiarezza.
Mi asciugo, infilo i jeans e una maglietta e scendo di nuovo. Mi fermo davanti alla porta della camera di Zelda. Vorrei darle un bacio, perciò busso con cautela, ma nessuno risponde. Apro leggermente la porta e sbircio dalla fessura per vedere se sta ancora dormendo, ma il letto è vuoto e dal bagno arriva il rumore della doccia. Sono un po’ deluso, sebbene in realtà sia colpa mia. Sono sgattaiolato via come un ladro, perciò non mi meritavo altro. Mi arra
bbio con me stesso, però avevo delle buone ragioni per comportarmi così, e gliele spiegherò. Richiudo la porta e scendo le scale per raggiungere la sala da pranzo.
Il tavolo della colazione è già apparecchiato, i miei amici hanno pensato a tutto. Ci sono cereali, frutta fresca, pane tostato e marmellata. Accanto alla caffettiera, da cui arriva un delizioso profumo, c’è un cartone di succo d’arancia. Tamsin è già seduta, con i piedi posati sulle gambe di Rhys.
«Buongiorno», dice lui sorridendo. Ha l’aria felice, e io sono contento che stia bene, dopo tutto quello che ha passato.
«Buongiorno», rispondo, senza riuscire a reprimere a mia volta un sorriso. Non so se posso raccontare loro quello che è successo stanotte, probabilmente prima dovrei parlarne con Zelda. Però nascondere il mio buonumore è assolutamente impossibile.
«Sembri rinato», commenta Tamsin. «Non ti ha dato fastidio avere una camera così piccola?»
«Cosa? No, però sono contento di poter stare di nuovo dritto in piedi», provo a divagare.
Mi siedo al tavolo e mi verso una tazza di caffè, e proprio in questo momento sento dei passi. Mi volto, ed eccola. La prima cosa che vedo sono le sue gambe, fasciate dai jeans stretti e strappati. A ogni gradino che scende, riesco a scorgere qualche dettaglio in più di lei. Zelda. Le sue dita sul corrimano, la maglietta a strisce bianche e nere, abbastanza corta da lasciare scoperti un paio di centimetri di pelle, il collo, il mento, le guance. Finalmente la vedo tutta, e devo chiudere gli occhi per non farmi sopraffare dalla forza di questa emozione.
«Buongiorno!» esclama entusiasta, guardandoci raggiante. Quando i nostri si occhi si incontrano, ho un sussulto. Lei supera con un saltello gli ultimi gradini. Vorrei proprio sapere se è così allegra grazie a me, oppure se al mattino è sempre piena di energia in questo modo. Scosto la sedia alla mia destra per invitarla a sedersi.
«Questo sì che si chiama ‘servizio completo’», dice. «Ieri la portiera della macchina, oggi la sedia.» Mi sorride e si siede. Non riesco a decifrare il suo sguardo, oltre al buonumore non vedo altro. Aggrotto la fronte. Forse abbiamo bisogno di stare da soli per un po’, per chiarirci. In fondo, cosa mi aspettavo? Che mi si sedesse in grembo e mi infilasse la lingua in bocca? Magari ci speravo, ma non potevo certo pretenderlo.
02 Hold Me. Qui Page 10