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Sussurri Page 37

by Dean Koontz


  In un angolo della stanza c'era un tavolo rotondo per conferenze, attorno al quale erano state sistemate sei co­mode poltrone imbottite. Joshua decise che era il luogo ideale per interrogare i dipendenti della banca.

  Cynthia Willis, la cassiera, era una donna di colore sulla trentina, piuttosto attraente e spigliata. Indossava una gonna blu e una camicetta bianca. Aveva i capelli ben petti­nati e le lunghe unghie laccate di rosso. Si muoveva con grazia e si sedette in modo composto quando Joshua le in­dicò la sedia di fronte a lui.

  Preston rimase in piedi accanto alla scrivania, visibil­mente agitato.

  Joshua aprì la busta che aveva con sé e ne estrasse quin­dici fotografie di persone che abitavano o avevano abitato a St. Helena. Le sparse sul tavolo e disse: "Miss Willis..."

  "Mrs Willis," lo corresse la donna.

  "Mi scusi. Mrs Willis, voglio che osservi bene queste fo­tografie e che poi mi dica chi di questi è Bruno Frye. Ma deve osservarle con la massima attenzione."

  La donna diede un'occhiata alle foto e ne prese due. "Eccolo."

  "Ne è sicura?"

  "Assolutamente," rispose. "Non era molto difficile. Gli altri tredici non gli assomigliano per niente."

  Aveva fatto un ottimo lavoro, molto meglio di quanto si aspettasse. Alcune foto erano sfocate, altre scattate con una luce molto fioca. Joshua aveva scelto appositamente delle brutte foto per rendere più difficile l'identificazione, ma Mrs Willis non aveva avuto la benché minima esitazione. Anche se aveva affermato che le altre tredici persone non assomigliavano minimamente a Frye, Joshua sapeva che non era vero. Aveva scelto alcune persone che potevano ri­cordare Frye, soprattutto in una foto sfocata, ma Cynthia non si era lasciata trarre in inganno; non era neppure caduta nel vecchio tranello di includere due foto estrema­mente diverse della stessa persona.

  Indicando le foto con un dito, Mrs Willis proseguì: "Questo è l'uomo che è venuto in banca giovedì pomerig­gio."

  "Giovedì mattina," spiegò Joshua, "è stato ucciso a Los Angeles."

  "Non ci credo," esclamò la donna con fermezza. "Ci deve essere un errore."

  "Ho visto il suo corpo," proseguì Joshua. "L'abbiamo se­polto a St. Helena domenica scorsa."

  Lei scosse la testa. "Era qualcun altro. Avete seppellito la persona sbagliata."

  "Conosco Bruno Frye da quando aveva cinque anni," continuò Joshua. "Non posso sbagliarmi."

  "E io so chi ho visto," rispose Mrs Willis con tono gen­tile ma risoluto.

  Non si voltò neppure verso Preston. Era troppo orgo­gliosa per lasciarsi intimorire dalla presenza del vicepresi­dente. Sapeva di essere una brava lavoratrice e non aveva paura del capo. Si raddrizzò sulla sedia e proseguì: "Mr Preston ha diritto a esprimere la sua opinione. Ma, dopo­tutto, lui non ha visto quell'uomo. Io sì. Era Mr Frye. Ne­gli ultimi cinque anni è venuto in banca due o tre volte al mese. Ha sempre effettuato versamenti di circa duemila dollari, a volte anche tremila, e sempre in contanti. In con­tanti. Non capita molto spesso. Per questo è facile ricor­darsi di lui. Per non parlare del suo aspetto, con tutti quei muscoli e..."

  "Immagino che non abbia sempre effettuato i versamenti al suo sportello."

  "Non sempre," ammise lei. "Ma molto spesso. E le giuro che è stato lui a effettuare quel prelievo giovedì scorso. Se davvero lo conosce, Mr Rhinehart, saprà anche che non serve vedere in faccia Mr Frye per capire che è lui. Con quella sua strana voce, lo riconoscerei a occhi chiusi."

  "Una voce può essere imitata," suggerì Preston, interve­nendo per la prima volta nella conversazione.

  "Non la sua," osservò Mrs Willis.

  "Lo si potrebbe fare," disse Joshua, "ma non sarebbe fa­cile."

  "E quegli occhi," proseguì Mrs Willis. "Erano strani quasi quanto la voce."

  Colpito da quell'osservazione, Joshua si sporse verso di lei e le chiese: "Che cos'avevano gli occhi?"

  "Erano freddi," rispose. "E non solo perché erano az­zurro grigi. Erano occhi molto freddi e duri. Non riusciva a guardarmi dritto negli occhi. Continuavano a sfuggirmi, come se temesse che potessi leggere i suoi pensieri. Poi, ogni tanto, quando iniziava a fissarmi, avevo come l'im­pressione... be'... che fossero gli occhi di qualcuno non completamente a posto con la testa."

  Il diplomatico banchiere Preston intervenne precipitosa­mente. "Mrs Willis, sono sicuro che Mr Rhinehart preferi­sce che lei si attenga ai fatti oggettivi. Se esprime il suo pa­rere personale, non farà che rendere più difficile e com­plesso il suo lavoro."

  Mrs Willis scosse la testa. "So solo che l'uomo che è ve­nuto qui giovedì scorso aveva gli stessi occhi."

  Joshua rimase leggermente scosso di fronte a quell'osser­vazione: anche lui aveva spesso notato che gli occhi di Bruno rivelavano un'anima tormentata. Gli occhi di Bruno erano perennemente spaventati, e non privi del gelo duro e cattivo che aveva intravisto Cynthia Willis.

  Joshua continuò a interrogarla per circa mezz'ora sui più svariati argomenti: il tizio che aveva prelevato il denaro di Frye, le procedure utilizzate in caso di forti somme in con­tanti e quelle relative al fatidico giovedì, il tipo di docu­mento d'identità presentato dall'impostore, e poi domande sulla sua vita privata, sul marito, sui figli, sulla sua carriera professionale, sulle sue condizioni economiche e su una mi­riade di altre questioni. Si mostrò duro con la donna, quasi arcigno, nel tentativo di scoprire qualche indizio utile. Non aveva intenzione di trascorrere altro tempo nella tenuta di Frye a causa degli ultimi sviluppi e desiderava ardente­mente trovare una rapida soluzione al mistero. Cercò una ragione qualsiasi per poter accusare l'impiegata di compli­cità nell'appropriazione indebita del denaro di Frye, ma non venne a capo di nulla. Al termine dell'interrogatorio, provò addirittura una forte simpatia per quella donna, a cui credeva completamente. Arrivò persino a scusarsi per i suoi modi bruschi e poco gentili ed era questa una cosa che gli risultava sempre molto difficile.

  Mrs Willis ritornò allo sportello della cassa e Ronald Preston fece entrare Jane Symmons. Era l'impiegata che aveva accompagnato il sosia di Frye alla cassetta di sicu­rezza. Era una ragazza di ventisette anni, con i capelli rossi, gli occhi verdi, il naso rincagnato e il tono lamentoso. La vocetta stridula e le risposte stizzose fecero innervosire Joshua, ma più lui diventava scortese, più lei guaiva in tono piagnucoloso. Joshua si rese conto che Jane Symmons non era precisa nelle descrizioni come Cynthia Willis e nem­meno simpatica come la cassiera. Non ebbe motivo di scu­sarsi con lei, ma di una cosa era assolutamente certo: era stata sincera come Mrs Willis, almeno per quanto riguar­dava la faccenda di Frye.

  Quando Jane Symmons uscì dalla stanza Preston chiese: "Allora, che cosa ne pensa?"

  "Credo che nessuna delle due abbia a che fare con la truffa," rispose Joshua.

  Preston era sollevato, ma cercò di non darlo a vedere. "E quello che pensiamo anche noi."

  "Ma l'uomo che si è presentato come Frye deve assomi­gliargli in modo incredibile."

  "Miss Symmons è una ragazza molto in gamba," prose­guì Preston. "Se sostiene che era esattamente come Frye, la somiglianzà deve essere impressionante."

  "Miss Symmons è una stupida senza speranze," bofon­chiò Joshua. "Se fosse l'unica testimone, avremmo perso in partenza."

  Preston spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso.

  "A ogni modo," continuò Joshua, "Mrs Willis è un'osservatrice attenta e maledettamente sveglia. È sicura di sé senza essere arrogante. Se fossi in lei, non mi limiterei a la­sciarla alla cassa."

  Preston si schiarì la voce. "Bene... ehm... e adesso?"

  "Vorrei vedere il contenuto della cassetta di sicurezza."

  "Immagino non abbia la chiave di Mr Frye."

  "No. Non è ancora ritornato dalla tomba per restituir­mela."

  "Pensavo che fosse saltata fuori fra le sue cose dopo che le ho parlato ieri."

  "No. Se quell'impostore ha usato la chiave, suppongo ce l'abbia ancora lui."

  "Innanzitutto, come ha fatto ad averla?" si chiese Pre­ston. "Se è stato Mr Frye a dargliela, allora la faccenda cambia. In questo
caso la posizione della banca è diversa. Se Mr Frye ha tramato con un suo sosia per prelevare i fondi..."

  "Mr Frye non può aver tramato perché era già morto. Ora le spiace farmi vedere che cosa c'è nella cassetta?"

  "Senza le due chiavi, sarà necessario romperla per aprirla."

  "La prego," insistè Joshua.

  Trentacinque minuti più tardi, Joshua e Preston si trova­vano davanti alla porta della camera di sicurezza della banca, mentre un impiegato estraeva dalla parete una cas­setta di metallo. La porse a Ronald Preston che la offrì a Joshua.

  "In condizioni normali," spiegò Preston, "l'accompagne­rei in una delle nostre salette private per permetterle di esaminare il contenuto della cassetta in tutta tranquillità. Tuttavia, poiché c'è la possibilità che lei denunci la scom­parsa di oggetti di valore e che la banca venga citata in giu­dizio, sono costretto a chiederle di aprire la cassetta in mia presenza,"

  "Da un punto di vista legale, non ha alcun diritto di chiedermi una cosa simile," precisò Joshua. "Comunque, non ho intenzione di intentare una causa falsa contro la sua banca e quindi sono disposto a soddisfare la sua curiosità."

  Joshua sollevò il coperchio della cassetta di sicurezza. All'interno c'era solo una busta bianca. Joshua l'afferrò, re­stituì la cassetta vuota a Preston e strappò un angolo della busta. Trovò un unico foglio di carta bianca con un messag­gio dattiloscritto che riportava una firma e una data.

  Era la cosa più strana che Joshua avesse mai letto. Sem­brava scritta da un uomo in preda alla follia.

  Giovedì, 25 settembre

  A chiunque possa interessare:

  Mia madre, Katherine Anne Frye, è morta cinque anni fa, ma continua a ritornare in vita in corpi diversi. Ha ritrovato la strada dall'inferno e sta cercando di cat­turarmi. Attualmente vive a Los Angeles, sotto il nome di Hilary Thomas.

  Questa mattina mi ha pugnalato e sono morto a Los Angeles. Ho intenzione di tornare laggiù per ucciderla prima che uccida di nuovo me, perché se riuscisse a ucci­dermi due volte, io sarei morto per sempre. Non pos­siedo i suoi poteri magici. Non posso ritornare dall'in­ferno. Non se mi uccide due volte.

  Mi sento così vuoto, così incompleto. Mi ha ucciso e non sono più intero.

  Lascio questo messaggio nel caso lei vinca di nuovo. Fino a quando non sarò morto due volte, questa rimarrà la mia piccola guerra privata, mia e di nessun altro. Non posso uscire allo scoperto e chiedere la protezione della polizia. Se lo facessi, tutti scoprirebbero che cosa sono e chi sono. Tutti scoprirebbero che mi sono nascosto per tutta la vita e mi ucciderebbero a sassate. Ma se lei mi trovasse un'altra volta, non mi importerebbe che tutti scoprissero che cosa sono, perché a quel punto sarei già morto due volte. Se mi trovasse un'altra volta, allora chiunque leggerà questa lettera dovrà fare di tutto per bloccarla.

  Bisogna tagliarle la testa e riempirle la bocca con l'a­glio. Bisogna strapparle il cuore e trafiggerlo con un pic­chetto. Bisogna seppellire la testa e il corpo in due cimi­teri diversi. Non è un vampiro. Ma credo che questi si­stemi possano funzionare. Se verrà uccisa in questo modo, resterà morta per sempre.

  Lei ritorna dall'inferno.

  Sotto la lettera, era impressa la firma contraffatta di Bruno Frye. Era ovvio che si trattava di una firma falsa perché Frye era già morto quando erano state scritte quelle righe.

  Joshua sentì un brivido lungo la schiena e si ritrovò a pensare a venerdì: uscendo dall'impresa di pompe funebri di Avril Tannerton, nell'oscurità della notte, aveva avuto la certezza di essere circondato da qualcosa di pericoloso e aveva avvertito una presenza malvagia fra le tenebre.

  "Che cos'è?" domandò Preston.

  Joshua gli allungò il foglio.

  Preston lo lesse e rimase sbalordito. "Che cosa diamine significa?"

  "L'impostore che ha ripulito il conto deve averla messa nella cassetta," rispose Joshua.

  "Perché mai avrebbe fatto una cosa simile?"

  "Forse uno scherzo," suggerì Joshua. "Chiunque sia, evi­dentemente ama le storie dei fantasmi. Sapeva che ci sa­remmo accorti degli ammanchi e ha deciso di divertirsi un po'."

  "Ma è così... strano," mormorò Preston. "Voglio dire, mi sarei aspettato un biglietto ironico, qualcosa che ci servisse da lezione. Ma questo? Non sembra l'opera di un gioche­rellone. Anche se è strano e senza senso, sembra... serio."

  "Se secondo lei non è uno scherzo, allora che cosa ne dice?" chiese Joshua. "Vuole forse farmi credere che Bruno Frye ha scritto questa lettera e l'ha messa nella cassetta di sicurezza dopo essere morto?"

  "Be'... no. Certo che no."

  "E allora?"

  Il banchiere osservò la lettera che stringeva fra le mani. "Credo che questo impostore, questo individuo che assomi­glia tanto a Mr Frye, parla come Mr Frye, ha una patente a nome di Mr Frye e sa che Mr Frye ha un conto presso la First Pacific United, be', credo che quest'uomo non finga semplicemente di essere Mr Frye. È convinto di essere dav­vero Mr Frye." Alzò gli occhi verso Joshua. "Non credo che un comune ladro con la passione per gli scherzi avrebbe scritto una lettera di questo genere. È l'opera di un pazzo."

  Joshua annuì. "Temo che lei abbia ragione. Ma da dove sbuca questo sosia? Chi è? Da quanto tempo se ne va in giro? Bruno era a conoscenza dell'esistenza di quest'uomo? E perché mai questo sosia dovrebbe condividere con Bruno la sua ossessione e il suo terrore nei confronti di Katherine Frye? Com'è possibile che entrambi soffrano dello stesso tipo di allucinazione: la convinzione che quella donna sia tornata dall'inferno? Ci sono almeno mille do­mande senza risposta. Mi sembra di impazzire."

  "Sono d'accordo," ammise Preston. "E non posso pro­prio aiutarla. Ma avrei un suggerimento. Bisognerebbe av­vertire questa Hilary Thomas del grave pericolo che forse sta per correre."

  Dopo il funerale di Frank Howard, condottò con tutti gli onori, Tony e Hilary presero il volo delle 11.55 in partenza da Los Angeles. Fiilary si sforzò di essere frizzante e diver­tente perché si rendeva conto che il funerale aveva de­presso Tony facendogli tornare alla memoria quei terribili istanti della sparatoria di lunedì mattina. Dapprima, Tony rimase sprofondato nel sedile, prestandole scarsa atten­zione. Dopo un po', si rese conto che Hilary voleva sol­tanto rallegrarlo e, probabilmente per non contrariarla, ri­trovò il sorriso e sembrò uscire momentaneamente dallo stato di depressione. Atterrarono all'aeroporto internazio­nale di San Francisco in perfetto orario, ma il volo delle due per Napa era stato rinviato alle tre per motivi tecnici.

  Decisero di mangiare qualcosa al ristorante dell'aero­porto che si affacciava sulle piste di atterraggio. L'unica cosa decente risultò essere il caffè: i panini erano ammuffiti e le patatine gelate.

  Con l'avvicinarsi dell'ora prevista per la partenza, Hilary iniziò ad avere paura. Con il passare dei minuti, si fece sempre più ansiosa.

  Tony notò il cambiamento. "Che cosa c'è che non va?"

  "Non lo so esattamente. Mi sento come... be', forse non stiamo facendo la cosa più giusta. Forse ci stiamo gettando nella tana del leone."

  "Frye è a Los Angeles. Non ha modo di scoprire che stai andando a St. Helena," la rassicurò Tony.

  "Davvero?"

  "Sei sempre convinta che si tratti di qualcosa di sopran­naturale, una storia di fantasmi, demoni e roba simile?"

  "Non escludo niente."

  "Alla fine troveremo una spiegazione logica."

  "A ogni modo, ho una sensazione... una premonizione."

  "Una premonizione di che cosa?"

  "Sento che il peggio deve ancora venire," sussurrò lei.

  Dopo un rapido ma eccellente pranzo nella sala riservata della First Pacific United Bank, Joshua Rhinehart e Ronald Preston si incontrarono con i funzionari federali. I buro­crati erano piuttosto noiosi, poco preparati e naturalmente incapaci, ma Joshua cercò di portare pazienza, rispose alle innumerevoli domande e riempì una miriade di moduli, poiché era suo dovere utilizzare il sistema di assicurazioni federali per recuperare il denaro rubato a Frye.

  Quando i burocrati se ne andarono, arrivò Warren Sackett, un agente d
ell'fbi. Il reato cadeva sotto la giurisdi­zione dell'fbi poiché il denaro era stato rubato da un isti­tuto finanziario riconosciuto a livello federale. Sackett, un uomo alto dai lineamenti cesellati, si sedette al tavolo con Joshua e Preston e riuscì a scoprire il doppio delle informa­zioni in metà tempo rispetto allo scialbo gruppo di burocrati. Comunicò a Joshua che avrebbero proceduto a un ac­curato controllo sul suo passato: Joshua se l'aspettava e non aveva nulla da temere. Sackett ammise che Hilary Thomas poteva essere davvero in pericolo e si impegnò a informare la polizia di Los Angeles degli incredibili avveni­menti sopraggiunti, in modo che il dipartimento e l'ufficio dell'fbi di Los Angeles fossero pronti a proteggerla.

  Nonostante la gentilezza e l'efficienza di Sackett, Joshua capì che l'fbi non sarebbe riuscita a risolvere il caso nel giro di pochi giorni, a meno che l'impostore non si presen­tasse spontaneamente nel loro ufficio e confessasse le sue colpe. Per loro non era certo una faccenda urgente. In un paese infestato da vari gruppi terroristici, dal crimine orga­nizzato e da politici corrotti, era ovvio che l'fbi non avesse intenzione di sprecare tempo ed energie per un semplice furto da diciottomila dollari. Quasi sicuramente, Sackett sa­rebbe stato l'unico agente a occuparsene a tempo pieno. Avrebbe iniziato con estrema calma, controllando il pas­sato di tutte le persone coinvolte, per poi procedere a un'inchiesta dettagliata presso le banche della California settentrionale, per verifìcare eventuali conti segreti inte­stati a Bruno Frye. Per un paio di giorni, Sackett non sa­rebbe andato a St. Helena. E se non avesse scoperto alcuna traccia nel giro di una settimana, si sarebbe occupato del caso solo saltuariamente.

  Quando l'agente terminò con le domande, Joshua si ri­volse a Ronald Preston. "Senta, spero che i diciottomila dollari vengano rimpiazzati rapidamente."

  "Be'..." obiettò Preston, pizzicandosi nervosamente i baffi. "Dovremo attendere l'autorizzazione del fdic."

  Joshua lanciò un'occhiata a Sackett. "Ne deduco che il fdic vorrà assicurarsi che né io né nessun altro beneficiario dei beni di Bruno Frye siamo coinvolti in questo prelievo di diciottomila dollari. È così?"

 

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