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Slan Hunter

Page 18

by Kevin J. Anderson


  Deacon si rialzò con un ghigno malvagio, sollevando bene la mano. Nel pugno chiuso, stringeva le appendici carnose palpitanti. Dalle estremità amputate stillavano delle goccioline di sangue. Le agitò davanti agli occhi vitrei di Jommy.

  Jommy gemette, vedendo solo rosso sfocato. Deacon e la sua banda avrebbero potuto ucciderlo facilmente adesso. Non riusciva a trovare dentro di sé la volontà di resistere.

  «Patetico.» L'energumeno si allontanò, contento di quel che aveva fatto.

  Il resto della marmaglia si fece avanti per finire la vittima. Colmo di atroce sofferenza, Jommy cercò di affrontarli, di lottare un'ultima volta.

  Poi gli sciacalli guardarono il cielo, gridarono e si sparpagliarono in tutte le direzioni. Un'ombra simile a un falco gigantesco si mosse sulle rovine del palazzo, poi delle esplosioni scossero le macerie lì accanto. Jommy socchiuse gli occhi, vide una delle navi senzantenne che volava bassissi-ma. Il pilota fece fuoco su Deacon e la sua banda. Bersagli facili, come sparare a dei pesci in un barile.

  Mentre l'attacco inatteso continuava, Jommy strisciò al riparo incerto di un muro crollato. Il pilota senzantenne avrebbe potuto facilmente scegliere lui come bersaglio, invece sembrava interessato a eliminare gli sciacalli spaventati che arrancavano tra le macerie traballanti del palazzo raso al suolo. Alcuni degli uomini di Deacon usarono le loro armi da fuoco contro la nave, ma la fusoliera era troppo dura per le pallottole.

  Gemendo, non sentendo quasi nulla oltre al dolore e alla sua perdita assoluta, Jommy strisciò e barcollò, cercando di allontanarsi dai vari nemici che lo volevano morto. S'infilò in una fenditura nera, nascondendosi, mentre la nave senzantenne tornava a sorvolare le macerie, cercandolo.

  28

  Alla fattoria della Nonna, adesso che Altus Lorry e l'Autorità senzantenne avevano accettato le condizioni Kathleen attendeva ansiosa l'incontro al vertice. Aveva fatto il possibile per aiutare suo padre ma, finché la nave diplomatica non fosse giunta da Marte, lei e Gray non potevano far altro che aspettare. Se fosse riuscito a far ragionare i capi senzantenne, a convincerli di quello che era accaduto realmente nella loro storia, suo padre avrebbe potuto cementare una pace tra umani, slan e senzantenne. Era la loro migliore occasione.

  Malgrado tutto lo scompiglio e l'incertezza, Kathleen sapeva di poter contare sulla riuscita di Jommy. Se Jommy avesse trovato il disintegratore... e indagato sul nascondiglio slan indicato dalle cartine dei taccuini di Peter Cross...

  Kathleen aveva provato per Jommy un amore assoluto non appena si erano ricongiunti. I loro pensieri, i loro cuori erano collegati attraverso le antenne. Gli slan potevano leggersi nella mente, potevano guardarsi nell'animo l'un l'altro. Kathleen sapeva che Jommy era una brava persona, sapeva di amarlo. Dal momento in cui si erano incontrati in quel primo rifugio slan, anni addietro, sembrava che lei e Jommy vivessero insieme da una vi-ta.

  Poi la pallottola del cacciatore di slan che l'aveva colpita alla testa aveva spezzato tutto, sprofondandola nel silenzio. Molto più tardi, dopo che un miracolo medico slan l'aveva aiutata a ristabilirsi, Kathleen si era meravi-gliata di essere ancora viva, ma si sentiva smarrita senza Jommy. Completamente separata, tagliata fuori. Si rendeva conto che lui doveva crederla morta. A lungo si era sentita così infelice, ma quando si erano ricongiunti nel grande palazzo, tutta la sua sofferenza si era dissolta come fumo in un acquazzone.

  Sentendo la sua mancanza, si affaccendò nella cucina della Nonna, aiutando la vecchia a preparare torte di mele per dare il benvenuto ai rappresentanti che avrebbero partecipato all'importante incontro. «Ascoltami be-ne, ragazza, quando avranno assaggiato la torta di mele della Nonna non penseranno più alla guerra e a uccidersi. Potrei perfino vendergli la ricet-ta... al prezzo giusto.»

  Kathleen era più pratica di politica e studi scientifici che non di cucina, ma si divertì a lavorare insieme alla Nonna spianando la pasta, sbucciando e affettando le mele, mangiando di nascosto qualche boccone quando la vecchia non guardava. E quando pensava che Kathleen non la stesse osservando, anche la Nonna faceva qualche assaggio.

  Quando le torte vennero infornate riempiendo la casa di un delizioso aroma di cannella, Kathleen uscì e andò nella rimessa, dove esaminò attentamente l'aereo a razzo che Jommy aveva costruito. Comprese istintivamente i comandi, il disegno. Il genio di Jommy non finiva mai di stupirla.

  Aspettando a propria volta l'arrivo dell'emissario dei senzantenne, suo padre girellò attorno alla fattoria e la trovò nella rimessa. «Splendida macchina, vero? Se solo riuscissimo a trovare gli slan scomparsi, potremmo avere un'intera razza di persone in grado di costruire armi e navi avanzate come questa. Con simili geni a nostra disposizione, nessun senzantenne oserebbe minacciare la Terra. Gli converrebbe nascondersi nella loro città marziana e non farsi più vedere.»

  «Se ne avesse l'opportunità, Jommy probabilmente potrebbe fare tutte queste cose da solo» disse Kathleen, abbozzando un sorriso.

  Gray colse qualcosa nella sua voce. «Sei preoccupata per lui, vero?»

  «Certo che lo sono. So quant’è pericolosa la città e... e, padre, lo amo.»

  «Non avevo bisogno di antenne slan per capirlo, Kathleen.»

  Lei arrossì. «È evidente, immagino.» Si staccò dall'aereo a razzo argen-teo, notando le pinne rosse e il simbolo personale che Jommy aveva dipin-to sulla fiancata. «Andrò a studiare i taccuini di suo padre. Forse scoprirò qualcosa in quelle pagine.»

  Mentre il presidente si allontanava per pianificare i negoziati e prepararsi nel migliore dei modi per il vertice, Kathleen entrò nelle sale sotterranee illuminate a giorno. Guardò di nuovo i grafici criptati studiando il quartier generale enorme che gli slan avevano usato nelle guerre iniziali.

  Fissò i disegni e gli appunti, sbalordita da tutto il lavoro che un uomo solo aveva svolto mentre cercava di proteggere la moglie e il giovane figlio. Peter Cross aveva sacrificato ogni cosa per loro, poi anche la madre di Jommy era stata uccisa. Quanti altri sacrifici sarebbero stati necessari?

  Avevano già tutti pagato un prezzo altissimo.

  Pensò a Jommy, provò a sentirlo con le antenne. Il loro legame era abbastanza forte da permetterle di individuarlo anche quando era lontano, sebbene non potesse cogliere pensieri precisi. Un senso di inquietudine la percorse come un formicolio. Kathleen esterrefatta capì che quello era qualcosa di più di un semplice contatto tremulo. Quella era un'emozione forte, una urgenza impellente... Jommy trasmetteva il suo panico come il fascio di luce di un faro. O come un urlo!

  Stava cercando di contattarla, o era solo spaventato... o sofferente? Kathleen chiuse gli occhi per concentrarsi, le antenne si mossero per captare qualsiasi pensiero lui potesse inviare. Qualcosa le balenò nella mente.

  Sì. Jommy era in pericolo, lottava. C'erano molti uomini che lo colpivano. Lui reagì, ma arrivarono altri aggressori... ed erano armati. Kathleen percepì il guizzo di un coltello, una lama luccicante che le impresse una immagine chiarissima nella mente.

  Qualcuno toccò le antenne di Jommy, le sollevò dal capo... poi, lacerante come lo squillo di una sirena nelle orecchie, Kathleen sentì una sferzata di dolore, rovente come metallo fuso.

  Incapace di trattenersi, Kathleen urlò. D'un tratto, tutti i pensieri di Jommy, tutta la consapevolezza della sua presenza, svanirono e tacquero.

  L'immagine residua del dolore nella testa di Kathleen pulsava ancora.

  «Jommy!» gridò. «Jommy!»

  Inviò una domanda, ma non ottenne risposta. Nemmeno l'ombra di un pensiero. Solo silenzio.

  Era completamente esclusa. Singhiozzando, uscì di corsa dal laboratorio e salì le scale, chiamando a gran voce suo padre, la Nonna, chiunque volesse andarle incontro. Mentre le lacrime le rigavano il viso e il ricordo del dolore continuava a martellarle nella testa, s'imbatté in Kier Gray.

  Lui l'afferrò. «Che c'è? Kathleen, dimmelo, cos'è successo?»

  «Si tratta di Jommy. Jommy è morto!»

  29

  Sull'orlo a picco del balcone di pietra rossa affacciato sui canyon coperti di vetro di Marte, Jem Lorry era in compagnia
del vecchio genitore. Il capo dell'Autorità senzantenne aveva un sorriso calmo sul volto, come se fosse pago di stare semplicemente accanto al figlio ambizioso prima che partisse per incontrarsi col presidente Gray. Era contento dell'evidente cambiamen-to d'opinione di Jem. A un osservatore esterno, sarebbe potuto sembrare un tenero momento tra padre e figlio.

  Jem avrebbe voluto ucciderlo.

  Nonostante il bisogno urgente di consolidare la loro vittoria sulla Terra, il vecchio non sembrava propenso ad affrettarsi. Altus era calmo, sicuro che tutto si sarebbe risolto esattamente come doveva risolversi. Jem sapeva che le cose si risolvevano solo quando qualcuno dotato di iniziativa e sa-gacia prendeva in mano le redini della storia.

  «Una vista magnifica, vero, figliolo?» disse Altus. «Guarda le rocce bianche, le rupi color ruggine, la polvere rossa. Noi senzantenne siamo qui a Cimmerium da così tanto tempo che penso che il bisogno di vedere il rosso abbia soppiantato il mio desiderio di vegetazione lussureggiante.»

  Jem aveva sempre voluto vedere il rosso. Il rosso sangue.

  Anche se l'ampio canyon marziano era coperto da un tetto trasparente, lo spazio racchiuso era così grande che delle brezze soffiavano lievi dai canyon laterali, mentre correnti d'aria circolavano qua e là provenienti dagli scambiatori, dai filtri, dai macchinari di trasformazione. Sotto di loro, molto più in basso, c'era un alveo fluviale asciutto che risaliva al passato, un nastro accidentato di rocce. Sembrava un'altezza considerevole.

  «Sarei felice di lasciare agli umani questo posto, invece di occuparlo noi.

  Lasciamo che Marte sia la loro nuova Botany Bay. Dato che tu non vuoi che li uccida tutti, mi sembra un'alternativa perfetta. Esiliamo qui i pochi umani superstiti. Così si arrabatteranno lottando con le unghie e con i denti per campare.»

  Il vecchio guardò bonario il figlio. «Via, Jem, quando mai hai dovuto lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere? Hai avuto una vita comoda. Non mi inganni coi tuoi stenti immaginari.»

  «Immaginari? So come sono davvero quegli individui. Primitivi, prevenuti, facilmente condizionabili dalla propaganda. Sono un pericolo per se stessi, meritano la punizione che gli infliggeremo. Non so che altro si aspetti Kier Gray.»

  Altus parve preoccupato. «Sei tenuto a concludere la pace, a negoziare condizioni accettabili.»

  «Negoziare? Padre, loro sono distrutti e battuti. Hanno pochissimo potere contrattuale. Dovremmo riuscire a ottenere quel che vogliamo, per il be-ne dei senzantenne.»

  L'anziano genitore emise un lungo sospiro. «Forse, dopo tutto, non sei la persona più adatta per partecipare a questo vertice, Jem. Ho paura che tu possa affrontare la questione con fini diversi da quelli dell'Autorità.»

  Jem ebbe un attimo di panico. «No, padre, puoi contare su di me. Lo sai che mi sta a cuore il futuro radioso della nostra razza. Farò quel che è meglio per noi tutti.»

  Altus rifletté. «Forse dovremmo aspettare di avere notizie da Joanna Hillory prima di prendere decisioni pesanti. Joanna avrà raggiunto la Terra, ormai. Se ha trovato Cross, allora l'equilibrio strategico è cambiato.»

  Jem cercò di frenare la propria impazienza e la collera. «Se avevi intenzione di uccidere Cross, ci sarei dovuto andare io là. Anzi, posso provve-dere io a eliminarlo dopo avere sistemato la faccenda di Kier Gray e del suo vertice.»

  Altus si grattò la barba, torcendo le labbra. «Più ci penso, più mi convin-co che forse dovrei essere io ad andare a parlare di persona col presidente Gray. Lui ed io possiamo risolvere questa guerra.»

  «La guerra è finita, padre, ancor prima dell'arrivo della nostra flotta di occupazione. Un giorno ti renderai conto di quello che ho realizzato e mi accorderai la ricompensa che merito.»

  Il vecchio gli batté conciliante sulla spalla. «Su, Jem, non crucciarti.

  Certo che sono fiero di te. Sei mio figlio. Ma ora come ora posso svolgere meglio io questo compito. Lo proporrò all'Autorità. Sono desolato, figliolo.»

  Jem sbottò rabbioso. «Se tu avessi trascorso anni in missione là sulla Terra, isolato dal tuo retaggio, vivendo nel loro squallore, la penseresti di-versamente riguardo agli umani. Non puoi sapere cosa significhi stare in mezzo a loro.»

  Il vecchio rimase in silenzio a lungo. Strinse la ringhiera decorativa con le mani forti e si sporse sul precipizio. Come un bambino giocoso, Altus riempì la bocca di saliva e lasciò cadere il getto di sputo osservandolo scendere lento nella bassa gravità, sospinto qui e là dalle correnti d'aria prima di scomparire. Sorridendo, Altus tornò a rivolgersi al figlio impaziente. «A dire il vero, so cosa significhi, Jem. Vedi, quando ero più giovane, anch'io ho prestato servizio sulla Terra. Facevo parte dell'organismo spionistico iniziale che ha contribuito ad allestire e infiltrare il Centro aereo degli umani.»

  Jem barcollò all'indietro. «Sei stato sulla Terra? Impossibile.»

  «Perché è impossibile? Mi ritieni così incapace?»

  «Semplicemente, pensavo che non ti fossi mai staccato da Marte. Che non...» Jem s'interruppe prima di finire la frase. "Che non avresti mai lasciato il tuo comodo scanno nel consiglio per fare qualcosa di concreto nella tua vita."

  «Le mie esperienze non sono state affatto orribili come tu vorresti far apparire le tue.» Altus continuò a contemplare l'aspro dirupo, abbandonan-dosi ai ricordi. Aveva addirittura un sorriso sul volto rugoso. Jem avrebbe voluto colpirlo, cancellare quell'espressione beata, ma rimase zitto per sentire cosa avrebbe detto. «Ho lavorato in mezzo a loro, vissuto in mezzo a loro, parlato con loro. All'inizio è stato difficilissimo fingere di essere un semplice umano e conoscere i loro pregiudizi assurdi nei confronti degli slan. Dovevo ripetere a pappagallo le loro parole perché nessuno sospet-tasse di me.»

  «Naturale che tu le abbia ripetute, padre. Anche noi senzantenne odiamo gli slan.»

  «Gli umani non sanno nemmeno dell'esistenza dei senzantenne. Mi facevano pena per la loro ignoranza. Ma la vita non era poi così male. Abbiamo fatto grandi progressi creando giornali e stazioni radiofoniche, im-possessandoci in silenzio delle loro comunicazioni per poter manipolare le loro paure. Era facile per noi aiutarli perché facevamo tutto molto meglio dei semplici umani. Pensavano che fossimo geni. La parte più difficile era non rivelare quanto fossimo davvero intelligenti.»

  «È quello che ho fatto io» disse Jem. «È così che sono diventato primo consigliere del presidente.»

  «Sì, sì.» Altus non sembrava affatto interessato. «Mi domando se sia possibile che il presidente Gray abbia sempre saputo chi eri e non abbia semplicemente preservato questo tuo segreto. I tuoi schermi mentali sono tra i migliori che abbia mai visto, ma Gray è un uomo in gamba. Può darsi che l'abbia capito.»

  «Non dire assurdità! È stato grazie al mio talento e alla mia abilità che nessuno ha sospettato nulla.»

  «Comunque, tu sei stato con lui sempre... Non hai mai sospettato che Gray fosse uno slan, addirittura un senzantenne indipendente fuori dalle regole? O i suoi schermi mentali erano ancora migliori dei tuoi?»

  Jem si accigliò ma non rispose.

  «A ogni modo ho trovato degli aspetti ammirevoli nella società umana...

  la loro musica, la loro simpatica amicizia, ehm, e alcuni loro cibi da buon-gustai. Non abbiamo niente del genere qui su Marte. Tu ti sei lasciato ac-cecare dall'odio, e questo non è segno di buone doti diplomatiche.» Di nuovo quell'irritante colpetto paternalistico sulla spalla. «Vedi, la Terra è il luogo dove ho conosciuto tua madre. Lei era un'altra addetta che lavorava nelle torri delle comunicazioni. Oh, era bellissima, aveva una risata così melodiosa. Aveva capelli castani e grandi occhi azzurri, un mento delicato.

  Tu le assomigli moltissimo.»

  Jem cercò di comprendere quello che suo padre stava dicendo. «Anche mia madre faceva parte dell'operazione? Era una degli slan senzantenne infiltrati nelle città?»

  «No, no.» Altus ridacchiò. «Lei era una di loro, una umana. Era dolcis-sima. Vorrei che l'avessi conosciuta.»

  Jem si sentì soffocare. «Stai mentendo. È impossibile.»

  «Tua madre è stata la cosa migliore che ho trova
to sulla Terra, buona e premurosa. Suonava uno strumento musicale, uno strumento a corde chiamato chitarra, e la sua voce era come l'oro. A entrambi piaceva ballare. Tre o quattro sere della settimana le passavamo fuori, nei locali notturni e nelle sale da ballo. Abbiamo perfino vinto un premio, una volta. Hmmm, credo di avere ancora quel nastro da qualche parte nel mio alloggio. L'ho portato con me quando ho lasciato la Terra dopo che tua madre è morta.»

  «Non può essere vero!» Jem cercò dentro di sé, come se potesse scoprire all'improvviso un difetto fatale, una debolezza finora insospettata nei suoi geni.

  «Oh, è vero, Jem. Vedi, sei slan solo a metà.»

  «Questo significa che sono mezzo umano!» Jem aveva lo stomaco in subbuglio, stava per vomitare. «Sono mezzo umano!»

  «Non è nulla di cui vergognarsi, ragazzo mio. Quello che sei non dipende da te. Anzi, potremo servircene a nostro vantaggio dopo che sarò andato sulla Terra. Non preoccuparti, ti porterò là a tempo debito. Sembreremmo gli intermediari perfetti nella creazione di un nuovo ordine mondiale. Po-tresti avere parecchio potere temporaneo. Ah, tua madre sarebbe fiera...»

  Infuriato, Jem si girò e colpì il padre in faccia. Il vecchio si ritrasse di scatto, allibito. Sulla guancia sinistra spiccava un grosso segno rosso.

  «Calmati! Non sono disposto a tollerare un comportamento del genere.»

  Jem ringhiò e afferrò il padre per il colletto, urlandogli in faccia con tanta veemenza da sputare. «Hai tradito la nostra razza. Ti sei innamorato di una debole umana. Sei andato a letto con il nemico.»

  «Era tua madre, Jem.»

  «Non lo accetterò mai.» Jem Lorry sentiva una lama d'acciaio dentro di sé. «E tu non sei più mio padre. Sei un traditore. Non ti permetterò mai di andare sulla Terra al mio posto.»

  Con una forza alimentata dall'adrenalina e dalla collera, sollevò il vecchio. Altus sembrava una grossa bambola di pezza nella bassa gravità marziana. Senza soffermarsi a riflettere e seguendo semplicemente l'istinto, Jem scagliò il genitore oltre la ringhiera facendolo precipitare nel suo amato canyon marziano. Il fievole gemito di terrore di Altus Lorry si spense, confondendosi con il soffio della brezza.

 

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