Slan Hunter

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Slan Hunter Page 22

by Kevin J. Anderson


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  Intrappolato nella camera blindata ermeticamente chiusa tra le rovine del palazzo, Jommy si appoggiò alla parete in un'oscurità così fitta che gli sembrava di respirare pece nera ogni volta che inalava. Udiva ancora i rumori smorzati provenienti dall'esterno, oltre alle domande sempre più insi-stenti di Joanna. «Cosa ti è saltato in mente? Come faremo a uscire di qui?»

  «Avresti preferito lasciare che quelli là fuori ci facessero a pezzi?» replicò lui.

  «Avevamo qualche arma, per non parlare della forza fisica superiore.

  Avremmo potuto vendere cara la pelle. Quegli sciacalli sono dei vigliac-chi, in fondo.»

  «Avremmo potuto ucciderne a decine. È meglio così, meno spargimento di sangue.»

  Le loro voci rimbalzavano avanti e indietro nel buio. «Lo sai quanti cadaveri stecchiti ho urtato dopo che tu mi hai spinto qui dentro?»

  «Due.»

  «Due e mezzo. Ho trovato la parte superiore del signor Gambemozze.

  Gli ho tastato le spalle, ho fatto scorrere le mani lungo la schiena e poi...

  fine del corpo. Come uno di quei film d'avventure a episodi... il seguito al-la prossima puntata. »

  «Almeno trovi qualche lato divertente in questa situazione.»

  «Mi divertirei di più se potessi avere un po' di luce e qualche straccio pulito per asciugarmi le mani.»

  Jommy mosse le dita alla cieca, trafficando con il piccolo congegno localizzatore che aveva ancora in mano. Le spie luminose erano come gli occhietti brillanti di un ramarro. «In questo buio queste spie valgono quanto una torcia elettrica.»

  La prima cosa che riuscì a scorgere nel debole chiarore furono le sagome pallide dei cadaveri. Anche Joanna le vide. «Oh, sì... molto meglio così» fu il suo commento sarcastico.

  Rimasero seduti nella camera blindata ascoltando i rumori all'esterno cessare a poco a poco, segno che gli sciacalli avevano desistito. Jommy sapeva che i membri della banda non si sarebbero trattenuti a lungo una volta inteso di non poter penetrare nella camera blindata. Quando ebbe la certezza che si fossero allontanati in cerca di una nuova preda, si servì della pochissima luce emessa dalle spie del localizzatore per rovistare il pavimento. Spinse da parte una delle mensole metalliche, scostò fogli sparsi, fece rotolare via una bottiglia vuota che prima conteneva qualche sostanza chimica.

  «Stai cercando un mazzo di carte?» chiese Joanna. «Sono abbastanza brava a ramino.»

  Mentre continuava a strisciare carponi, Jommy si tagliò un palmo con dei frammenti di vetro. Dovette interrompere la ricerca per togliersi le schegge dalla mano sanguinante e tamponare la ferita con uno straccio che aveva trovato. L'emorragia cessò quasi subito. «Ricordami di usare il tuo kit di pronto soccorso quando usciamo di qui. Chissà che sostanze tossiche la polizia segreta teneva in questo laboratorio?»

  Joanna gemette. «Giusto. Quando usciamo di qui.»

  Finalmente Jommy trovò quello che cercava nell'angolo dove il muro d'acciaio incontrava il pavimento di acciaio. Strinse con le mani un cilindro liscio che il suo palmo conosceva benissimo. «Ah, eccolo qua.» Provò un piacere intenso perché era riuscito a farcela senza affidarsi ai suoi poteri slan.

  «Hai trovato un mazzo di carte?»

  «Meglio. Ho trovato quello che siamo venuti a cercare qui. Sposta gli zaini e mettiti dietro di me. Non voglio che ti trovi sulla linea di tiro.»

  Joanna si portò alle sue spalle avvicinandosi, forse troppo. Gli parlò, sfiorandogli quasi l'orecchio con le labbra. «Adesso capisco cosa intendevi fare fin dall'inizio. È un'arma che provoca colpi di rimbalzo?»

  «No.» Almeno, non credeva. Jommy premette il pulsante di sparo.

  Una luce bianca nebulosa scaturì dall'arma, come un urlo di distruzione.

  Un grosso pezzo di spessa camera blindata sparì semplicemente, trasformandosi in vapore e lasciando uno squarcio. «Ecco, ho fatto un'altra porta per noi.»

  Jommy raccolse lo zaino e attraversò l'apertura, uscendo nella notte senza quasi dover chinare la testa. Fuori, perfino le stelle sembravano nascondersi dietro un velo di nubi, ma dopo l'oscurità assoluta della camera blindata entrambi vedevano benissimo. In lontananza, tra le macerie, Jommy scorse alcuni fuochi. Il falò più grande sembrava trovarsi nel punto dove si era schiantata la nave di Joanna. Senza dubbio gli sciacalli l'avevano sac-cheggiata riducendola a una carcassa spoglia, e adesso la usavano come lo-ro accampamento, ignari delle esalazioni tossiche.

  «Dobbiamo prendere la mia macchina?» chiese Jommy, brandendo il disintegratore.

  Senza sbagliare strada, la condusse al vicolo buio e alla rimessa dirocca-ta dove aveva occultato e mimetizzato la vettura. Tolsero i detriti dall'automobile mentre Joanna osservava la carrozzeria malconcia. «A quanto pa-re hai fatto dei percorsi accidentati.»

  «Non ho avuto il tempo di farla lavare.» Con il pollice, Jommy azionò la serratura speciale che aveva installato e aprì la portiera.

  «Sono felice di andarmene da Centropolis» disse Joanna. «Avevo un vantaggio iniziale considerevole su Jem Lorry. Dovremmo riuscire ad arrivare alla fattoria prima che lui provi a combinare qualcosa.»

  «Non ci conterei. E dovremo sbrigarci a fornire qualche spiegazione riguardo a te... come spia senzantenne, non sarai proprio accolta a braccia aperte dal presidente Gray e John Petty alla fattoria della Nonna.»

  Quando Jommy sedette al posto di guida per controllare che tutto funzionasse, un bip persistente attirò la sua attenzione. Era una parte del pannello dei comandi che usava di rado, e adesso vide che la macchina aveva captato un segnale inatteso. Un segnale di emergenza.

  Mentre Joanna caricava i loro zaini, Jommy regolò gli analizzatori, scru-tando lo schermo e cercando di individuare con esattezza la fonte. Molto tempo addietro, quando stava cercando nascondigli slan, aveva installato delle apparecchiature appositamente progettate per intercettare importanti trasmissioni slan. Messaggi Porgrave in codice fuori della portata di qualsiasi tecnologia umana o senzantenne.

  Joanna si sporse verso di lui, incuriosita da quello che stava facendo.

  Adesso le apparecchiature avevano localizzato una emissione forte.

  Jommy non aveva udito il segnale quando era entrato in città due giorni prima, ma adesso l'impulso era intenso e innegabile. Degli slan nascosti stavano inviando una richiesta di soccorso o un comunicato.

  «È la posizione di una enclave slan. Attiva!» Seguendo il segnale, confrontò il punto identificato con le mappe di guida memorizzate della macchina oltre che con i particolari che ricordava lui stesso. Sorrise quando si rese conto che il segnale proveniva dal medesimo luogo che suo padre aveva segnato sulle mappe tracciate con l'inchiostro simpatico.

  Poi il segnale sorprendente passò attraverso gli apparati analitici di bordo, rivolgendosi a lui e a Joanna, una voce che Jommy ricordava in modo vago dal proprio passato remoto. "Mi chiamo Peter Cross, sono uno scienziato slan. Se state ricevendo questo segnale, siete stati identificati come portatori di caratteristiche slan nel vostro profilo genetico. Abbiamo bisogno di voi. La vostra razza ha bisogno di voi. Per favore, seguite questo segnale. Spero che ci troviate."

  Jommy deglutì, scosso. Sapeva che suo padre era stato ucciso quando lui aveva appena sei anni, ma quella voce chiara, quelle parole incoraggianti...

  «Dobbiamo andare là, prima.»

  «E l'incontro al vertice? Jem Lorry tenderà di sicuro un trabocchetto.»

  Jommy avvertì una sofferenza interiore, pensando a Kathleen... e poi immaginando il grande enclave slan, persone che forse avevano conosciuto suo padre. «Non penso che il presidente Gray o John Petty abbasseranno la guardia, nemmeno per un istante.» E, anche con il disintegratore, si sentiva debole e incapace senza antenne.

  Ma se fosse riuscito a tornare con un intero stuolo di slan nascosti, con altre armi e tecnologie... allora avrebbero potuto combattere davvero. E il nascondiglio slan era proprio lì, mentre la fattoria della Nonna era a quasi un giorno di viaggio, un viaggio pericoloso.

  Si voltò verso Joanna. «Aiutami a montare il disintegratore sul muso della macchina
. Dovremo scavare un passaggio, prendere il percorso diret-to.»

  Dopo avere installato il disintegratore, si assicurarono ai sedili con le cinture. Jommy avviò i motori, rivolse verso il basso il raggio dell'arma, quindi aprì un foro vetroso nel terreno di fronte a sé. Data la posizione del segnale, sarebbero dovuti scendere in profondità.

  Avanzò, scavando una galleria in direzione della base segreta slan.

  36

  Sulla veranda, gli occhi spalancati dallo stupore per il tradimento, Kathleen osservò le sagome dei velivoli letali superare come saette la catena montuosa. Gli apparecchi militari erano dotati di armi pesanti, le loro ali avevano una forte inclinazione, i motori rombavano. Lo stormo sembrava in grado di cancellare dalla faccia del pianeta tutta la valle.

  «Come ho detto, questi negoziati sono finiti.» Jem Lorry sembrava molto compiaciuto, non si scomodava neppure a guardare i velivoli in avvicinamento. Azionò un dispositivo di segnalazione che aveva al polso. «Non posso permettermi di lasciarti vivo, Gray, e diventare l'elemento aggregan-te di qualche fastidioso movimento di resistenza.» Sorrise a Petty. «E il grande cacciatore di slan è inerme come tutti gli altri.»

  Gli apparecchi coprirono la distanza in pochi secondi. La Nonna era già rientrata a precipizio in casa, ma Kathleen non riusciva a staccare gli occhi dalla squadriglia in arrivo. Apparvero dei lanciarazzi, le bocche nere dei cannoni ruotarono verso di loro.

  John Petty parve considerare quanto stava accadendo uno scherzo. «Non è proprio vero, Lorry. Sapevo che avresti cercato di ingannarmi, così ho adottato delle contromisure.» Si schermò gli occhi, poi indicò il cielo.

  «Guarda bene le insegne. Quelli non sono i tuoi apparecchi, dopo tutto.»

  Stando accanto al padre, Kathleen riconobbe il simbolo sinistro del martello scarlatto sulla ragnatela. «Sono incursori della polizia segreta!»

  «Sì, ho usato la radio per contattarli mentre voi dormivate tutti. Ho organizzato questo agguato.» Petty estrasse una pistola di grosso calibro che aveva nascosto sotto la giacca nera. «Lorry, sei spacciato come il resto di questa gente.»

  La faccia di Jem era stravolta dall'incredulità mentre gli incursori di Petty sganciavano una serie di bombe che esplosero attorno alla proprietà della Nonna.

  «Questo era solo come allenamento. Chiamiamola mossa iniziale. » Petty tenne puntata l'arma e indietreggiò verso il centro del cortile, dove uno dei velivoli più piccoli avrebbe potuto trovare un punto d'atterraggio e pren-derlo a bordo. La squadriglia della polizia segreta tornò indietro descrivendo un cerchio, accingendosi a sferrare un attacco massiccio. Petty alzò la mano, facendo un segnale ai piloti.

  Kathleen si girò verso il padre, cercando di trascinarlo dentro la casa.

  «Possiamo andare sottoterra. Jommy ha blindato la casa, rinforzato le gallerie...»

  «Non vi salverete. Nessuno di voi può farcela contro i senzantenne.»

  Lorry cominciò a sogghignare. «Ci siamo.»

  Sopra la catena di colline a ovest apparve un secondo nugolo di velivoli, che si diressero subito verso la squadriglia della polizia segreta. I nuovi apparecchi ronzavano più che rombare. Utilizzavano una diversa tecnologia propulsiva, ma sembravano altrettanto letali.

  Prima di poter prelevare Petty, la squadriglia della polizia segreta cambiò direzione all'ultimo istante per difendersi dai velivoli nemici. I pezzi di grosso calibro spararono proiettili di piombo nell'aria, centrando gli aggressori senzantenne. Uno di questi nuovi apparecchi si avvitò perdendo il controllo, e si schiantò come una meteora al suolo con i serbatoi in fiamme.

  Petty si scansò per sottrarsi all'esplosione: sembrava proprio uno dei polli spaventati della Nonna. Furioso, il cacciatore di slan puntò la pistola contro Jem Lorry e cominciò a sparargli. Lorry fuggì verso l'angolo della casa, tuffandosi tra gli arbusti di rose.

  Volando in formazione serrata, i senzantenne attaccarono gli aeromobili della polizia segreta. Le armi degli invasori erano raggi roventi che sven-trarono la squadriglia di Petty. Altre esplosioni devastarono il terreno. Due velivoli della polizia segreta deflagrarono in una nube di fumo e frammenti metallici.

  Pilotati con grande perizia, gli apparecchi di entrambi gli schieramenti guizzavano come spadaccini impegnati in un duello all'ultimo sangue. Un colpo non andato a segno fece saltare invece un angolo del tetto della Nonna e sbriciolò una grondaia.

  Kathleen afferrò il braccio del padre. «Andiamo! Nella rimessa, prima che venga distrutta. C'è l'aereo a razzo di Jommy!»

  Gray capì subito. «Non c'è momento migliore di adesso per imparare a volare.»

  «Nonna! Vieni con noi!» grido Kathleen, girandosi verso la casa.

  Petty sparò loro due volte mentre correvano in direzione della rimessa, poi finì le pallottole. Maledicendo la pistola gesticolò nell'aria, cercando di ordinare ai suoi uomini di bombardare la casa. Un apparecchio senzantenne cominciò a crivellare il terreno attorno a lui, sollevando zolle erbose. Il capo della polizia segreta scappò a gambe levate verso la staccionata, im-precando nel fragore del combattimento.

  Mentre correva insieme al padre per raggiungere la rimessa, Kathleen vide sbucare dalla casa una Nonna spavalda. La vecchia si fermò sul gra-dino davanti alla porta col fucile in mano, poi scese sul marciapiede, puntò lo schioppo contro gli apparecchi che attaccavano e scaricò entrambe le canne. Sembrava infischiarsene dello schieramento di appartenenza dei suoi bersagli. «Chi vi ha detto che potevate bombardare la proprietà della Nonna?»

  I suoi colpi impallinarono la pancia di un velivolo che volava a bassa quota, del fumo cominciò a turbinare dai motori. La Nonna inserì veloce altre cartucce nello schioppo, mentre i duelli aerei continuavano e le bombe piovevano. Sparò altri due colpi in cielo prima che tutto il cortile esplo-desse intorno a lei. La vecchia irritabile scomparve in un vortice di fiamme e terriccio.

  Gray strattonò il braccio di Kathleen, trascinandola con sé. «Vieni! Non potevamo salvarla.» Poi spinse la porta metallica scorrevole della rimessa.

  L'aereo a razzo lucente di Jommy sembrava un uccello da preda, rifornito di combustibile e pronto a partire. Kathleen salì la scala a pioli ed entrò nell'abitacolo mentre suo padre azionava il motore che apriva il tetto di lamiera ondulata. Quando Gray si issò accanto a lei nell'abitacolo, Kathleen stava già esaminando i comandi.

  I motori si accesero scoppiettando, poi il rombo diventò regolare e la potenza aumentò. I gas di scarico eruppero formando pennacchi conici bianchi che si espandevano ribollendo nella rimessa. Kathleen studiò gli indicatori. «Stiamo scaldando i motori. Ancora cinque secondi.»

  Gray aprì le ganasce d'ormeggio e l'aereo a razzo cominciò a muoversi in avanti, incapace di contenere la propria energia. «Siamo pronti al decol-lo.» Sollevò lo sguardo dai quadranti. «Vorrei avere delle coordinate da darti, Kathleen. Vorrei avere un'idea di un posto sicuro dove potremmo andare.»

  «Io so dove andare.» "Un altro dono di Jommy." Gli ricordò il nascondiglio segreto slan che Peter Cross aveva descritto nei suoi taccuini. Le indicazioni e le coordinate esatte erano impresse in modo indelebile nella sua mente. «Jommy vorrebbe che andassimo là.»

  Premette il pulsante di lancio e l'aerorazzo schizzò come una freccia dalla rimessa. Si allontanarono in un baleno, sorprendendo le squadriglie nemiche dei senzantenne e della polizia segreta. Sotto, il bombardamento della fattoria continuava. Più della metà degli apparecchi adesso erano stati abbattuti ed erano rottami fumanti tra le fiamme che divoravano la fattoria della Nonna. Nemmeno i muri e il tetto blindati potevano resistere a tanto.

  Kathleen non vide nessuno vivo laggiù.

  Prima che qualche apparecchio potesse prenderli di mira, l'aerorazzo sfrecciò nel cielo verso la libertà.

  37

  Anthea stringeva il bambino sul comodo letto, sola ma serena. Rimboc-cò la coperta grigio scuro, poi scivolò a poco a poco nel sonno, sognando il marito.

  Sorrise mentre era assopita. Voleva rimanere con Davis e il suo sorriso contagioso, dimenticare tutte le cose che erano successe. Non riusciva a scacciare da
lla testa l'eco di quegli ultimi spari. Una parte di lei sapeva che il figlioletto si era inserito nei suoi sogni come qualcuno che origliasse, conoscendo così il padre...

  Si svegliò inquieta. Con le luci intense e costanti di quell'ambiente sotterraneo non sapeva se fosse giorno o notte all'esterno. Forse non avrebbe più visto la luce del sole né respirato aria pura.

  Anthea fece la doccia e si vestì, indossando una nuova serie di indumenti puliti che aveva trovato riposti in contenitori appositi. Dopo essere stata in fuga, sporca e stanca finalmente cominciava a sentirsi ristorata, in grado di riflettere sul futuro. Lei e il bambino forse sarebbero dovuti rimanere anni lì dentro, trascorrere il resto dell'esistenza in un nascondiglio sconosciuto. Quel complesso aveva tutte le cose necessarie di cui loro due avrebbero potuto avere bisogno. Però quella non era vita vera. Non poteva rassegnarsi così.

  Trovò una sala di monitoraggio delle comunicazioni piena di visori e altoparlanti sintonizzati su numerosi canali. Anthea ascoltò rapporti d'emergenza, raccogliendo informazioni sull'attacco. Negli ultimi due giorni, pensando solo a salvare il bambino e fuggendo disperata per sottrarsi a cacciatori di slan e sciacalli, non aveva sentito nessuna spiegazione circa la guerra inattesa che aveva travolto la Terra.

  I sensori e i radar della base avevano individuato una flotta d'occupazione enorme in arrivo da Marte. Commentatori spaventati parlavano dell'imminente attacco degli slan, di un complotto insidioso ordito da decenni se non secoli.

  Con tutto quello che aveva appreso nell'archivio della biblioteca Anthea non riusciva a credere che gli slan superstiti scegliessero una simile linea d'azione. Doveva esserci qualcos'altro dietro quel conflitto devastante.

  Quando tornò nella zona notte e vide il bambino contento tra le coperte, sentì uno strano eco di pensiero nella mente, una sicurezza confortante.

  Anche se non conosceva nemmeno il proprio nome, il neonato in qualche modo le assicurò che era lui la chiave. Col tempo perfino un bambino, il bambino giusto, avrebbe potuto risolvere problemi così gravi. Anthea non sapeva cosa pensare, ma sorrise al figlioletto.

 

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