«Okay, ragazzi», ci chiama Rhys dopo trenta secondi. «Mi sa che per noi il gioco finisce qui.»
Ridiamo mentre loro due si alzano e ci augurano la buonanotte con sguardo eloquente.
«Ti va di continuare a giocare?» chiedo a Zelda dopo che se ne sono andati.
«Se va anche a te.»
Prendo un’altra carta e leggo: «Cosa ammiri di più nella persona che hai di fronte?» Mi schiarisco la gola. Adesso che siamo rimasti in due, il gioco si è fatto molto più intimo. Percepisco lo sguardo pieno di aspettative di Zelda, fisso su di me. «Ammiro il tuo modo di essere», inizio, e deglutisco mentre guardo concentrato il piano del tavolo. Con la coda dell’occhio vedo che Zelda è rimasta immobile. «Il tuo entusiasmo e il tuo sincero interesse per le altre persone.»
«Grazie», dice lei sottovoce. Poi, con un po’ più di convinzione: «Se non hai niente in contrario vorrei sedermi vicino a te sul divano, adesso che c’è spazio». Si alza e si siede all’estremità opposta del divano, rivolta verso di me. «Quali caratteristiche estetiche della persona seduta alla tua sinistra trovi più belle? Wow, dritto al punto.» Mi sorride, e nel suo sguardo vedo balenare qualcosa che non riesco a decifrare. «Prima di rispondere vorrei abbassare un po’ la luce, perché so che diventerò tutta rossa.»
Balza in piedi e prende le candele dal tavolo, poi accende la luce della cucina e spegne quella del salotto. Le candele adesso sono la fonte principale di illuminazione, avvolgono la stanza in una luce tenue, calda e tremolante.
«Okay, adesso posso anche arrossire. Secondo me la cosa più bella sono le tue labbra.» Ridacchia e mi guarda.
Sento qualcosa contrarsi dentro di me. Vedo il suo sguardo spostarsi dai miei occhi alle mie labbra. «Anche i tuoi occhi sono belli, così scuri. Ma le labbra vincono, sono così sensuali.» Prende un cuscino e ci nasconde dentro il viso. «Wow, è stato davvero imbarazzante», dice con voce soffocata.
«Grazie mille», riesco a cavarmi di bocca. Non avevo idea che le mie labbra fossero sensuali. Ci passo sopra le dita e sorrido involontariamente. Senza girare la carta dico: «Quali caratteristiche estetiche della persona seduta alla tua destra trovi più belle?»
Zelda riemerge dal cuscino. Sa benissimo che non ho letto la domanda che è scritta sulla carta.
«La cosa più bella per me è il tuo sorriso. So che sembra un cliché, ma quando sorridi lo fai con tutto il viso. Le labbra, le guance, gli occhi, persino il naso.» Senza rendermi pienamente conto di quello che sto facendo, tendo una mano e le accarezzo la guancia con il pollice, nel punto in cui le si forma la fossetta quando sorride. Lei chiude gli occhi per un istante, come per assaporare il mio tocco. Quando li riapre, ci guardiamo per un lungo momento. Sento lo stomaco annodarsi e il cuore battere all’impazzata contro le costole.
Zelda prende un’altra carta. «Cosa hai sempre voluto dire alla persona alla tua sinistra?» legge. Dopo un attimo di esitazione, risponde: «Vorrei ringraziarti perché non ti sei innervosito a stare con me, e perché hai assecondato tutte le mie strambe idee, anche se ci conosciamo appena. So che posso essere una persona difficile. Perciò grazie per non avermi dato l’impressione di esserlo troppo». L’ultima frase la pronuncia quasi sottovoce.
«Stai scherzando?» chiedo. «Io ti trovo fantastica così come sei!»
«Devi dirlo perché è scritto sulla tua carta?» chiede lei con cautela.
«No, ci sono arrivato da solo, pensa un po’. E dico sul serio.»
Anche al buio mi accorgo che è diventata ancora più rossa. Scosta un paio di ciocche sfuggite dalla coda e sussurra: «Tocca a te».
«Secondo te, cosa dovrebbe fare più spesso la persona alla tua destra?» Ci penso su un attimo. «Dovresti ballare di più. Alla festa di Rhys hai ballato un sacco ed è stato bellissimo. Dovresti farlo tutti i giorni.»
La rivedo mentre balla musica di ogni tipo alla luce delle lanterne, sul tetto di un edificio abbandonato. Selvaggia, sfrenata e libera, con i capelli al vento e le braccia tese nell’aria. È stato in quel momento che mi sono accorto per la prima volta di lei.
Quando alzo di nuovo lo sguardo, ha tirato fuori il cellulare e sta cercando qualcosa. Poi lo posa sul tavolo. Ha fatto partire una canzone, Babies, dei Pulp, come leggo sullo schermo. Comincia con chitarre, batteria e un po’ di sintetizzatore. Poi una voce maschile attacca a cantare. Zelda si alza e comincia a ballare. Salta su e giù a tempo, prima su una gamba e poi sull’altra, avanti e indietro. Lentamente, poi sempre più veloce. Balla bene, ma non in modo sensuale, non rotea i fianchi in maniera ostentata, non si passa le mani su tutto il corpo e non agita il sedere. Balla nel vero senso della parola, come non ho mai visto fare a nessuno. Con indosso i leggings gialli e i pantaloncini neri, è se stessa al cento per cento. Questa è Zelda. Quando la canzone rallenta un po’, spalanca le braccia come se volesse volare. Poi il ritmo riprende e lei salta su una gamba, poi sull’altra e ricomincia. Gira su se stessa e si passa una mano tra i capelli, che si sono liberati dalla coda. Mi guarda e sorride. Un sorriso un po’ imbarazzato, ma bellissimo. Non smette di ballare, ma non mi toglie gli occhi di dosso. E anche se adesso sa che la sto guardando, che la sto guardando per davvero, il suo stile di ballo rimane lo stesso. Si muove senza alcuna vanità, senza alcun desiderio di piacere. Balla solo per lei. E io sono il fortunato che può vederla. Alza le braccia, salta e muove la testa avanti e indietro a ritmo di musica, facendo volare i suoi capelli.
La canzone si avvia alla fine e lei rallenta, quando risuona l’ultimo accordo si ferma e fa un inchino. Infine si risiede ansimando, e mi sorride. «Intendevi questo?»
«Esatto, proprio questo», rispondo, e mi accorgo di essere anche io senza fiato come lei.
Poi prende una carta. «Come descriveresti in tre parole la persona che hai alla tua sinistra?» legge, ancora in affanno. Parla a bassa voce, con gli occhi fissi sulla stoffa del divano tra di noi. «Direi che sei bello… beau, una persona fantastica… magnifique, e affascinante… envoûtant.»
«Parli francese?» chiedo sorpreso.
«Lezioni private», risponde lei.
«Dammi l’ultima carta del mazzo di Rhys.» Quando è caduta ho visto cosa c’è scritto sopra.
Zelda me la porge e io leggo: «Cosa ti piacerebbe fare con la persona alla tua destra?» Il mio cuore accelera e provo delle sensazioni stranissime allo stomaco. Una specie di incontro di boxe tra farfalle, che non accenna a smettere. «Mi piacerebbe molto baciarti, Zelda», sussurro.
9
Zelda
PAZZESCO. Assolutamente pazzesco. Ma come siamo arrivati a questo punto? Un attimo fa stavamo sparando cavolate sulle verdure, e adesso l’aria tra di noi è così tesa che ho la sensazione di avere i capelli dritti in testa. Se i miei genitori mi vedessero diventerebbero verdi dalla rabbia. Uno spettacolo sconcertante.
Malik mi fissa con quei bellissimi occhi scuri, il mio cuore batte all’impazzata quando incrocio il suo sguardo. Il suo viso riflette tutta la sua insicurezza. E il suo desiderio. Una richiesta dolce. Sono sopraffatta. Da questo momento, dal senso di vuoto che si è creato nella mia testa. Silenzio assoluto. Sono come rapita, catturata dal fascino del puro sentire. Il mio corpo viene scosso da un fremito, come se qualcosa mi solleticasse dentro. Una sensazione che parte dal petto e si espande sempre di più, fino alla punta dei piedi e delle mani. Lancio una rapida occhiata alla mia mano posata sullo schienale del divano, come se mi aspettassi di vedere questa emozione impalpabile che sto provando.
Sul viso di Malik comincia a disegnarsi un sorriso cauto. Tutto a un tratto capisco, si aspetta una mia reazione. Quanto tempo è passato da quando ha detto che voleva baciarmi? Da quanto siamo seduti qui in silenzio? Lo guardo negli occhi per incoraggiarlo, o almeno spero che sia così. Perché potrebbe anche essere che il mio sguardo risulti stordito e confuso, ovvero rifletta come mi sento dentro.
«Anche a me piacerebbe baciarti», dico a bassa voce, tornando a guardare la mia mano, perché davvero non so dove posare gli occhi.
«Sì?» chiede lui con voce roca e appena un po’ affannata.
«Sì. Sì vuol di
re sì.» Provo il suo stesso desiderio, voglio che accada con tutta me stessa, e mi stupisce un po’, ma decido di non indugiare su questo pensiero. Non adesso. E poi, se anche volessi, non potrei. Non mi interessa se nel suo passato sono accadute cose che potrebbero spaventarmi, né che proveniamo da mondi molto diversi. Non ora. Non qui. Non mentre mi sciolgo davanti al suo sguardo colmo di desiderio.
Lentamente, Malik comincia ad avvicinarsi e anche io scivolo verso di lui. Dentro di me sento diffondersi calore ed eccitazione, che sembrano provenire dal mio ombelico. Sono contenta di essere seduta, altrimenti probabilmente mi sarei accasciata a terra per il tremito che mi scuote.
Quando i nostri volti sono a circa dieci centimetri di distanza, ci fermiamo entrambi e ci guardiamo. Ci guardiamo semplicemente negli occhi, come se non avessimo mai abbastanza l’uno dell’altro. O almeno, questo è ciò che provo io. Ma la dolcezza dello sguardo di Malik mi rivela che per lui è lo stesso. La sua pelle liscia, le sue bellissime labbra, gli occhi scuri che luccicano sotto le ciglia lunghe, incredibilmente lunghe, il mento volitivo, i contorni delle guance. Riesco a percepire il suo respiro sulle mie labbra, adesso siamo vicinissimi. Senza che il mio cervello gliel’abbia ordinato, la mia mano si solleva ad accarezzargli il viso. Gli sfioro una guancia e chiudo gli occhi. Il calore della sua pelle si mescola al fremito della mia mano e diventa inspiegabilmente un tutt’uno. E quando anche lui mi accarezza il viso, non riesco a trattenere un sospiro. Con l’altra mano, invece, mi accarezza delicato la nuca. Le sue mani sono così grandi che sembra possano contenere tutta la mia testa. È una sensazione incredibilmente confortevole.
Muovo il capo in avanti, con gli occhi chiusi. Da un momento all’altro le nostre labbra si incontreranno e io non vedo l’ora. Un’attrazione dolce, un desiderio incommensurabile, e poi eccolo. Le mie labbra si posano sulle sue. Restiamo immobili in questa posizione. Andare oltre sarebbe troppo. Troppo intenso, insopportabile. Lui continua a tenermi la testa tra le mani, mentre io lascio scivolare dolcemente le dita sul suo viso. Il suo labbro superiore tra le mie labbra, il mio labbro inferiore tra le sue. Passo lentamente la mano tra i suoi capelli. C’è qualcosa di familiare in questo inestricabile caos di sentimento, confusione e meraviglioso desiderio. Qualcosa a cui aggrapparsi. Il tocco delle mie dita strappa un gemito a Malik, le sue labbra si schiudono leggermente e fanno esplodere in me dei fuochi d’artificio, così ricambio il gesto. Esploriamo l’uno le labbra dell’altro. È la sensazione più bella che abbia mai provato. Le labbra di Malik sono morbide e calde.
Mi accolgono, e baciandomi cacciano via tutti i pensieri che altrimenti tormenterebbero la mia testa matta.
Presa da un’improvvisa spavalderia, premo il mio corpo contro il suo. Lui si lascia cadere all’indietro, adesso gli sono quasi sopra. Mentre continuiamo a baciarci, le mie mani vagano sulla sua testa, sul suo viso, sulle sue braccia forti. Lui ha una mano tra i miei capelli, e mi stringe a sé con l’altro braccio. Il suo respiro si è fatto affannoso, ma in realtà non so più distinguere tra il mio e il suo. Sento il battito del suo cuore contro il mio petto.
Malik apre di nuovo la bocca e io faccio scivolare la lingua sulle sue labbra. Le sue dita stringono ancora più forte i miei capelli e preme ancora di più il suo corpo contro il me. Un attimo dopo sento che anche la sua lingua comincia a esplorarmi. Con cautela, come per assicurarsi di avere il mio permesso. Per tutta risposta divento ancora più audace. Le nostre lingue si trovano, si toccano, si intrecciano lentamente l’una con l’altra. Prima nella sua bocca, poi nella mia. È come una danza lenta, in cui ci alterniamo nel condurre.
Ho la sensazione che le sue labbra, la sua lingua e le sue mani siano ovunque contemporaneamente, e mi sento bruciare dentro. Un incendio dolce, potente, favoloso, di cui non avrò mai abbastanza. Ho quasi le vertigini per il desiderio e la felicità. Quindi, è così che ci si sente quando non si è più padroni di se stessi. Quando si perde la ragione.
Malik rallenta il nostro bacio per permettermi di riprendere fiato. Mi sfiora il viso con le sue grandi mani, mi stringe e mi solleva il mento di un paio di centimetri.
«Tutto bene?» chiede senza fiato.
Non riesco a rispondere, solo ad annuire. E lui sorride. Sempre di più, finché un meraviglioso sorriso gli illumina tutto il viso. Va tutto benissimo. Anzi, di più. Ogni preoccupazione sui miei due mondi, in uno dei quali sta avvenendo tutto questo, è scomparsa. C’è solo il qui e ora. E Malik.
«Lo avresti mai immaginato?» chiedo, anche se la voce mi viene meno e quello che mi esce di bocca è più che altro un sussurro.
Malik fa una risata ansimante. «La mia immaginazione non sarebbe mai arrivata a tanto», risponde, posando di nuovo le labbra sulle mie. Poi mi stringe con entrambe le braccia e mi attira a sé. È così grande che riesco a stare sdraiata su di lui senza il minimo problema. Sento il suo calore sotto di me, le sue braccia su di me, le sue labbra sulle mie, il suo respiro sul mio volto.
«Non credo di essere mai stato baciato così», dice quando si ferma di nuovo.
«Non credo di aver mai baciato così», rispondo, accostando il viso al suo. Il mio naso sfiora la sua pelle e prendo a baciargli le guance, le tempie, l’angolo della bocca.
Malik mi scosta i capelli dal viso con un dito, poi si volta per guardarmi negli occhi. Da vicinissimo. Non posso fare a meno di ridere. Davvero non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Anche lui comincia a ridacchiare e io gli getto le braccia al collo. I nostri volti sono così vicini che la sua risata si nutre del mio respiro, e viceversa. Ed è una risata liberatoria, sfrenata, stupita. Nessuno di noi due sa bene cosa sia successo, eppure è così bello ed eccitante, che davvero non ricordo quando è stata l’ultima volta che mi sono sentita tanto bene, e protetta.
«Vorrei dire qualcosa. Qualcosa di appropriato per questa situazione. E per te. Ma non so se esistono parole adatte. E se esistono, io non le conosco.» Con la punta delle dita, Malik sfiora la mia guancia, la mascella, il mento. «Probabilmente sono in francese.» Ride di nuovo.
«Incroyable», affermo. «Che vuol dire tagliare le verdure a forma di unicorno che balla su un pianeta ottagonale dove piovono dolci.»
«Mi pare piuttosto complicato», ride Malik.
«Dici? In realtà non servono né verdure, né coltello.»
«Solo te…» dice lui, baciandomi sulla bocca.
«…e te», concludo io, ricambiando il bacio.
Due minuti dopo siamo di nuovo sdraiati uno accanto all’altra, in silenzio. Malik mi accarezza pigramente i capelli con una mano, e il braccio con l’altra. Ho gli occhi chiusi e mi concentro sulla sensazione che scaturisce dal suo tocco, mentre con l’indice traccio i contorni del suo orecchio.
«Vieni a dormire in camera mia, stanotte?» gli chiedo nel silenzio.
«Volentieri, se vuoi.»
«Vediamo. In realtà chiedevo per un’amica», rido.
«Allora forse dovrei prima conoscerla questa tua amica», risponde Malik, dandomi un pizzicotto sul braccio.
«Mi piacerebbe molto se dormissi da me stanotte», ribadisco io, baciandolo sulla bocca.
«Per me va benissimo, anche perché in camera mia riesco a stare dritto in piedi solo se sto al centro.»
«Ah, allora è questo il vero motivo?» Gli restituisco il pizzicotto di poco prima.
«Ehi!» Con un unico movimento fluido, rotola sopra di me, impedendomi quasi di muovermi. «Se vuoi possiamo dormire insieme in camera mia. Il letto in effetti è a misura di nano. Mi sa che staremo un po’ stretti.»
«Perché non hai detto subito che preferivi l’altra stanza?» gli chiedo sorridendo. «Quella a misura di nano è perfetta per me.»
«Volevo che avessi la stanza migliore. E non volevo discriminarti per la tua altezza», risponde con una nota di ironia nella voce. Poi posa le sue labbra sulle mie e mi bacia di nuovo con trasporto. La sensazione che mi scatena è così intensa da togliermi il fiato, al punto che ho timore di svenire. Stando a quel che ho sentito nei pantaloni di Malik, direi che anche a lui il sangue non affluisce più al cervello. Mi riempie di soddisfazione sapere che son
o stata io a provocargli quella reazione, del resto sconvolgermi in questo modo ha delle conseguenze!
«Preferisci sopra?» chiede Malik senza fiato, interrompendo il nostro bacio.
«Uhm, non saprei», rispondo con un ghigno.
«Intendevo un’altra cosa!», si affretta a dire lui. Poi si alza di scatto, come se fosse stato morso da una tarantola, per farmi capire che fa sul serio. «Ho pensato che magari di sopra puoi stare più comoda», sussurra.
«Volentieri, andiamo.» Lo abbraccio per tranquillizzarlo.
«Ho sentito dire che ti piace essere presa in braccio.» Malik ha un lampo negli occhi. «Ti porto io?»
«Sì!» Mi siedo a cavalcioni su di lui, tentando di non badare troppo a quello che sta succedendo tra le sue gambe. Lui mi stringe a sé e si alza. Mi aggrappo al suo collo e stringo le gambe intorno alla sua vita, ma lui mi tiene così saldamente che posso allentare la presa. Malik si china a spegnere le candele continuando a tenermi tra le braccia, come se fossi fatta di piume, o di qualcos’altro di altrettanto leggero. Poi spegne anche la lampada della cucina. Nella penombra, rischiarata solo dalla luce della luna che entra dalle finestre, si avvia lentamente verso le scale. Per un attimo aumenta la pressione sulla mia schiena e mi stringe a sé, e io ricambio l’abbraccio, accosto il viso al suo e porto una mano sulla sua nuca. Per un istante rimaniamo immobili in questa posa così intima, poi lui allenta la presa e comincia a salire le scale con cautela, un gradino dopo l’altro, fino alla mia stanza.
Lì mi adagia sul letto e chiude la porta. Io accendo la lampada sul comodino. Per un attimo, Malik resta fermo sulla soglia. Mi guarda, e gli angoli della sua bocca si incurvano impercettibilmente verso l’alto. Infine si avvicina a passi lenti.
02 Hold Me. Qui Page 8