02 Hold Me. Qui
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Zelda si versa del caffè e del succo d’arancia, poi passa in rassegna il menu della colazione. Per distrarmi, mando giù una sorsata di caffè, abbasso gli occhi sul piatto e cerco di comportarmi normalmente. Quanto vorrei toccarla sotto al tavolo. Ma è giusto? Ieri sera lo sarebbe stato, ma oggi è un altro giorno. E alla luce del sole le cose sono sempre diverse. Quando allunga una mano per prendere i cereali mi sfiora il braccio, e io percepisco chiaramente le scintille scaturite da quel contatto. Ma è solo un momento.
«Ho dormito benissimo», riprende lei. «Anche voi? Avere una baita così sarebbe un ottimo investimento, di certo è impossibile soffrire di insonnia, qui.»
«Anche io ho dormito come un sasso», dice Tamsin.
«Vogliamo fare un’altra passeggiata al lago dopo colazione?» Zelda chiacchiera come se niente fosse, io invece avrei voglia di prenderla e riportarla a letto. Davvero non so come gestire quello che provo. Ma come fa lei? Forse ha riacceso il cervello e ha deciso che non è il caso di mettersi nei casini con un pregiudicato di Poorley che nemmeno conosce?
«Ci avevamo già pensato», risponde Tamsin, imburrando una fetta di pane. «Io e Rhys ci stiamo.»
«Anche io», mi affretto a dire, sebbene preferirei di gran lunga restare da solo con Zelda, mentre Rhys e Tamsin passeggiano intorno al lago. Devo assolutamente capire come stanno le cose.
Quando finiamo di fare colazione, Zelda comincia a sparecchiare. Tamsin deve ancora farsi la doccia e sale a prepararsi.
«Io esco un attimo, devo telefonare ad Amy per chiederle se stasera posso passare.» Rhys si infila le scarpe e si avvia verso la porta.
Zelda è davanti al lavandino, con le mani immerse in una montagna di schiuma. Dopo essermi assicurato che non ci sia più nessuno, mi avvicino a lei e mi schiarisco la voce.
«Riguardo ieri notte», comincio, ma poi mi fermo, perché lei ha alzato la testa e mi fissa con i suoi occhi azzurri.
«Riguardo ieri notte?» ripete con aria curiosa.
«È stato…» Mi mancano le parole per descrivere quanto è stato fantastico.
In quel momento, però, la porta si riapre e Rhys rientra in casa.
«C’era la segreteria», spiega, e io ho quasi voglia di buttarlo di nuovo fuori.
«Ti aiuto ad asciugare i piatti», mi offro con voce roca. Sono deluso, non abbiamo avuto nemmeno il tempo per parlare un po’ da soli.
Mi procuro uno strofinaccio e prendo i piatti dalle mani di Zelda. Con la coda dell’occhio la vedo mordersi un labbro. Ha le guance rosse e gli angoli della bocca lievemente incurvati verso l’alto, come se cercasse di trattenere un sorriso. Che significa?
«È una giornata splendida, fa caldissimo», dice Rhys, accomodandosi su una poltrona. «Speriamo che Tamsin si sbrighi.»
«Mmm», rispondo. Sono troppo impegnato a tenere a bada i rivolgimenti e le contorsioni del mio stomaco.
13
Zelda
È DAVVERO una bellissima giornata, la temperatura ha superato i venti gradi. La brezza leggera agita l’acqua del lago, su cui si riflette il sole. Il canneto sulla riva ondeggia avanti e indietro, e ogni tanto si sente il richiamo di qualche uccello.
Al contrario di ieri, Rhys e Tamsin sembrano intenzionati a camminare con noi. Forse non vogliono darci l’impressione di essere di troppo, o magari si sono stufati di stare da soli, in ogni caso passeggiamo tutti e quattro insieme. In realtà, mi sarebbe piaciuto molto poter parlare con Malik. Vorrei sapere com’è la situazione tra noi. È stata solo una cosa di una notte? Come si fa se è davvero così? Già stamattina è stato strano non trovarlo accanto a me, quando mi sono svegliata. D’altra parte, quello che è successo ieri sera è stato troppo bello per non volerlo rifare.
Visto che non posso parlarne con lui, torno con la mente alla sua confessione di ieri. Rapina a mano armata, l’auto per scappare. Sono cose che non hanno mai fatto parte della mia vita, finché non me ne ha parlato lui. È così brutto? Mi fa paura? Tento di ascoltare me stessa, ma una cosa la so già: non ho timore di Malik.
Sono così immersa nei miei pensieri che non mi accorgo nemmeno di cosa stanno parlando gli altri.
«Tutto okay?» mi chiede tutto a un tratto Tamsin.
Io sussulto e alzo lo sguardo. «Sì, scusa. Ero sovrappensiero.» Una rapida occhiata mi conferma che Malik mi ha sentita.
«Per via dei tuoi genitori?» chiede Tamsin.
«Che succede con i tuoi genitori?» si intromette Malik. Sembra preoccupato.
«Niente. No, è tutto a posto. Sono solo preoccupata per lo stupido saggio che devo scrivere», rispondo cambiando argomento. Tamsin sembra tranquillizzarsi, ma Malik, che probabilmente sa a cosa sto pensando davvero, cerca di nuovo il mio sguardo. Ma non è più come ieri sera, non riesco a decifrare la sua espressione. Non che lui sia cambiato, quando mi guarda mi pare di vedere la stessa dolcezza, lo stesso affetto. Adesso, però, sono incerta. Lo è anche lui? È il caso di esserlo. A questo mondo ci sono di sicuro storie che nascono sotto auspici migliori della nostra, qualsiasi cosa possa accadere tra noi.
Troviamo un punto pianeggiante lungo la riva e ci sediamo. Rhys fa rimbalzare dei sassi sull’acqua, Tamsin chiude gli occhi e rivolge il viso verso il sole. Tra me e Malik c’è almeno un metro di distanza, e io cerco di non guardarlo. Non voglio costringerlo a fare nulla. È meglio che anche lui cominci a pensare alle difficoltà che abbiamo di fronte.
Si schiarisce la voce, come se volesse dire qualcosa, poi però rimane in silenzio. Tutto a un tratto, posa la sua grande mano calda sulla mia e la stringe. È un piccolo gesto che significa molto. A quel punto lo guardo, e lui mi sorride. Ed eccola di nuovo: la stessa attrazione di ieri sera. Riesco a vederla nei suoi occhi. All’improvviso, tutti i dubbi che avevo svaniscono e mi sento invadere da un enorme sollievo. Non è già finita.
Sulla via del ritorno sono più ciarliera e rilassata, anche perché so che presto io e Malik potremo parlare.
È davvero un peccato che il weekend stia per finire. Questo posto, e tutto quello che è successo qui, è così incantevole che mi dispiace davvero tanto doverlo salutare.
«Vogliamo tornare insieme, Zelda?» chiede Tamsin. «Forse è più comodo.»
Oh no, non ci avevo pensato. Davo per scontato che io e Malik avremmo parlato durante il viaggio di ritorno. Lo guardo e lui scuote la testa in maniera eloquente.
«No, grazie», dico. «Vado con Malik.»
Lui sorride e il mio cuore fa un balzo.
«Okay…» risponde Tamsin, con aria un po’ perplessa. «Per me va bene.»
Carichiamo la macchina in silenzio e ringraziamo i nostri amici per il bellissimo weekend. Io sussurro all’orecchio di Tamsin: «Dopo ti chiamo». Partono prima loro sulla mia Mini, che noi seguiamo lungo il vialetto e poi sulla strada di campagna.
«Mi dispiace non essere stato lì quando ti sei svegliata questa mattina», inizia Malik. «Dovevo restare, è stata una cosa stupida.»
Lo guardo. «Non preoccuparti. Se ci hai ripensato lo capisco.»
«Che intendi?»
«Be’, ieri sera è stato fantastico, ma forse hai ragione tu. Probabilmente è troppo complicato.»
«E quando l’ho detto? Forse è troppo complicato per te?» Dalla voce sembra molto agitato.
«Non l’hai detto, ma mi sembrava l’unico motivo plausibile», dico, come per scusarmi.
«Ma sei matta? Lo sai qual è il motivo per cui me ne sono andato? Avevo un’erezione pazzesca ed ero in imbarazzo, quindi sono andato a farmi una doccia. Fredda.»
«Ah», è tutto quello che riesco a dire.
«Non penso che quello che è successo sia complicato. Penso che sia stato bellissimo. Adesso però sono un po’ insicuro, a dire la verità. Se la mia storia fosse troppo per te, lo capirei.»
«No!» esclamo convinta. «Non è affatto troppo!» Non sono ancora sicura che sia vero, ma non mi importa. Il Malik di adesso mi piace così tanto che mi farò andare bene qualsiasi cosa sia accaduta nel suo passato. «Scusami, è che mi sono venuti dei dubbi per via di quello che è successo stamattina.»
«Per colpa mia?»
chiede lui, mentre usciamo dalla foresta e imbocchiamo la strada asfaltata.
«Già. E per colpa della realtà. Sai, ieri c’eravamo soltanto noi e io avevo la sensazione che non potesse succedere niente di brutto. Mai. Come se fossimo sottovuoto.»
Malik ride. «Quindi pensi che se lo aprissimo avremmo inevitabilmente una data di scadenza?»
«Mmm.» Ci penso un momento. «Forse è solo paura. La realtà tende a distruggere tutto.» All’improvviso provo una strana sensazione. Non avevo capito quale fosse veramente il mio problema, tendevo ad associare la mia incertezza al comportamento di Malik e al suo passato. Ma non è l’unica cosa. Lentamente mi sto rendendo conto che tutto questo non è conciliabile con la mia doppia vita.
«Come ti viene in mente un’idea del genere?» chiede Malik.
Non ho intenzione di permettere ai miei pensieri di mettersi tra di noi, quindi rispondo: «Be’, sai, la vita quotidiana…»
Prendo la sua mano nella mia e gliela stringo.
«Zelda», dice lui tranquillo. «Vediamo che succede, okay? Un passo dopo l’altro. Se qualcosa ti disturba o ti opprime, ne parleremo. Io non voglio farti pressioni.»
Lo guardo, ma lui tiene gli occhi fissi sulla strada. Non so cosa rispondere. Tutto quello che ha detto è così generoso, comprensivo e meraviglioso, che ho la sensazione che tra di noi non potranno mai esserci veri problemi. Quando è con me, ogni preoccupazione diventa assolutamente irrilevante, qualcosa che si può allontanare con un calcio, come dei sassolini su un sentiero.
«Se ti va, il prossimo passo potrebbe essere farti cucinare qualcosa questo fine settimana», propone lui dopo un po’.
«Mi piacerebbe. Dessert compreso?»
«Ovviamente», risponde Malik sorridendo. «Hai già piani per sabato sera?»
Sabato sera c’è lo stupido evento di beneficenza cui mia madre mi ha costretta a partecipare. «Maledizione, sì. Ho promesso a mia madre di andare con lei in un posto.»
«Domenica?» chiede lui.
«Domenica è perfetto.»
«Allora abbiamo un appuntamento», conclude. Dopo una breve pausa aggiunge: «Ovviamente, solo se vuoi».
Mi sento avvampare. «Molto volentieri.»
Malik mi prende la mano e se la porta alle labbra. Quando la bacia, la mia pelle sembra prendere fuoco.
«Quanto vorrei baciarti», dice.
Quando imbocchiamo l’autostrada per Pearley, apro un pacchetto di biscotti avanzato dal viaggio di andata.
«Potresti evitare di lanciarmi roba tra le gambe questa volta?» chiede Malik. «Non credo di potercela fare.»
«Credo che riuscirò a trattenermi», dico, ridendo e infilando in bocca un biscotto.
Per un po’ restiamo in silenzio, mentre ci lasciamo definitivamente alle spalle il weekend. La campagna ci sfreccia accanto. Stiamo sempre seguendo Tamsin e Rhys, perciò non abbiamo bisogno di seguire la mappa.
Guardo Malik con la coda dell’occhio. È incredibile pensare a quante cose siano cambiate rispetto al viaggio di andata. Tra noi c’è una nuova complicità, dopo che ci siamo chiariti. Ma c’è anche l’ansia per quello che accadrà. Malik guarda dritto davanti a sé, ma sono sicura che si è accorto che lo sto fissando. Lascio vagare gli occhi sul suo viso e mi torna in mente la sensazione della sua pelle sotto le dita. Vedo gli angoli della sua bocca incurvarsi e, per un istante, lui si volta verso di me.
«Che c’è?» chiede divertito.
«Ti guardavo.»
«Sì, me ne sono accorto. Ma perché?»
«Perché mi rende felice.» So che può sembrare strano, ma è la verità.
Il sorriso di Malik si allarga, cerca a tentoni la mia coscia e ci appoggia la mano.
In macchina regna un’atmosfera pacifica. Non parliamo molto, ce ne stiamo seduti beati uno accanto all’altra, sopraffatti da questo fine settimana e dai sentimenti che proviamo. Malik scoppierebbe a ridere se gli dicessi che in questo momento sono stupita, ma è la parola che descrive meglio di tutte come mi sento. Sono stupita da tutta questa bellezza.
Vorrei quasi poter restare per sempre in questa macchina con lui. È come un bozzolo che ci protegge dal mondo esterno. Qui non può succedere niente di brutto.
Il sole comincia lentamente a calare, i fari dell’auto illuminano l’asfalto che si stende davanti a noi e che ci lasciamo alle spalle, un chilometro dopo l’altro.
«Ti va di riascoltare la canzone che hai ballato?» chiede a un certo punto Malik.
Nella sua vecchia Ford c’è solo un lettore di cassette, perciò faccio partire la canzone dal cellulare.
«Non lo dimenticherò mai. Eri così bella. Così te stessa», dice Malik.
Mi accorgo che sto arrossendo. Mi è costato parecchia fatica rendermi così vulnerabile. Ho corso un rischio, e non ricordo bene cosa mi abbia spinta a farlo. Probabilmente è stato in quel momento che ho percepito, per la prima volta, questo legame profondo tra Malik e me. Sapevo di potermi fidare. Il resto l’ha fatto il mio bizzarro cervello, che mi spinge sempre ad agire in maniera spontanea.
Nell’istante stesso in cui imbocchiamo l’uscita per Pearley vengo scossa da un brivido. Ovviamente, sapevo che non potevamo rimanere per sempre nel nostro bozzolo, ma questo weekend si sta veramente avviando alla fine, così come la possibilità di tenere lontani tutti i problemi. Quanto è compatibile la mia vita con la sua? Come potrei mai essere la ragazza di Malik durante la settimana, e poi sparire sotto una parrucca nel weekend? Come farei a proteggerlo dai miei genitori? E da tutte le persone che si credono meglio di lui, solo perché hanno la pelle più chiara? Mi sale un po’ di nausea e mi passo una mano sul viso. Devo rifletterci. Con l’aiuto di Tamsin. Ho bisogno della sua astuzia e del suo coraggio.
Dopo un po’ Malik svolta nella strada di casa mia. C’è un posto libero proprio davanti al portone.
«È stato un fine settimana fantastico», dice, voltandosi verso di me.
«Sì, è vero», rispondo. «Vorrei chiederti se ti va di salire con me…» comincio.
«…ma devi prima schiarirti le idee, e io domani devo alzarmi prestissimo, quindi forse non è una buona idea…»
«Se lo dici tu, evidentemente non lo è.»
«Io credo che sia l’idea migliore di tutta la storia delle idee», ribatte Malik. «Ma se vuoi, oggi farò io quello ragionevole. A patto che la prossima volta ci pensi tu.»
«Non so se sono la persona giusta per questo ruolo, ma ti prometto che ci proverò.» Sento una fitta dolorosa dentro di me al pensiero che adesso ci saluteremo. Ma è solo per qualche giorno, non ha senso essere tristi. Però è più di questo. Adesso è il momento in cui le cose cominceranno a farsi complicate.
«Mi hai stregato, Zelda», dice Malik dolcemente, prendendomi il viso tra le sue mani grandi. «Sono felice di quello che ci aspetta.»
Sento un gigantesco groppo in gola, che cerco di mandare giù, poi lo guardo negli occhi. Ci sono così tante cose nel suo sguardo: dolcezza, curiosità, speranza, felicità. Gli getto le braccia al collo e lo attiro a me, inspiro il suo profumo e cerco di imprimere nella memoria questa sensazione. Poi ci diamo un bacio. Un bacio lento, nostalgico. Un bacio con cui ci assicuriamo reciprocamente che tutto questo è reale, prezioso.
«Grazie», dico quando ci separiamo. «Grazie per questo bellissimo weekend.»
Malik sorride. «Non c’è di che.»
Scendiamo entrambi dall’auto. Lui prende la mia borsa dal bagagliaio e me la porge. La luce dei lampioni davanti alla mia casa gli illumina il viso, i suoi occhi sembrano ancora più scuri del solito.
«Ci vediamo domenica.» Allunga una mano e mi scosta con dolcezza una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Sono felice che ci sei», dico con voce ferma, tentando di suonare allegra e rilassata.
Malik richiude il bagagliaio e fa un passo indietro. «Bene, ci siamo», sorride.
«Bene.» Mi avvio camminando all’indietro verso il portone, senza distogliere gli occhi da lui.
«È stato bello, Zelda.» Apre la portiera.
«Per me è stato come una festa, Malik», rispondo, infilando l
a chiave nella serratura del portone.
«A domenica», mi saluta lui, e sale in macchina.
Quando accende il motore io sussurro: «A domenica». Poi, con un gesto forse un po’ troppo teatrale per i miei gusti, mi porto una mano al petto. Ma solo perché sento qualcosa che mi fa un po’ male, là dentro.
14
Malik
NON è particolarmente tardi, ma sono già a letto, domani devo di nuovo alzarmi all’alba. Sono sfinito e pensavo di addormentarmi subito, invece eccomi qui, nel buio a fissare il soffitto della mia camera. Dal telo bianco che ho appeso come tenda provvisoria alla finestra mezza rotta filtrano le luci della notte, che mi fanno pensare a Zelda. E il suo ricordo non tiene sveglia soltanto la mia testa, ma tutto il mio corpo.
Una parte di me sperava che Rhys tornasse a casa, questa notte: mi piacerebbe raccontargli tutto, per renderlo più reale. Il fatto che queste sensazioni appartengano solo a me mi dà come l’impressione che sia tutto soltanto un meraviglioso sogno. Mi serve una conferma, e parlarne a voce alta aiuterebbe. Se continuo a tenermi dentro tutto quanto, prima o poi esploderò.
Prendo il cellulare dal comodino bianco accanto al letto.
Stai già dormendo? scrivo a Jasmine.
Magari, risponde subito lei. Ebony ha la tosse, perciò mi sono trasferita sul divano per stare un po’ in pace.
L’immagine di Jasmine furibonda in salotto mi fa ridacchiare. Allo stesso tempo, però, mi preoccupo per Ebony. Capita spesso che stia male, niente di grave, ma il suo sistema immunitario evidentemente non è forte come quello degli altri.
Devo raccontarti una cosa, scrivo.
Un segreto? chiede lei.
No, non è un segreto, ma tu sei la prima a cui lo racconto.