02 Hold Me. Qui

Home > Other > 02 Hold Me. Qui > Page 21
02 Hold Me. Qui Page 21

by Kathinka Engel


  «Bene, ascolta», dice con la mano già sulla maniglia della porta. «Tra due settimane dobbiamo occuparci del catering per una festa privata e nessuno ha molta voglia di questo lavoro extra. Se posso contare su di te, diciamo come tuttofare…»

  «Sono il suo uomo», rispondo subito. «Può fidarsi di me.»

  Clément brontola qualcos’altro di incomprensibile ed entra.

  Ho avuto il lavoro? Sono confuso. Vorrei quasi chiederglielo di nuovo, ma poi rifletto che è meglio evitare di tirare troppo la corda.

  «Buongiorno», dico, e comincio a pulire un paio di radici, in attesa che Alec mi affidi il primo incarico della giornata.

  «Pain noir», risuona la voce di Clément, sopra il caos della gente che sta prendendo posto per accingersi a preparare il pranzo. «Che ci fai lì?»

  Alzo lo sguardo e vedo che mi sta facendo cenno di avvicinarmi. Quando incrocio lo sguardo interrogativo di Lenny, aggrotto la fronte e alzo le spalle.

  «Hai fatto qualcosa?» mi chiede a bassa voce.

  «Speriamo di no», rispondo. Poi mi asciugo le mani con uno strofinaccio e attraverso tutta la cucina, con gli occhi della squadra puntati addosso, per raggiungere Clément.

  «Nei prossimi giorni lavorerai con Paco.» Con un cenno della mano destra mi indica una postazione vicina.

  Paco è il cosiddetto gardemanger. Non credo abbia più di trent’anni, ma non so quasi nulla di lui, a parte il fatto che è il responsabile delle preparazioni di pesce e di carne.

  «Malik, giusto?» chiede quando raggiungo la sua postazione, dove lavorano anche altri due aiutanti, intenti a tirare fuori il pesce.

  Sono sorpreso che conosca il mio nome, e annuisco.

  «Stammi bene a sentire, Malik. Quando prendo qualcuno con me gli do mezz’ora per ambientarsi, fare domande e osservare. Ti spiegherò quali sono i nostri compiti e cosa ci toccherà fare nei prossimi giorni, a patto che tu non stia tra i piedi.»

  Annuisco di nuovo, questa volta con più convinzione. Sono entusiasta, è esattamente ciò che avevo in mente. Imparare, capire, fare.

  Paco mi spiega che lui è responsabile del pesce, della carne, dei frutti di mare, ma anche delle preparazioni fredde: paté, terrine, e tutte le altre componenti del buffet.

  «Stasera c’è in menu una terrina di funghi selvatici che dobbiamo ancora preparare. Dopo il turno butterò giù una lista delle pietanze fredde e del finger food per un evento. Se ti va di restare, puoi fermarti a vedere.»

  «Molto volentieri», dico, al colmo dell’eccitazione.

  Dopo circa mezz’ora ricevo il mio primo incarico: devo sgusciare i gamberoni e rimuovere il filo intestinale.

  «Non è un compito esaltante», spiega Paco, «ma devi perfezionare la manualità prima che possa affidarti delle vere responsabilità. Se qualcuno di noi si mette a fare qualcosa che devi imparare, o che io ritengo interessante per te da vedere, interrompi e vieni a guardare. Tutto chiaro?»

  «Chiarissimo», rispondo, mentre osservo Paco che taglia con le forbici il carapace di un gamberone, prima sopra e poi sotto.

  «Questo filo scuro che vedi è l’intestino. Devi toglierlo, perché ha un sapore amarognolo. Poi puoi togliere il carapace, ma sta’ attento a tenere le code, che sul piatto fanno la loro figura.»

  Mi porge le forbici e io ripeto le operazioni che mi ha appena mostrato.

  «Perfetto», dice, quando finisco di pulire il mio primo gamberone.

  Non riesco quasi a credere di aver ricevuto un complimento per questo, e mi lancio con entusiasmo nel lavoro.

  Quando arrivo a casa, sono ancora al colmo dell’eccitazione. Ho imparato più cose oggi che in tutti gli altri giorni che ho passato al Fairmont. Paco è fantastico, spiega tantissimo, ma senza perdere tempo, è rapido e concentrato e pianifica sempre tutto in anticipo, in modo che il nostro lavoro sia coordinato alla perfezione.

  Sono così motivato che decido di cucinare per me e per Rhys. Niente di speciale, non ne avrei la forza, solo un risotto ai frutti di mare. Paco me ne ha regalato qualcuno che altrimenti sarebbe finito nella spazzatura. Tutta questa voglia di fare ovviamente non ha nulla a che vedere con la ricerca di una distrazione dal pensiero di Zelda, o almeno questo è ciò che ripeto a me stesso. Ma so benissimo che cucinare mi ha già salvato una volta.

  Stare in cucina a chiacchierare con Rhys del più e del meno mi dà un senso di normalità. Gli racconto entusiasta della mia giornata, Rhys invece è irritato da Liz e Ollie, le sue due colleghe del bar.

  «Non pensavo che fosse così difficile fare il piano dei turni», dice. «Quando Malcolm mi ha chiesto se potevo occuparmene io, non credevo di dover tenere conto di così tante cose.»

  «Però è una cosa buona che Malcolm ti abbia dato più responsabilità, no? Vuol dire che si fida di te.»

  «Sì, certo. Però questa cosa dei turni assomiglia a una complicata partita di Tetris», ride Rhys. Poi ammutolisce e vedo una ruga di preoccupazione spuntargli tra le sopracciglia. «E poi c’è anche l’udienza. Tra un mese decideranno se mia sorella può restare da Amy a tempo indeterminato.»

  Quasi mi va di traverso il risotto. «Solo un mese?» chiedo.

  «Hanno fatto presto», dice Rhys, «ma è meglio così, meglio porre fine all’incertezza. E Amy si è trovata un buon avvocato; è abbastanza ottimista, o almeno così sembra. Soprattutto perché il padre di Jeannie non si è ancora fatto vivo.»

  «Mi pare che le cose siano messe bene quindi», commento.

  «Al momento stanno elaborando una strategia, ancora non ho capito se dovrò parlare anche io.»

  «E lo faresti?»

  «Certo. Farei qualsiasi cosa per tenere quella carogna lontano da mia sorella. Il dubbio è che le dichiarazioni di un pregiudicato possano avere un effetto negativo.» Rhys alza le spalle. «Vedremo.»

  Dopo mangiato restiamo seduti insieme ancora un po’. La compagnia di Rhys mi fa bene, e credo che piaccia anche a lui poter essere completamente sincero con me. Abbiamo vissuto esperienze simili e non ci vergogniamo del nostro passato, perciò poterci esprimere liberamente è un dono per entrambi.

  29

  Zelda

  QUATTRO settimane. Quattro lunghe e penosissime settimane in cui Malik mi è mancato così tanto da consumarmi. Quattro settimane in cui i miei pensieri non si sono fermati un momento, hanno continuato a sfrecciare avanti e indietro nella mia testa. Non vedo l’ora di ritrovare quella tranquillità che ho soltanto quando sono insieme a lui. Non riesco a credere a quanto tempo abbiamo perso, ma per amore di Malik farei questo e altro. Ora lo so, e finalmente anche lui mi crederà. Devo solo superare questo weekend, e poi mi farò viva con lui. E cosa sono due giorni in confronto a tutti quelli che verranno dopo?

  In realtà, questo non è un weekend qualunque, è il mio compleanno, che io detesto con tutto il cuore. Almeno Pearley è una zona franca, perché non ho detto a nessuno che è oggi.

  Devo solo lasciarmi alle spalle questa maledetta ricorrenza e poi dedicarmi a elaborare un piano insieme a Malik. Chiederò aiuto anche a Tamsin, alla mia professoressa preferita, Miranda, e se proprio devo anche ad Amy. Sono tutte donne forti, che vanno avanti per la loro strada senza dipendere dagli altri. Posso imparare a farlo anche io, lo so. Devo solo lasciar passare questo weekend senza destare sospetti nei miei genitori. Se mi comporto da brava bambolina quest’ultima volta, loro partiranno sereni per l’Europa e io avrò un mese intero per affrontare il caos della mia vita e mettere ordine, con Malik al mio fianco.

  Però non riesco a essere del tutto ottimista, perché so che ci sono un sacco di cose che possono andare male. Ma ci proverò. Ci proverò sul serio. L’ho capito questa mattina, quando la radiosveglia mi ha strappata al sonno con le note di At last di Etta James. I violini struggenti, il pianoforte dolce in sottofondo e la voce di Etta così forte e determinata mi hanno riscossa dal torpore e hanno risvegliato in me la convinzione di essermi guadagnata la fine dei miei giorni solitari. La mia vita può diventare una canzone e anche per me il cielo può tornare azzurro (come il mio smalto, che oggi dovrò togliere e sostituire con qualcosa di più classico).
Devo solo fare la cosa giusta e contare su un pizzico di fortuna.

  Questa volta mia madre non mi ha mandato un vestito, ma un autista, che non è Miloš perché sua moglie è in travaglio. Si chiama Axel e, ovviamente, mi fa gli auguri per il mio compleanno. Non può sapere che nella mia memoria ci sono solo ricordi negativi legati a questo giorno: per esempio quella volta che il mio festeggiamento è diventato una riunione di lavoro, non credo di essermi mai sentita più fuori luogo di così. In ogni caso, lo ringrazio per gli auguri, e lui avvia il motore.

  Durante il viaggio fino a Paloma Bay provo a chiacchierare con Axel, ma rinuncio subito. Lui risponde a monosillabi e bada solo a fare il suo lavoro, che in questo caso consiste nell’accompagnare una ragazza ricca a destinazione.

  «Sua madre l’aspetta dall’estetista», mi spiega brevemente poco prima di arrivare, e il suono della sua voce quasi mi spaventa, perché ero completamente immersa nei miei pensieri.

  Sospiro. Ovviamente alla grande festa di stasera devo apparire esattamente come vuole lei. In sé non è una sorpresa, ma certo non mi riempie di gioia il fatto che ormai non si preoccupi nemmeno più di trovare delle scuse. Poi, però, penso che i miei andranno presto in vacanza e mi rilasso un po’.

  Axel parcheggia davanti al salone di bellezza più caro della città. Mia madre qui è una cliente fissa e oggi mi costringerà a sottopormi ai suoi trattamenti abituali. Non vedo l’ora.

  «Signorina Redstone-Laurie», cinguetta una giovane collaboratrice con le unghie lunghe e le sopracciglia perfette. «Siamo contente di accoglierla al beauty club Diamond Lounge.» Il suo sorriso è così ampio che ho quasi paura che le si apra in due la faccia. «Mi chiamo Elena e farò in modo che al suo soggiorno qui da noi non manchi nulla.»

  «Ehm, grazie, Elena», rispondo, sentendomi parecchio a disagio. Devi resistere solo oggi, mi ripeto per contrastare l’istinto di fuggire.

  «Prego, venga. Sua madre sta già parlando con Luna e Christian. Ha davvero un ottimo gusto.»

  Non mi sfugge il fatto che, mentre pronuncia queste parole, Elena mi squadri dall’altro in basso, e anche se cerca di non farlo notare, mi accorgo che sta trattenendo un sorriso. Sapendo quello che mi aspettava, mi sono buttata addosso le prime cose che mi sono capitate sottomano: jeans, una felpa sformata, e ai piedi le Converse.

  Seguo Elena nella sala sul retro, dove trovo mia madre seduta su un divano sfarzoso insieme a un uomo e a una donna. Stanno sfogliando dei cataloghi mentre sorseggiano champagne. Una parete della stanza è completamente rivestita di specchi, di fronte ai quali ci sono delle poltrone nere di design dove Luna e Christian daranno prova delle loro abilità. Il parquet di legno scuro riflette la luce dei lampadari moderni appesi al soffitto, che con la loro sobrietà estrema portano al paradosso l’idea del minimalismo di lusso. Del resto questa è la Diamond Lounge.

  «Zelda», mi chiama mia madre, e subito mi abbraccia. «Tanti auguri di buon compleanno, tesoro.»

  Elena mi versa un bicchiere di champagne e Christian e Luna attaccano a cantare. Per me è una specie di incubo.

  «Sono felice di raccogliere questa sfida», dice Christian sfregandosi le mani. «Abbiamo riflettuto a lungo su cosa potrebbe andare bene per la grande festa di stasera, ma ovviamente si tratta del tuo compleanno.» Sì, come no. Christian si volta verso mia madre. «Rosa, le va di far vedere a sua figlia le nostre opzioni preferite?»

  Mia madre sorride, prende uno dei cataloghi e mi mostra i modelli che ha scelto. Per me è perfettamente uguale. Nessuna delle pettinature a mia disposizione prevede di farmi mantenere il mio colore di capelli. Guardo con scarsa partecipazione il volto spigoloso della modella in foto. Ha i capelli biondi e un trucco abbastanza appariscente, ma nei limiti.

  «Che ne pensi?» chiede mia madre, che a quanto pare oggi ha deciso di giocare a mamma e figlia.

  «Okay», rispondo, tanto è inutile discutere. Mi siedo su una delle poltrone con il mio bicchiere di champagne.

  «E allora cominciamo a prepararti per il tuo compleanno!» esclama Christian, mettendosi al lavoro.

  Mi lava i capelli e accorcia un po’ le punte, poi passa ad applicare il colore. Nel frattempo, Elena ci gira intorno chiedendo alternativamente a me o a mia madre se abbiamo bisogno di qualcosa. Mia madre sta scegliendo per se stessa una pettinatura alta insieme a Luna, mentre lancia sguardi estatici al lavoro che Christian sta facendo sui miei capelli.

  Lui torna a rivolgersi a lei mentre la tinta fa effetto, ed Elena comincia a darsi da fare con le mie unghie.

  «Abbiamo deciso per una french manicure, signorina Redstone-Laurie.» Evidentemente non si sente ancora abbastanza sicura di sé per apostrofare con il nome proprio i membri dell’alta società di Paloma Bay. «Le va bene?»

  Annuisco annoiata e lei si mette subito al lavoro. Toglie lo smalto vecchio, mi taglia le unghie, le lima e spinge indietro le pellicine. Considero le unghie, come i capelli, un’espressione della mia personalità, perciò sarei in grado di compiere perfettamente le stesse operazioni che sta facendo Elena. So mettermi lo smalto anche dormendo, usando indifferentemente la mano destra e la sinistra.

  Quando la pettinatura di mia madre incontra finalmente la sua approvazione, Luna comincia a truccarla. È incredibile osservare come il make-up la ringiovanisca di minuto in minuto.

  Christian, intanto, ha ripreso a occuparsi dei miei capelli. Io quasi non oso guardarmi allo specchio e chiudo gli occhi per precauzione. Christian usa phon, mousse, lacca, e Dio solo sa che altro, per dare alla mia chioma la forma che mia madre desidera.

  A un certo punto, Luna gli dà il cambio e comincia ad armeggiare con il mio viso. «Quando avrò finito faticherai a riconoscerti, sembrerai una top model», dice, sinceramente convinta che quello sia il desiderio di tutte le donne.

  «Evviva», rispondo, sforzandomi di non suonare troppo sarcastica.

  Dopo ore di lavoro, Christian, Luna ed Elena fanno un passo indietro per ammirarmi, e mia madre è al colmo dell’eccitazione.

  «Guardami, Zelda», dice, e spalanca gli occhi quando le concedo di darmi un’occhiata. «Oh, Zelda!» Quasi le trema la voce, e si porta una mano al cuore. «Sei… meravigliosa!»

  Non riesco a evitare di alzare gli occhi al cielo, ma solo dopo essermi voltata. È giunto il momento anche per me di guardarmi allo specchio. I tre artisti, che senza dubbio hanno accolto i complimenti di mia madre con più entusiasmo di me, si fanno da parte in modo che possa ammirarmi per bene.

  La persona che mi guarda dallo specchio non ha più nulla a che vedere con chi sono veramente. Se non fossero i miei occhi quelli che vedo riflessi, forse davvero non mi riconoscerei nemmeno io. I capelli biondo chiaro sono stati acconciati in piccole onde grazie a phon e lacca, e a un fermaglio con le perle appuntato di lato. Il mio viso è perfettamente regolare, le guance e le labbra sono rosse, gli occhi impreziositi da un ombretto delicato e da ciglia finte.

  «Che te ne pare?» mi chiede Luna con sguardo raggiante. È molto più felice lei del risultato del suo lavoro.

  «Sembro proprio diversa», mormoro, perché davvero non riesco a fingere entusiasmo nel vedermi così estranea a me stessa.

  «Vero?» dice mia madre. «È incredibile cosa si può ottenere con un po’ di impegno.»

  Stringo le mani a pugno e tento con tutte le mie forze di ricacciare indietro la rabbia. Solo quest’ultimo weekend. Anzi, in realtà devo resistere solo oggi, dopodiché troverò una soluzione. Solo un altro paio d’ore.

  Axel ci riaccompagna a casa, dove mi aspetta una sorpresa, come mi ha annunciato mia madre con uno scintillio negli occhi. Sembra sotto l’effetto di qualche droga, non l’ho mai vista così euforica, soprattutto nei miei confronti. Non la smette più di chiacchierare, mi comunica che Zachary purtroppo non è riuscito a prendere un aereo dalla East Coast, ma Elijah e Sebastian ci saranno; poi descrive le favolose decorazioni e mi dice che papà è nel suo studio, ma a breve uscirà per venire a farmi gli auguri. Io la lascio parlare, i miei pensieri tanto sono da tutt’altra parte.

  Da questo punto di vista è un vantaggio che già anni fa abbia deciso di metter
e una pietra sopra alla questione compleanni, perché se mi fossi permessa anche solo per un secondo di sperare nel festeggiamento che desideravo, sarei di sicuro rimasta delusa. La sorpresa di mia madre si rivela il vestito per la serata, che è tutto l’opposto di quello che piace a me. Nella mia vecchia cameretta trovo un elegante abito da sera argentato, chiuso su un fianco da una spilla tempestata di strass e con uno spacco che credo sia vietato ai minori. L’abito luccica e scintilla e sembra davvero scomodo. Devo solo sperare che non ci siano gazze ladre nei paraggi, o potrebbero attaccarmi in massa. Mia madre batte le mani, non so se abbia veramente interpretato il mio sguardo terrorizzato come una reazione a una sorpresa riuscita, o se finga che io sia contenta solo per mettersi a posto la coscienza.

  Mi svesto con cautela, per non rovinare la pettinatura, e lascio che mia madre mi imprigioni in questa mostruosità color argento. A completare il mio look da incubo ci sono ovviamente dei sandali con un tacco vertiginosamente alto. Ho la sensazione che ogni passo riveli parti del mio corpo che preferirei non esibire in pubblico. E la scollatura profonda fa il resto. Ovviamente, anche questa volta il mio seno viene tirato su, e portato alla giusta grandezza. Detesto con tutta me stessa l’immagine che vedo nello specchio a figura intera appeso all’anta del mio vecchio armadio, ma raddrizzo schiena e spalle e cerco di fare respiri profondi. Devo stare al gioco. Devo tranquillizzare i miei genitori. Del resto, mi basta dare un’occhiata allo specchio per convincermi che non sono io che sto facendo tutto questo, ma una bionda che ha tutte le carte in regola per stare in questo mondo di ricchezza e perfezione. Tento di immedesimarmi in lei, una ragazza sicura di sé, vanitosa, consapevole dell’effetto eccitante che ha sugli uomini. Una ragazza che sorride sempre e non ride mai troppo forte. Nelle prossime ore sarò lei.

  «Vogliamo scendere di sotto?» dice mia madre.

  Che la recita abbia inizio.

  Il personale è tutto riunito nell’atrio, mentre io e mia madre affrontiamo la discesa delle scale. Perché è una vera e propria impresa. Ogni volta che muovo la gamba sinistra mi rendo conto che sto praticamente mostrando le mutande a tutti.

 

‹ Prev