Quando arriviamo in fondo alle scale, Agnes si fa avanti. «Signorina Zelda, a nome di tutti noi vorrei porgerle i nostri più sentiti auguri, anche da parte del team del Fairmont Hotel, che oggi ci aiuterà con il catering.»
Agnes mi stringe la mano e tutti gli altri applaudono. Ci saranno almeno venti persone a prendersi cura degli ospiti.
«Grazie mille», dico rivolta prima ad Agnes e poi a tutto il gruppo. «E grazie soprattutto per il vostro lavoro di questa sera.» Passo in rassegna volti noti e sconosciuti, riconosco Aleda, la cuoca dei miei genitori, Rory, il portiere, Axel, il sostituto di Miloš, e Brandon, che aiuta sempre mia madre a organizzare grandi festeggiamenti. Ci sono anche un paio di persone del Fairmont che ho già visto da qualche parte. Mi sorridono tutti, anche quelli che vedo oggi per la prima volta. Un ragazzo con le guance rosse e paffute che non deve avere più di diciassette anni, un gruppetto di giovani cameriere e…
Sento il cuore fermarsi, improvvisamente ho caldo e freddo insieme. Mi sento sopraffare da un’ondata di tenerezza e allo stesso tempo vengo presa dal panico. Malik! È in ultima fila, ma torreggia su tutti gli altri. Faccio fatica a respirare. Lo desidero tantissimo, ma è irraggiungibile. Devo restare calma, nessuno deve accorgersi di nulla, nessuno deve sapere che lo conosco. E lui… lui non dovrebbe vedermi così. Non con questo look. Non sono io. Vorrei potermi strappare di dosso questo abito che quasi mi soffoca. Lui mi guarda con gli occhi spalancati e io vorrei davvero sapere cosa gli passa per la testa in questo momento. È felice di vedermi? È disgustato da questa situazione? Non potrei certo fargliene una colpa. Che brutto scherzo del destino rivederci dopo un mese proprio qui, dove non possiamo stare insieme.
Tutti gli altri sorridono cordiali, Malik è l’unico che è rimasto impassibile. Vorrei andare da lui, prenderlo per mano, ma non posso dare nell’occhio. Sarebbe la fine di tutti i miei piani. Il tonfo sordo del mio cuore mi fa tremare. Bum, bum, bum, rimbomba, mentre mi sento invadere da una sgradevole sensazione di calore. Continuo a fissare Malik, il suo volto bellissimo. I miei occhi indugiano sulle sue labbra e, per una frazione di secondo, mi sembra di intravedere l’ombra di un sorriso. Ma la sua bocca rimane immobile.
Faccio un passo indietro e mi appoggio alla ringhiera delle scale. Stare in equilibrio sui tacchi è un’arte che non ho mai imparato a padroneggiare. Mia madre si schiarisce la gola e ordina al personale di andare a ultimare i preparativi. Quando oso rialzare lo sguardo, mi accorgo che Malik è il primo a voltarsi e ad avviarsi verso le cucine, ed è come se qualcuno mi avesse piantato un coltello rovente nel cuore.
30
Malik
MI bastano otto passi per arrivare alla porta che dall’atrio conduce al corridoio di servizio. La apro e comincio a percorrerlo, mentre sento un calore bruciante salirmi alla testa e le gambe farsi malferme. In cucina appoggio le mani sul bancone e mi aggrappo alla superficie di acciaio per non perdere l’equilibrio. Non può essere vero. Non è possibile che sia vero. Ma so che invece è così. Questa è la casa dei genitori di Zelda e oggi è il suo compleanno. E anche se non sembra lei, e non si comporta come lei, non c’è dubbio che quella sia lei. Il suo sguardo! Un misto di tristezza, nostalgia e… sì, orrore. Ecco come si guarda qualcuno che ha chiesto quattro settimane di pausa e poi si presenta senza preavviso a casa dei propri genitori vestito da cameriere, con pantaloni e gilet nero, camicia bianca e papillon nero. Che spettacolo penoso devo essere stato per lei.
Potrei giurare di averla vista impallidire, nonostante lo spesso strato di trucco che le copre le lentiggini. Per un breve istante, mi è parso quasi che stesse per cadere, poi si è aggrappata alla ringhiera. Prendo un coltello e comincio a sminuzzare del basilico che ho trovato su un tagliere, senza nemmeno sapere cosa sto facendo. Ma devo tenere le dita occupate. Alle mie spalle la cucina si riempie lentamente di persone che si mettono al lavoro, ma io quasi non me ne accorgo. Sono troppo occupato a respirare e a mantenere l’equilibrio. Jasmine, Theo, Ebony, Ellie, Esther, penso. Jasmine, Theo, Ebony, Ellie, Esther.
Provo a fare dei respiri profondi, ma non mi aiuta. Lo sguardo di Zelda mi ha privato di tutte le forze, e la festa ancora non è cominciata. Dovrò osservarla da lontano per tutta la sera, vestita in quel modo che non ha niente a che fare con lei. Sembra un’altra persona, anche se sono sicuro che sia sempre la Zelda che conosco. O forse… il dubbio si insinua nei miei pensieri. Ho preteso troppo da lei? Ho sopravvalutato la profondità dei suoi sentimenti? Alla fine ha deciso che preferisce la sua famiglia? Vorrei andarmene via, ma non posso venire meno al mio accordo con Clément.
Pensare a Zelda, sapere che è vicinissima a me, che potrei quasi toccarla, mi provoca un dolore quasi fisico. Ma in realtà, in queste settimane, non è mai stata così lontana come ora. Jasmine, Theo, Ebony, Ellie, Esther, penso di nuovo. Sii forte. Per loro.
«Tutto a posto?» mi chiede Lenny, che si è avvicinato senza che me ne accorgessi.
Alzo lo sguardo. Dalla sua espressione preoccupata capisco che non sono riuscito a nascondere la mia agitazione. «Tutto bene», rispondo fiacco. Non credo di aver mai mentito peggio di così in vita mia.
«Non hai un bell’aspetto. Stai male?»
Scuoto la testa. «Vado a prendere una boccata d’aria», dico.
Non avevo messo in conto che Lenny mi seguisse. Inspiro avidamente l’aria fresca nei polmoni, e in quell’istante vedo la sua chioma rossa spuntare dalla porta di servizio. Già, in questa casa c’è un ingresso separato per il personale, per non infastidire lorsignori con la nostra presenza. Perché a gente come i genitori di Zelda quelli come me danno fastidio.
«Dimmi se posso fare qualcosa per te, Malik», si offre Lenny. La sua tenacia mi commuove. Ma non può fare nulla per aiutarmi. Nessuno può. Devo riuscire ad arrivare in fondo a questa serata senza perdere la testa.
«Va tutto bene», dico. Ma come posso fare? Come posso lavorare con Zelda sempre sotto il naso? Non posso mettere in gioco il mio futuro. Il mese di pausa è finito. A partire dalla prossima settimana potrò telefonarle e parlare con lei. Ma il pensiero di dover aspettare ancora mi distrugge.
«Qualcuno ti ha detto qualcosa? Ti hanno offeso?»
«Come ti viene in mente?» chiedo.
«Be’, è che la gente come i Redstone-Laurie… insomma, spesso si credono migliori di noi.»
Piano piano capisco dove vuole arrivare. «Vuoi dire che la mia presenza qui disturba l’armonia del loro mondo perfetto?»
Lenny abbassa lo sguardo, imbarazzato. «So solo che una volta una cameriera afroamericana del Fairmont è venuta qui a lavorare e ha detto che l’avevano trattata piuttosto male. Come una persona di seconda classe.»
Sento un brivido corrermi lungo la schiena. Possibile che sia vero? Possibile che Zelda venga da una famiglia di razzisti? Wow. Sono sbalordito. Avrei bisogno di sedermi, ma intorno a me non c’è niente. Possibile che sia per questo che Zelda non ha parlato di me ai suoi genitori? Questo pensiero mi fa stare male. È come dicevano i miei, quindi? Avevano ragione? Zelda aveva ragione? La mia testa è sul punto di esplodere, ma devo cercare di riprendermi. Non importa che razza di gente ci sia qui, questo non toglie niente al mio valore e di certo non cambia il mio proposito di tirare fuori il meglio dalla mia vita e da me stesso.
«Ascolta, Lenny. Va tutto bene, sono solo rimasto un po’ sorpreso da una cosa. Da una persona, in realtà.» Gli lancio uno sguardo, lui assume un’espressione perplessa. È evidente che abbia una domanda sulla punta della lingua, solo che non riesce a trovare il coraggio di farla. Ma non importa. Ho bisogno di parlare con qualcuno, e tutto a un tratto vuoto il sacco, anche se so che farei meglio a tenere la bocca chiusa. Sto giocando con il fuoco. «La figlia, quella che compie gli anni. Ecco…» Mi interrompo per un istante, non so bene quanto raccontargli. Perciò, anche se mi si spezza il cuore, mi limito a dire: «Ho avuto una storia con lei».
«Davvero?» esclama Lenny spalancando gli occhi. «Con la bionda?»
Abbasso lo sguardo e annuisco, senza prendermi la briga di spiegargli che Zelda all’epoca non era affatto una semplice bionda.
«Accidenti», prosegue Lenny, con una certa ammirazione nella voce. «È una tipa da urlo.»
Senza rendermene conto, stringo le mani a pugno. Non mi va che Lenny parli in questo modo di lei, non voglio che lo faccia nessuno. Per calmarmi faccio un altro respiro profondo. Tutta questa gelosia non è un buon segno, anzi, è qualcosa che devo soffocare se voglio uscirne vivo da qui. Non devo provare sentimenti del genere. Non posso permettermelo. Quindi devo riuscire a calmarmi.
Lenny sta ancora sorridendo e alza una mano per darmi il cinque. È l’ultima cosa che vorrei fare, ma se voglio convincerlo che è tutto a posto devo stare al gioco. Batto il palmo contro il suo e mi sento un miserabile.
«Sì, lo è», dico a bassa voce, per salvare le apparenze con lui. «Sono solo rimasto sorpreso di vederla qui», proseguo, con voce più salda. «Dai, rientriamo. E non dire una parola a nessuno», lo minaccio.
«Ovvio», risponde lui annuendo.
In realtà mi fa stare meglio aver parlato con Lenny, anche se non gli ho detto tutto. Lui non sa che in teoria sarei ancora il ragazzo di Zelda, e quindi non può immaginare che tortura sia questa per me.
La festa di compleanno della figlia dei Redstone-Laurie è un evento importante, però viene da chiedersi per chi sia stato organizzato, perché la Zelda che conosco io non avrebbe voluto nulla di tutto questo. Ricomincio a pensare che forse non sono più tanto sicuro di sapere quale sia la vera Zelda. In quattro settimane possono accadere tante cose, e in effetti la ragazza con il vestito scintillante e i tacchi alti – praticamente il ritratto della figlia viziata di una famiglia ricca – non ha niente in comune con la mia Zelda. È provocante, da togliere il fiato, ma allo stesso tempo è falsa.
Gli ospiti si distribuiscono lentamente nel giardino e sulla terrazza. Solo i cappelli delle signore più anziane devono costare quanto un anno di salario al Fairmont. Ci sono diversi tendoni bianchi dove gli invitati possono sedersi, e in generale il bianco è il colore dominante: tovaglie, decorazioni floreali, è tutto bianco. Sotto il tendone principale, su un palco sopraelevato, una band suona musica jazz. Davanti c’è una pista da ballo, che per il momento è ancora deserta.
Secondo la tabella di marcia, tra un’ora dobbiamo allestire il buffet. Fino a quel momento lo champagne deve scorrere a fiumi. L’accordo con Clément prevede che io vada ovunque ci sia bisogno di me, perciò, visto che non è ancora il momento del cibo, do una mano all’open bar. Chi vuole bere qualcosa di diverso dallo champagne può rivolgersi a noi. Accanto a me, uno dei baristi dell’hotel agita lo shaker di fronte a due tizi assolutamente identici, entrambi con i capelli tenuti indietro dal gel, che fingono di capirne qualcosa di cocktail mentre sorseggiano un whisky sour.
Dopo un po’ le chiacchiere ammutoliscono, la band intona Happy Birthday e l’attenzione di tutti gli ospiti si sposta sulla casa. Li seguo con lo sguardo e vedo Zelda scendere le scale a braccetto con un uomo anziano, che presumo sia suo padre. È bellissima, anche se sembra un’estranea. L’abito argentato sottolinea tutte le sue meravigliose curve e la scollatura suscita occhiate che nessuno di questi raffinati ospiti dovrebbe permettersi. Ogni due passi lo spacco mostra la sua gamba snella, che grazie ai tacchi sembra lunghissima, anche se in realtà è minuta e delicata. Io però vorrei rivedere la Zelda normale, i suoi capelli colorati e la sua personalità sfrenata. E il suo sorriso. Adesso sta sorridendo, ma anche da quaggiù capisco che il suo è un sorriso tormentato. Non c’è traccia della fossetta che di solito mi incanta, e la cosa strana è che nessun altro sembra accorgersi che in questo contesto lei è tutto tranne che se stessa, anzi, dalla folla si leva un mormorio di ammirazione. Davvero sono l’unico qui ad averla mai vista veramente felice?
È evidente che i ragazzi si stanno godendo lo spettacolo. E ce ne sono parecchi. Do un’altra occhiata agli ospiti e mi rendo conto che, in effetti, ce ne sono troppi perché si tratti di un caso. Che cosa mi ha detto Zelda? Che i suoi genitori stanno cercando di trovarle marito? Be’, per il suo compleanno hanno messo in piedi uno spettacolo disgustoso, come può essergli venuto in mente di presentare una persona in questo modo? Sento il sangue ribollire nelle vene, anche se non dovrei. Se vado avanti così non riuscirò mai ad aspettare fino a lunedì. E invece devo farlo. Devo.
Vedo diversi ragazzi guardarsi e bisbigliare tra loro mentre Zelda si avvicina, e per me è come se ciascuno di loro mi desse un pugno dritto nello stomaco.
Due tizi si staccano dalla folla e vanno incontro a Zelda e a suo padre, salutano con cortesia e le fanno gli auguri. Anche uno dei bellimbusti al bancone del bar segue il loro esempio, bacia Zelda su entrambe le guance e l’abbraccia. Faccio per voltarmi, perché non riesco a continuare a guardare questo spettacolo, quando i nostri occhi si incrociano. È impossibile leggere tutte le parole non dette di cui è colmo il suo sguardo, e so che dovrei voltarmi da un’altra parte, ma gli occhi azzurri di Zelda mi inchiodano lì. Tutto questo ci fa male, sento una pressione sul petto che mi schiaccia i polmoni. La mia prima preoccupazione dovrebbe essere uscire indenne da questa situazione, ma non riesco a smettere di guardare Zelda, nonostante il suo aspetto sia artefatto e falso. Sta ricambiando con gesti rigidi l’abbraccio del terzo tizio, ma riabbassa le braccia quasi subito. Poi, in un dolorosissimo istante, distoglie gli occhi da me e si rivolge all’invitato successivo. È come se si fosse riscossa da una paralisi e avesse capito solo ora cosa sta succedendo. Che significa? Dev’essere tutta una finta. Noi continueremo a stare insieme, non riesco a immaginare altro futuro. O mi sbaglio?
Mi volto e mi concentro ad affettare del lime. Ho la pelle d’oca sotto la camicia bianca. Com’è possibile sentire una persona così vicina e allo stesso tempo così lontana? Mi è impossibile restare indifferente davanti a Zelda, è ovvio che sia così, perché lei è una delle persone più incredibili che io conosca.
Chiudo gli occhi per un momento e faccio un respiro profondo. Ancora un paio d’ore. Cosa saranno mai? Ho un lavoro da fare qui, e intendo portarlo a termine, costi quel che costi. Jasmine, Theo, Ebony, Ellie, Esther. Lunedì saprò la verità.
31
Zelda
TORNO a guardare Malik, ma ormai si è voltato. Devo sforzarmi di non fissarlo in continuazione, ma adesso che gli sono così vicina mi rendo conto di quanto mi sia mancato. È una sensazione dolorosa che mi toglie l’aria dai polmoni.
Allo stesso tempo, il fatto che lui mi veda in questa veste mi mette infinitamente a disagio. Mi sono impegnata per così tanti mesi a mantenere separate le mie due vite, che vederle cozzare in questo modo l’una contro l’altra, come in un frontale tra camion, mi sembra davvero una catastrofe insormontabile.
«Zelda», sento una voce familiare accanto a me, e io metto a fuoco il viso del ragazzo al mio fianco. Devo stare attenta a non far capire che a stasera ho occhi solo per una persona.
«Philip!» Per la prima volta da quanto è cominciata questa giornata, sono felice di vedere qualcuno.
«Hai l’aria di una che ha bisogno di un sorbetto. O magari è meglio un drink?» Sorride e prende due bicchieri di champagne da un vassoio che abbiamo vicino proprio in quel momento. «Tanti auguri, birthday girl!»
Beviamo un sorso insieme. La presenza di Philip mi tranquillizza un po’, forse perché so che non è qui perché vuole portarmi all’altare. O forse è solo bello vedere una faccia amica.
«Questa volta non hai una parrucca, vero?» chiede sorridendo.
Io alzo gli occhi al cielo. «No, sono fresca di tinta. Purtroppo.»
«Mi dispiace. E immagino che non ti aiuti a stare meglio sapere che…» Philip si china su di me e mi sussurra all’orecchio «… che secondo l’opinione generale sei una vera bomba.»
Gli do una gomitata scherzosa. «No, non mi aiuta. Ma grazie per avermi avvisata.»
«È stato un piacere.»
Il mio sguardo vaga tra gli ospiti, una noiosa accozzaglia di amici dei miei genitori e soci in affari di mio padre, con figli maschi al seguito. Non riesco a credere che Malik stia assistendo a questa recita. Non bastava averlo ferito con la mia confessione di qualche settimana fa, adesso gli tocca anche
assistere alle manovre da ruffiani dei miei genitori. Posso solo sperare che tutto questo lo lasci indifferente come sembra dall’esterno. Lo vedo molto indaffarato al bar, e da quello che riesco a osservare con la coda dell’occhio, ogni tanto scherza anche con i suoi colleghi. Ma so che non è possibile che sia davvero indifferente, tecnicamente stiamo ancora insieme. Sì, siamo in pausa, ma presto la pausa finirà.
«Allora, sorellina?» mi apostrofa Sebastian, che è comparso all’improvviso alle mie spalle. «Per te si è radunata davvero la crème de la crème. Chi l’avrebbe mai detto, conoscendoti. Ah, buon compleanno.»
«Davvero charmant, Sebastian», rispondo. «Sappi che, se fosse dipeso da me, non saresti stato nemmeno invitato.»
«E se fosse dipeso da me, non sarei venuto.» Poi il suo sguardo cade su Philip. «Tu sei il figlio degli Englander, vero? Ci siamo visti un paio di volte all’università. Giurisprudenza?»
Philip annuisce, ma non è abbastanza rapido a togliersi dai piedi, perciò il mio inarrivabile fratello maggiore lo incastra in una discussione su professori e lezioni. Ogni tanto mi lancia uno sguardo disperato, ma io non posso fare altro che ricambiarlo.
Nel frattempo, osservo Malik che sta mescolando dei gin tonic. Se rimanesse da solo al bar, forse potrei avvicinarmi e scambiare due parole. Dirgli che sono sicura. Che lo sono sempre stata. Che lui è l’unico che mi conosce davvero, e che nonostante tutto sono infinitamente felice di rivederlo. Ma se anche riuscissi a restare per un attimo sola con lui, forse sarei troppo estasiata per riuscire a parlare, rimarrei lì a fissarlo in silenzio, felice che lui esista.
«Zelda, vieni a farci compagnia», mi chiama mio padre, che vedo in piedi a un paio di metri da me, insieme a Elijah e a due giovanotti. Uno di loro è Matthew James Molyneux III, che ho già conosciuto in uno dei tentativi di accoppiamento forzato dei miei genitori. Un paio di mesi fa pareva molto interessato a me, ma io ho bloccato sul nascere ogni suo approccio. L’altro ragazzo non lo conosco.
02 Hold Me. Qui Page 22