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Paradiso

Page 37

by Dante


  Questo conforto del foco secondo →

  mi venne; ond’ io leväi li occhi a’ monti →

  39

  che li ’ncurvaron pria col troppo pondo.

  “Poi che per grazia vuol che tu t’affronti →

  lo nostro Imperadore, anzi la morte,

  42

  ne l’aula più secreta co’ suoi conti,

  sì che, veduto il ver di questa corte,

  la spene, che là giù bene innamora,

  45

  in te e in altrui di ciò conforte,

  dì quel ch’ell’ è, dì come se ne ’nfiora →

  la mente tua, e dì onde a te venne.”

  48

  Così seguì ’l secondo lume ancora.

  E quella pïa che guidò le penne →

  de le mie ali a così alto volo,

  51

  a la risposta così mi prevenne:

  “La Chiesa militante alcun figliuolo →

  non ha con più speranza, com’ è scritto

  54

  nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:

  però li è conceduto che d’Egitto

  vegna in Ierusalemme per vedere,

  57

  anzi che ’l militar li sia prescritto.

  Li altri due punti, che non per sapere →

  son dimandati, ma perch’ ei rapporti

  60

  quanto questa virtù t’è in piacere,

  a lui lasc’ io, ché non li saran forti

  né di iattanza; ed elli a ciò risponda,

  63

  e la grazia di Dio ciò li comporti.”

  Come discente ch’a dottor seconda

  pronto e libente in quel ch’elli è esperto,

  66

  perché la sua bontà si disasconda,

  “Spene,” diss’ io, “è uno attender certo →

  de la gloria futura, il qual produce

  69

  grazia divina e precedente merto.

  Da molte stelle mi vien questa luce; →

  ma quei la distillò nel mio cor pria

  72

  che fu sommo cantor del sommo duce.

  ‘Sperino in te,’ ne la sua tëodia → →

  dice, ‘color che sanno il nome tuo’:

  75

  e chi nol sa, s’elli ha la fede mia?

  Tu mi stillasti, con lo stillar suo,

  ne la pistola poi; sì ch’io son pieno,

  78

  e in altrui vostra pioggia repluo.”

  Mentr’ io diceva, dentro al vivo seno →

  di quello incendio tremolava un lampo

  81

  sùbito e spesso a guisa di baleno.

  Indi spirò: “L’amore ond’ïo avvampo →

  ancor ver’ la virtù che mi seguette

  84

  infin la palma e a l’uscir del campo,

  vuol ch’io respiri a te che ti dilette

  di lei; ed emmi a grato che tu diche

  87

  quello che la speranza ti ’mpromette.”

  E io: “Le nove e le scritture antiche

  pongon lo segno, ed esso lo mi addita, → →

  90

  de l’anime che Dio s’ha fatte amiche.

  Dice Isaia che ciascuna vestita →

  ne la sua terra fìa di doppia vesta:

  93

  e la sua terra è questa dolce vita; →

  e ’l tuo fratello assai vie più digesta, →

  là dove tratta de le bianche stole,

  96

  questa revelazion ci manifesta.”

  E prima, appresso al fin d’este parole, →

  “Sperent in te” di sopr’ a noi s’udì; →

  99

  a che rispuoser tutte le carole.

  Poscia tra esse un lume si schiarì →

  sì che, se ’l Cancro avesse un tal cristallo,

  102

  l’inverno avrebbe un mese d’un sol dì.

  E come surge e va ed entra in ballo →

  vergine lieta, sol per fare onore

  105

  a la novizia, non per alcun fallo,

  così vid’ io lo schiarato splendore

  venire a’ due che si volgieno a nota

  108

  qual conveniesi al loro ardente amore.

  Misesi lì nel canto e ne la rota; →

  e la mia donna in lor tenea l’aspetto,

  111

  pur come sposa tacita e immota.

  “Questi è colui che giacque sopra ’l petto →

  del nostro pellicano, e questi fue

  114

  di su la croce al grande officio eletto.”

  La donna mia così; né però piùe

  mosser la vista sua di stare attenta

  117

  poscia che prima le parole sue.

  Qual è colui ch’adocchia e s’argomenta →

  di vedere eclissar lo sole un poco,

  120

  che, per veder, non vedente diventa;

  tal mi fec’ïo a quell’ ultimo foco

  mentre che detto fu: “Perché t’abbagli →

  123

  per veder cosa che qui non ha loco?

  In terra è terra il mio corpo, e saragli →

  tanto con li altri, che ’l numero nostro

  126

  con l’etterno proposito s’agguagli.

  Con le due stole nel beato chiostro →

  son le due luci sole che saliro;

  129

  e questo apporterai nel mondo vostro.”

  A questa voce l’infiammato giro →

  si quïetò con esso il dolce mischio →

  132

  che si facea nel suon del trino spiro,

  sì come, per cessar fatica o rischio,

  li remi, pria ne l’acqua ripercossi,

  135

  tutti si posano al sonar d’un fischio.

  Ahi quanto ne la mente mi commossi, →

  quando mi volsi per veder Beatrice,

  per non poter veder, benché io fossi

  139

  presso di lei, e nel mondo felice!

  PARADISO XXVI

  Mentr’io dubbiava per lo viso spento, →

  de la fulgida fiamma che lo spense

  3

  uscì un spiro che mi fece attento, →

  dicendo: “Intanto che tu ti risense

  de la vista che haï in me consunta →

  6

  ben è che ragionando la compense. →

  Comincia dunque; e dì ove s’appunta

  l’anima tua, e fa ragion che sia

  9

  la vista in te smarrita e non defunta: → →

  perché la donna che per questa dia

  regïon ti conduce, ha ne lo sguardo

  12

  la virtù ch’ebbe la man d’Anania.”

  Io dissi: “Al suo piacere e tosto e tardo →

  vegna remedio a li occhi, che fuor porte

  15

  quand’ ella entrò col foco ond’ io sempr’ ardo.

  Lo ben che fa contenta questa corte, → →

  Alfa e O è di quanta scrittura →

  18

  mi legge Amore o lievemente o forte.”

  Quella medesma voce che paura

  tolta m’avea del sùbito abbarbaglio,

  21

  di ragionare ancor mi mise in cura; →

  e disse: “Certo a più angusto vaglio →

  ti conviene schiarar: dicer convienti

  24

  chi drizzò l’arco tuo a tal berzaglio.”

  E io: “Per filosofici argomenti →

  e per autorità che quinci scende

  27

  cotale amor convien che in me si ’mprenti:

  ché ’l bene, in quanto ben, come s’intende, →

  così accende amore, e tanto maggio

  30

  quanto più di bontate in sé comprende.

  Dunque a l’essenza ov’ è tanto avvantaggio,

  che ciascu
n ben che fuor di lei si trova

  33

  altro non è ch’un lume di suo raggio,

  più che in altra convien che si mova

  la mente, amando, di ciascun che cerne

  36

  il vero in che si fonda questa prova.

  Tal vero a l’intelletto mïo sterne →

  colui che mi dimostra il primo amore

  39

  di tutte le sustanze sempiterne.

  Sternel la voce del verace autore, →

  che dice a Moïsè, di sé parlando:

  42

  ‘Io ti farò vedere ogne valore.’ →

  Sternilmi tu ancora, incominciando

  l’alto preconio che grida l’arcano →

  45

  di qui là giù sovra ogne altro bando.”

  E io udi’: “Per intelletto umano →

  e per autoritadi a lui concorde

  48

  d’i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.

  Ma dì ancor se tu senti altre corde →

  tirarti verso lui, sì che tu suone

  51

  con quanti denti questo amor ti morde.”

  Non fu latente la santa intenzione

  de l’aguglia di Cristo, anzi m’accorsi →

  54

  dove volea menar mia professione.

  Però ricominciai: “Tutti quei morsi →

  che posson far lo cor volgere a Dio,

  57

  a la mia caritate son concorsi:

  ché l’essere del mondo e l’esser mio,

  la morte ch’el sostenne perch’ io viva,

  60

  e quel che spera ogne fedel com’ io,

  con la predetta conoscenza viva,

  tratto m’hanno del mar de l’amor torto, →

  63

  e del diritto m’han posto a la riva.

  Le fronde onde s’infronda tutto l’orto →

  de l’ortolano etterno, am’ io cotanto

  66

  quanto da lui a lor di bene è porto.”

  Sì com’ io tacqui, un dolcissimo canto →

  risonò per lo cielo, e la mia donna

  69

  dicea con li altri: “Santo, santo, santo!”

  E come a lume acuto si disonna → →

  per lo spirto visivo che ricorre

  72

  a lo splendor che va di gonna in gonna,

  e lo svegliato ciò che vede aborre, →

  si nescïa è la sùbita vigilia

  75

  fin che la stimativa non soccorre;

  così de li occhi miei ogne quisquilia →

  fugò Beatrice col raggio d’i suoi,

  78

  che rifulgea da più di mille milia:

  onde mei che dinanzi vidi poi;

  e quasi stupefatto domandai → →

  81

  d’un quarto lume ch’io vidi tra noi.

  E la mia donna: “Dentro da quei rai →

  vagheggia il suo fattor l’anima prima

  84

  che la prima virtù creasse mai.”

  Come la fronda che flette la cima →

  nel transito del vento, e poi si leva

  87

  per la propria virtù che la soblima,

  fec’io in tanto in quant’ ella diceva,

  stupendo, e poi mi rifece sicuro

  90

  un disio di parlare ond’ ïo ardeva.

  E cominciai: “O pomo che maturo →

  solo prodotto fosti, o padre antico

  93

  a cui ciascuna sposa è figlia e nuro, →

  divoto quanto posso a te supplìco

  perché mi parli: tu vedi mia voglia, →

  96

  e per udirti tosto non la dico.”

  Talvolta un animal coverto broglia, →

  sì che l’affetto convien che si paia

  99

  per lo seguir che face a lui la ’nvoglia;

  e similmente l’anima primaia

  mi facea trasparer per la coverta

  102

  quant’ ella a compiacermi venìa gaia.

  Indi spirò: “Sanz’ essermi proferta →

  da te, la voglia tua discerno meglio →

  105

  che tu qualunque cosa t’è più certa;

  perch’ io la veggio nel verace speglio

  che fa di sé pareglio a l’altre cose, →

  108

  e nulla face lui di sé pareglio.

  Tu vuogli udir quant’ è che Dio mi puose →

  ne l’eccelso giardino, ove costei →

  111

  a così lunga scala ti dispuose,

  e quanto fu diletto a li occhi miei,

  e la propria cagion del gran disdegno,

  114

  e l’idïoma ch’usai e che fei. →

  Or, figliuol mio, non il gustar del legno → →

  fu per sé la cagion di tanto essilio, →

  117

  ma solamente il trapassar del segno.

  Quindi onde mosse tua donna Virgilio, → →

  quattromilia trecento e due volumi

  120

  di sol desiderai questo concilio;

  e vidi lui tornare a tutt’ i lumi →

  de la sua strada novecento trenta

  123

  fïate, mentre ch’ïo in terra fu’mi.

  La lingua ch’io parlai fu tutta spenta →

  innanzi che a l’ovra inconsummabile

  126

  fosse la gente di Nembròt attenta:

  ché nullo effetto mai razïonabile,

  per lo piacere uman che rinovella

  129

  seguendo il cielo, sempre fu durabile.

  Opera naturale è ch’uom favella; →

  ma così o così, natura lascia

  132

  poi fare a voi secondo che v’abbella. →

  Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia, →

  I s’appellava in terra il sommo bene →

  135

  onde vien la letizia che mi fascia; →

  e El si chiamò poi: e ciò convene, →

  ché l’uso d’i mortali è come fronda →

  138

  in ramo, che sen va e altra vene.

  Nel monte che si leva più da l’onda, →

  fu’io, con vita pura e disonesta,

  da la prim’ ora a quella che seconda,

  142

  come ’l sol muta quadra, l’ora sesta.”

  PARADISO XXVII

  “Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo,” →

  cominciò, “gloria!” tutto ’l paradiso,

  3

  sì che m’inebrïava il dolce canto.

  Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso →

  de l’universo; per che mia ebbrezza

  6

  intrava per l’udire e per lo viso.

  Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! →

  oh vita intègra d’amore e di pace!

  9

  oh sanza brama sicura ricchezza! →

  Dinanzi a li occhi miei le quattro face →

  stavano accese, e quella che pria venne

  12

  incominciò a farsi più vivace,

  e tal ne la sembianza sua divenne,

  qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte

  15

  fossero augelli e cambiassersi penne.

  La provedenza, che quivi comparte →

  vice e officio, nel beato coro

  18

  silenzio posto avea da ogne parte,

  quand’ïo udi’: “Se io mi trascoloro, →

  non ti maravigliar, chè, dicend’ io

  21

  vedrai trascolorar tutti costoro.

  Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio, →

  il luogo mio, il luogo mio che vaca

  24

  ne la presenza del Figliuol di Dio,

  fatt’ ha del cimitero mio cloaca →

  del sangue e de la puzza; on
de ’l perverso

  27

  che cadde di qua sù, là giù si placa.”

  Di quel color che per lo sole avverso →

  nube dipigne da sera e da mane,

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  vid’ïo allora tutto ’l ciel cosperso.

  E come donna onesta che permane →

  di sé sicura, e per l’altrui fallanza,

  33

  pur ascoltando, timida si fane, →

  così Beatrice trasmutò sembianza;

  e tale eclissi credo che ’n ciel fue

  36

  quando patì la supprema possanza.

  Poi procedetter le parole sue →

  con voce tanto da sé trasmutata,

  39

  che la sembianza nons i mutò piùe:

  “Non fu la sposa di Cristo allevata →

  del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,

  42

  per essere ad acquisto d’oro usata;

  ma per acquisto d’esto viver lieto

  e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano

  45

  sparser lo sangue dopo molto fleto.

  Non fu nostra intenzion ch’a destra mano →

  d’i nostri successor parte sedesse,

  48

  parte da l’altra del popol cristiano;

  né che le chiavi che mi fuor concesse, →

  divenisser signaculo in vessillo

  51

  che contra battezzati combattesse;

  né ch’io fossi figura di sigillo →

  a privilegi venduti e mendaci,

  54

  ond’ io sovente arrosso e disfavillo.

  In vesta di pastor lupi rapaci →

  si veggion di qua sù per tutti i paschi:

 

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