Book Read Free

Sussurri

Page 29

by Dean Koontz


  Uscendo, Tony accese una lampada del salotto la cui luce illuminò il letto, filtrando attraverso la porta. Una luce soffusa. Calda e dorata. Sembrava che la luce amasse Hi­lary, perché su di lei aveva un riflesso del tutto particolare: le accarezzava il corpo, accentuava con amore la sfumatura bronzea della pelle, aggiungeva lucentezza ai capelli neri e le risplendeva negli occhi.

  Si fermarono di fianco al letto, si abbracciarono, si bacia­rono e poi iniziarono a spogliarsi. Tony le sbottonò la ca­micetta, poi gliela sfilò. Le sganciò il reggiseno che cadde per terra mollemente. Aveva un seno meraviglioso: tondo, pieno e alto. I capezzoli erano grandi e ben eretti; Tony si chinò in avanti e glieli baciò. Lei gli afferrò la testa e lo co­strinse ad alzarsi a baciarla sulla bocca. Sospirava. Le mani di Tony presero a tremare per l'eccitazione mentre le slac­ciava la cintura e le apriva i jeans. I pantaloni scivolarono a terra, accarezzandole le gambe.

  Tony cadde in ginocchio davanti a lei con l'intenzione di sfilarle gli slip e fu allora che si accorse della lunga cicatrice sul fianco sinistro. Partiva dal ventre piatto per arrivare fin sulla schiena. Quello non era il risultato di un intervento: neppure un chirurgo alle prime armi l'avrebbe ridotta così. Tony aveva già visto ferite da armi da fuoco o da taglio e, nonostante la luce soffusa, si accorse subito che quella cica­trice era l'effetto di un proiettile o di una lama. Era stata ferita gravemente. L'idea del dolore che aveva dovuto sop­portare fece nascere in lui un senso di protezione nei suoi confronti. Aveva già in mente un centinaio di domande su quella cicatrice, ma non era sicuramente il momento adatto per rivolgergliele. Le baciò la striscia di pelle raggrinzita con delicatezza e sentì Hilary irrigidirsi sotto il suo tocco. Evidentemente quel segno la metteva in imbarazzo. Avrebbe voluto rassicurarla che quel dettaglio non toglieva niente alla sua bellezza e al suo fascino e che, al contrario, quel piccolo difetto non faceva che mettere in risalto l'in­credibile perfezione del resto del corpo.

  Ma per tranquillizzarla doveva passare ai fatti, trala­sciando le parole. Le sfilò gli slip. Poi, lentamente, le fece scorrere le mani lungo le gambe, lungo le cosce. Le baciò il cespuglio di peli neri lucenti che si arruffarono contro la sua faccia. Rialzandosi, le afferrò le natiche e ne massaggiò la pelle tesa e liscia, mentre lei premeva contro di lui, sfio­randogli nuovamente le labbra. Il bacio durò qualche se­condo e alla fine Hilary sussurrò: "Prendimi."

  Mentre lei si apprestava a infilarsi nel letto, Tony si spo­gliò a sua volta. Poi si distese al suo fianco e la prese fra le braccia.

  Si esplorarono a vicenda, sempre più affascinati dalla pelle, dalle forme, dalle curve, dall'elasticità di entrambi, mentre l'erezione di Tony pulsava di desiderio.

  Poi, ancora prima di penetrarla, Tony provò una strana sensazione, quasi si stesse fondendo con lei, come se stes­sero per diventare tutt'uno, non tanto fisicamente e ses­sualmente, quanto spiritualmente. Era come se fossero sul punto di mescolarsi miracolosamente in un'incredibile osmosi psichica. Sopraffatto dal calore di Hilary, eccitato dalle promesse di quello splendido corpo, ma più di ogni altra cosa colpito dai sussurri e dai movimenti che la rende­vano unica nel suo genere, a Tony parve di avere assag­giato una nuova droga dal gusto esotico. Le percezioni superavano di gran lunga la portata dei sensi e Tony comin­ciò a vedere attraverso gli occhi di Hilary, a toccare con le mani di Hilary, a baciare con la bocca di Hilary. Due menti accoppiate, due cuori sincronizzati.

  I baci infuocati alimentarono la sua voglia di assaggiare tutto di lei, ogni singola porzione del suo corpo. E così fece, finché giunse all'incrocio delle cosce. A quel punto lei spalancò le gambe e Tony cominciò a leccarle la fonte della sua umidità, a schiuderle le pieghe segrete della carne fin­ché la lingua trovò la dolce protuberanza. La sfiorò facen­dola sussultare di piacere.

  Hilary iniziò a gemere e a dimenarsi in preda all'impeto della passione.

  "Tony!"

  La fece godere con la lingua, i denti e le labbra.

  Lei inarcò la schiena e si aggrappò alle lenzuola, cullan­dosi nell'estasi.

  Lui le fece scivolare le mani sulle natiche e l'attirò verso di sé.

  "Oh, Tony! Sì, sì!"

  Hilary respirava affannosamente, freneticamente. Cercò di staccarsi dalla sua presa, percependo la crescente inten­sità del piacere, ma subito dopo si arrese, pronta a chiedere di più. Infine iniziò a tremare e i sussulti gradualmente si trasformarono in armonici brividi di puro piacere. Annaspò alla ricerca del respiro, rovesciò la testa all'indietro e urlò. Poi si fece trasportare dalle sensazioni e godette senza so­sta, mentre i muscoli flessuosi si contraevano, si rilassa­vano, si contraevano, si rilassavano fino all'esaurimento. Alla fine si lasciò andare, sospirando.

  Tony sollevò il capo, le baciò il ventre e tornò a solleti­carle i capezzoli con la lingua.

  Lei allungò una mano verso il basso e lo afferrò per la protuberanza d'acciaio. Tutt'a un tratto, pregustando l'u­nione finale e completa, si sentì pervadere da una nuova tensione erotica.

  Lui l'aprì con le dita e a quel punto lei mollò la presa per permettergli di penetrarla senza ostacoli.

  "Sì, sì, sì," sussurrò, mentre lui la riempiva. "Tesoro. Oh, tesoro, tesoro."

  "Sei stupenda."

  Non era mai stato tanto bello. Si appoggiò sulle mani e osservò la sua bellezza dall'alto. Si fissarono negli occhi e Tony ebbe la sensazione di riuscire a guardare dentro di lei, di cogliere l'essenza di Hilary Thomas, di arrivare alla sua anima. Quando entrambi chiusero gli occhi, il senso di unione profonda non si ruppe.

  Tony aveva fatto l'amore con altre donne, ma non si era mai sentito così vicino come con Hilary. Per questo mo­tivo, volle farlo durare il più possibile, per giungere in­sieme all'orgasmo, per spiccare il volo insieme. Ma questa volta non riuscì a conservare l'autocontrollo che in genere dimostrava di avere a letto. Si stava rapidamente avvici­nando all'orlo del precipizio e non riusciva a fare niente per fermarsi. Non perché lei fosse più stretta, più scivolosa o più passionale di altre donne, e non era neanche merito dei muscoli vaginali eccezionalmente ben esercitati. I seni, per quanto perfetti, non c'entravano, così come non c'en­trava la pelle, sicuramente vellutata, ma non più di quella di molte altre. Più di ogni altra cosa importava il fatto che per lui Hilary era speciale, eccezionalmente speciale, e tale da renderla insopportabilmente eccitante ai suoi occhi.

  Percependo il sopraggiungere del suo orgasmo, Hilary lo attirò verso di sé, senza rendersi minimamente conto del peso che la sovrastava. Il seno si appiattì contro il suo to­race e lei sollevò i fianchi: l'unione fu totale, mentre lui colpiva con più forza e frequenza.

  Quasi per miracolo, anche lei riprese a godere, mentre lui schizzava senza più controllo. Lo strinse forte a sé, sus­surrando di continuo il suo nome, mentre lui eruttava den­tro di lei intensamente, violentemente, eternamente, spin­gendosi nei meandri più reconditi. Mentre si svuotava, per­cepì un'ondata di tenerezza, di affetto e di doloroso biso­gno e, in quel momento, capì che non sarebbe mai più stato capace di staccarsi da lei.

  Rimasero sdraiati a letto, l'uno accanto all'altra, con le ma­ni intrecciate e il cuore che tornava a pulsare con regola­rità.

  Hilary era fisicamente ed emotivamente stravolta da quell'esperienza. Quegli orgasmi, intensi e ripetuti, l'ave­vano lasciata senza parole. Non aveva mai provato nulla di simile. Ogni orgasmo l'aveva trafìtta come un lampo, fa­cendola sobbalzare come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica. Ma Tony le aveva regalato qualcosa che andava oltre il semplice piacere sessuale: era una sensa­zione nuova, meravigliosa e possente che le parole non erano in grado di spiegare.

  Sicuramente per molte persone la parola "amore" avrebbe potuto descrivere perfettamente quello che pro­vava in quel momento, ma lei non era ancora pronta per accettare una simile definizione. Per molto, molto tempo, fin da quando era bambina, il termine "amore" era sempre stato strettamente collegato a "dolore".

  Non voleva ammettere di essere innamorata di Tony, non osava crederci, perché in tal caso si sarebbe ritrovata
senza difese e pericolosamente vulnerabile.

  D'altro canto, era diffìcile immaginare Tony che le fa­ceva del male. Non era come Earl, suo padre. Era diverso da tutti gli uomini che aveva conosciuto. Possedeva una dolcezza e una tenerezza tali per cui Hilary sentiva che sa­rebbe stata perfettamente al sicuro fra le sue braccia. Forse con lui era il caso di rischiare. Forse con lui ne sarebbe valsa la pena.

  Poi pensò a quello che avrebbe provato se, dopo aver ri­posto tutta la sua fiducia in lui, le cose fra loro fossero an­date storte. Sarebbe stato un duro colpo. Non era sicura di poter sopportare un dolore simile.

  Era un vero problema.

  Di non facile soluzione.

  Ma non era il caso di pensarci in quel momento. Voleva rimanere distesa accanto a lui, nell'atmosfera magica che avevano creato insieme.

  Ripercorse con il pensiero quegli attimi di passione, le sensazioni erotiche che l'avevano svuotata e che sembra­vano indugiare ancora sul suo corpo caldo.

  Tony si girò su un fianco e la guardò. Le baciò la gola e le guance. "Un penny per i tuoi pensieri."

  "Valgono molto di più."

  "Allora un dollaro."

  "Ancora di più."

  "Cento dollari?"

  "Forse anche centomila."

  "Che pensieri costosi."

  "In realtà non sono pensieri. Sono ricordi."

  "Ricordi da centomila dollari?"

  "Mmmm."

  "Di che cosa?"

  "Di quello che abbiamo fatto qualche minuto fa."

  "Sai una cosa? Mi hai sorpreso. Sembri così casta e pura, quasi angelica, invece nascondi un ardore e una passione incredibili."

  "So essere passionale," ammise.

  "Molto passionale."

  "Ti piace il mio corpo?"

  "È splendido."

  Scambiarono qualche battuta scherzosa, sussurrandosi dolci paroline senza senso. Erano talmente felici che ba­stava un niente per farli ridere.

  Poi Tony assunse un tono più serio: "Naturalmente avrai capito che non ho intenzione di lasciarti scappare."

  Hilary capì che era pronto a impegnarsi seriamente se lei avesse fatto altrettanto. Ma era quello il problema. Lei non era pronta. E non sapeva se lo sarebbe mai stata. Lo desi­derava, oh, Dio, quanto lo desiderava! Non c'era nulla di più eccitante o allettante di loro due che vivevano insieme, arricchendosi a vicenda con talenti e interessi diversi. Ma Hilary temeva il dolore e lo sgomento che avrebbe provato se lui avesse smesso di amarla. Ormai quei terribili anni passati nell'appartamento di Chicago con Earl ed Emma appartenevano al passato, ma non era facile scordare ciò che le avevano insegnato. Aveva paura di impegnarsi.

  Cercando di sorvolare sull'implicita domanda racchiusa in quella frase, Hilary chiese in tono scherzoso: "Non mi lascerai mai più?"

  "Mai."

  "Non credi sia difficile fare il poliziotto con una donna fra le braccia?"

  Lui la guardò dritto negli occhi, per essere sicuro che avesse capito.

  In tono nervoso, Hilary replicò: "Non farmi fretta, Tony. Ho bisogno di tempo. Ho bisogno di un po' di tempo."

  "Pensaci pure con calma."

  "Sono tanto felice e voglio godermi questa sensazione. Non è il momento di parlare di cose serie."

  "Cercherò di fare lo stesso," mormorò Tony.

  "Di che cosa possiamo parlare?"

  "Voglio sapere tutto di te."

  "Ma questa è una domanda seria."

  "Propongo una cosa: facciamo un po' i seri e un po' gli stupidi. A rotazione."

  "D'accordo. Prima domanda."

  "Che cosa preferisci a colazione?"

  "Cornflakes."

  "E a pranzo?"

  "Cornflakes."

  "E a cena?"

  "Cornflakes."

  "Aspetta un attimo... "

  "Che cosa c'è?"

  "Immagino che tu parlassi seriamente riguardo alla cola­zione, ma poi mi hai dato due risposte stupide di fila."

  "Ma io adoro i cornflakes."

  "Adesso mi devi due risposte serie."

  "Spara pure."

  "Dove sei nata?"

  "A Chicago."

  "E sei cresciuta lì?"

  "Sì."

  "I genitori?"

  "Non so chi siano i miei genitori. Sono nata da un uovo. Un uovo di anatra. Un vero miracolo. Probabilmente l'hai letto sui giornali. A Chicago c'è persino una chiesa dedi­cata a quell'avvenimento. Nostra Signora dell'Uovo d'Ana­tra."

  "Davvero divertente."

  "Grazie."

  "Genitori?" le domandò di nuovo.

  "Non è giusto. Non puoi rivolgermi la stessa domanda due volte."

  "Chi l'ha detto?"

  "Lo dico io."

  "È così orribile?"

  "Che cosa?"

  "Quello che ti hanno fatto i tuoi genitori."

  Hilary cercò di sviare da quella domanda. "Perché credi che mi abbiano fatto qualcosa di orribile?"

  "Ti ho già chiesto di loro e della tua infanzia. Hai sem­pre evitato di rispondere. Sei sempre riuscita a cambiare ar­gomento. Pensavi non me ne fossi accorto, invece l'ho no­tato."

  La stava fissando con uno sguardo incredibilmente pene­trante. Riusciva quasi a metterle paura.

  Hilary chiuse gli occhi in modo che non potesse leggere dentro di lei.

  "Raccontami," insistè lui.

  "Erano alcolizzati."

  "Tutt'e due?"

  "Sì."

  "Cattivi?" .

  "Oh, sì."

  "Violenti?"

  "Sì."

  "E?"

  "Adesso non ho voglia di parlarne."

  "Potrebbe farti bene."

  "No. Ti prego, Tony. Sono felice. E non lo sarò più se... mi costringerai a parlare di... loro. È stata una serata splen­dida. Non roviniamola."

  "Prima o poi, dovrai parlarmene."

  "Va bene, ma non stasera."

  Tony sospirò: "D'accordo. Vediamo... Qual è il perso­naggio della televisione che preferisci?"

  "Kermit, la Rana."

  "E il personaggio umano della televisione che preferi­sci?"

  "Kermit, la Rana."

  "Veramente ho detto umano."

  "Secondo me, è uno dei personaggi più umani della tele­visione."

  "Bella risposta. E che cosa mi dici della cicatrice?"

  "Kermit ha una cicatrice?"

  "Volevo dire la tua."

  "Ti dà fastidio?" chiese, cercando di eludere quella do­manda.

  "No. Anzi, ti rende ancora più bella."

  "Davvero?"

  "Certo."

  "Ti spiace se controllo con la mia macchina della ve­rità?"

  "Hai una macchina della verità?"

  "Oh, sicuro," mormorò. Allungò la mano e afferrò il suo pene flaccido. "La mia macchina della verità funziona in modo molto semplice. Non è possibile sbagliare. Bisogna solo infilare la spina," cinguettò stringendo la mano, "nella presa B."

  "Presa B?"

  Scivolò sul letto e lo prese in bocca. Nel giro di pochi se­condi, il pene si gonfiò, si irrigidì e prese a pulsare. Dopo un paio di minuti, Tony non fu più in grado di controllarsi.

  Lei alzò lo sguardo e fece una smorfia. "Non stavi men­tendo."

  "Devo ripetermi. Non sei decisamente una santerellina."

  "Vuoi di nuovo il mio corpo?"

  "Voglio di nuovo il tuo corpo."

  "E la mia testa?"

  "Non è compresa nell'offerta?"

  Questa volta, Hilary si mise a cavalcioni sopra di lui e iniziò a muoversi avanti e indietro, a destra e sinistra, su e giù. Gli sorrise mentre lui le massaggiava i seni, poi non si accorse più di niente. Non avvertì i movimenti dei loro corpi o le spinte di Tony: tutto sfumò in un fluire caldo e incessante, che sembrava non avere né inizio né fine.

  A mezzanotte, andarono in cucina e prepararono qual­cosa da mangiare: un po' di formaggio, del pollo avanzato, della frutta e un po' di vino bianco ghiacciato. Portarono tutto in camera da letto e spiluccarono qualcosa, perdendo ben presto interesse al cibo.

&nbs
p; Sembravano una coppia di adolescenti, ossessionati dal proprio corpo e dotati di un vigore illimitato. Mentre si muovevano all'unisono, Hilary si rese conto che non si trattava semplicemente di una serie di atti sessuali: era un importante rituale, una cerimonia dal significato profondo che l'avrebbe ripulita da tutte le paure del passato. Si stava donando a un'altra persona in un modo che solo pochi giorni prima avrebbe considerato impensabile. Stava allon­tanando il proprio orgoglio, si stava inginocchiando da­vanti a lui, rischiando l'umiliazione e il rifiuto, nella fragile speranza che lui non abusasse della sua debolezza. Ma non l'aveva delusa. Molte cose sarebbero sembrate degradanti con l'uomo sbagliato, ma con Tony ogni gesto era esal­tante, piacevole e gioioso. Non riusciva ancora a confessar­gli che l'amava, almeno non con le parole, ma glielo stava rivelando in altri modi: supplicandolo di fare quello che voleva con il suo corpo, offrendosi senza difese, aprendosi completamente fino a succhiargli tutto il vigore, inginoc­chiata davanti a lui.

  L'odio nei confronti di Earl ed Emma era più forte che mai, perché era per colpa loro che non riusciva a esprimere i propri sentimenti. Si chiese che cos'avrebbe mai dovuto fare per spezzare le catene che la tenevano prigioniera.

  Rimasero distesi sul letto per un po', stringendosi l'uno all'altra, senza bisogno di dire nulla.

  Poi, alle quattro e mezzo, Hilary mormorò: "È meglio che vada a casa."

  "Rimani."

  "Nel senso che saresti in grado di rifarlo?"

  "Mio Dio, no! Sono esausto. Voglio solo averti vicina. Dormi qui."

  "Se mi fermo, non riusciremo a dormire."

  "Vuoi dire che tu potresti rifarlo?"

  "Sfortunatamente, amico mio, non ce la farei. Ma do­mani devo lavorare e immagino anche tu. Siamo troppo ec­citati e troppo presi l'uno dall'altra per riposare, se re­stiamo nello stesso letto. Non faremmo altro che conti­nuare a parlare e accarezzarci, senza riuscire a prendere sonno."

  "Be', comunque dovremo imparare a dormire insieme. Dopotutto, passeremo tanto tempo nello stesso letto, non credi?"

  "Moltissimo," ammise lei. "Ma la prima notte è la peg­giore. Quando non sarà più una novità ce la faremo. E io inizierò a presentarmi a letto con i bigodini e la crema sulla faccia."

  "Io invece inizierò a fumare i sigari e a guardare la tele­visione."

 

‹ Prev