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Sussurri

Page 31

by Dean Koontz


  La lama si conficcò nel sacchetto, colpendo il cartone del latte.

  Frye ringhiò per la rabbia.

  Il sacchetto cadde dalle mani di Hilary. Le uova, il latte e il burro si sparsero sul pavimento.

  Frye perse il coltello e si chinò per raccoglierlo.

  Hilary corse verso la scala. Sapeva di avere semplice­mente rimandato l'inevitabile. Non aveva guadagnato più di due o tre secondi e non sarebbero certo stati sufficienti per salvarla.

  Qualcuno suonò il campanello della porta.

  Sorpresa, si fermò ai piedi della scala e si girò.

  Frye si era bloccato con il coltello in mano.

  I loro sguardi si incrociarono e Hilary lesse l'indecisione sul viso dell'uomo.

  Frye si diresse verso di lei, ma aveva perso la sua aria spavalda. Continuò a lanciare occhiate nervose verso l'in­gresso e la porta.

  Il campanello suonò nuovamente.

  Tenendosi alla ringhiera e indietreggiando sulla scala, Hilary gridò con tutto il fiato che aveva in gola.

  Fuori della porta qualcuno urlò: "Polizia!"

  Era Tony.

  "Polizia! Aprite la porta!"

  Hilary non sapeva perché Tony fosse lì, ma non era mai stata così felice nel sentire la voce di qualcuno.

  Frye si fermò quando udì la parola "polizia". Guardò Hi­lary, poi la porta, poi ancora la donna, calcolando le pro­prie possibilità.

  Hilary continuò a urlare.

  Alcuni vetri andarono in frantumi con un fragore tale da far sobbalzare Frye per la sorpresa mentre i frammenti affi­lati si spargevano sul pavimento.

  Hilary capì che Tony aveva rotto la finestra vicino alla porta, sebbene non riuscisse a vedere chiaramente l'in­gresso.

  "Polizia!"

  Frye le lanciò un'occhiata. Hilary non aveva mai visto un odio così profondo come quello che sfigurava il viso dell'uomo e gettava un lampo di pazzia in quegli occhi.

  "Hilary!" gridò Tony.

  "Tornerò," l'avvertì Frye.

  Il morto si girò e attraversò correndo il salotto, verso la sala da pranzo, probabilmente nel tentativo di fuggire dalla porta della cucina.

  Singhiozzando, Hilary si precipitò giù dalla scala, verso la porta da dove Tony la stava chiamando attraverso il ve­tro rotto.

  Tony tornò dal giardino posto sul retro, ripose la pistola d'ordinanza ed entrò in cucina.

  Hilary era in piedi al centro della stanza. Sul bancone, a poca distanza dalla mano destra, c'era un coltello.

  Tony chiuse la porta e disse: "Nel roseto non c'è nes­suno."

  "Chiudila a chiave," ordinò lei.

  "Che cosa?"

  "La porta. Chiudila a chiave."

  Tony obbedì.

  "Hai guardato dappertutto?"

  "In ogni angolo."

  "Attorno alla casa?"

  "Sì."

  "Anche fra i cespugli?"

  "Certo."

  "E adesso?"

  "Chiamerò la Centrale e mi farò mandare un paio di agenti per il rapporto."

  "Non servirà a niente."

  "Non si può mai dire. Magari un vicino ha visto qual­cuno che si aggirava da queste parti. O forse l'hanno visto mentre scappava."

  "Secondo te un morto deve scappare? Un fantasma non può svanire di punto in bianco?"

  "Tu non credi ai fantasmi."

  "Forse non era un fantasma," sbottò. "Forse era un cada­vere ambulante. Semplicemente un tranquillo e pacifico ca­davere ambulante."

  "Tu non credi nemmeno agli zombie."

  "Ah no?"

  "Sei troppo intelligente per quelle stupidaggini."

  Hilary chiuse gli occhi e scosse la testa. "Non so più a che cosa credere."

  La sua voce tremante lo preoccupava. Stava per avere un attacco di nervi.

  "Hilary... sei sicura di quello che hai visto?"

  "Era lui."

  "Ma come è possibile?"

  "Era Frye," insistè.

  "Giovedì scorso l'hai visto anche tu all'obitorio."

  "Ed era morto?"

  "Ma certo che era morto."

  "E chi l'ha detto?"

  "I medici. I patologi."

  "Anche i medici possono sbagliare."

  "Nello stabilire se una persona è morta oppure no?"

  "Ogni tanto si leggono episodi del genere sul giornale," spiegò Hilary. "Decidono che un tizio è spacciato e fir­mano il certificato di morte, poi il cadavere improvvisa­mente si mette a sedere sul tavolo. Può succedere. Non molto spesso. Ammetto che non si verifica tutti i giorni. Forse è un caso su un milione."

  "Diciamo pure un caso su dieci milioni."

  "Comunque può succedere."

  "Non in questo caso."

  "L'ho visto! Qui. Proprio qui. Oggi."

  Tony le si avvicinò, la baciò sulla guancia e le prese la mano gelida. "Ascoltami, Hilary, Frye è morto. A causa delle coltellate Frye ha perso metà del sangue che aveva in corpo. L'hanno trovato in un'enorme pozza rossa. Ha perso tutto quel sangue e poi è rimasto sotto il sole per pa­recchie ore. Non sarebbe potuto sopravvivere."

  "Forse ce l'ha fatta."

  Tony si portò la mano di Hilary alle labbra e le baciò le dita pallide. "No," mormorò con fermezza. "Frye ha perso troppo sangue ed è morto."

  Tony era convinto che quella temporanea confusione e quell'accavallarsi di ricordi fossero dovuti allo choc subito. Hilary stava semplicemente confondendo quell'aggressione con quella della settimana precedente. Nel giro di un paio di minuti avrebbe ripreso il controllo di se stessa e tutto si sarebbe chiarito: si sarebbe accorta che quell'ultima aggres­sione non era opera di Bruno Frye. Non doveva far altro che accarezzarla e parlarle in tono rassicurante, rispon­dendo alle sue strane domande nel modo più ragionevole possibile, fino a quando fosse tornata completamente in sé.

  "Forse Frye non era morto quando è stato ritrovato in quel posteggio del supermercato," proseguì lei. "Forse era solo in coma."

  "Il coroner se ne sarebbe accorto durante l'autopsia."

  "Forse non ha fatto l'autopsia."

  "Se non lui, un altro medico del suo staff."

  "Be', forse quel giorno erano particolarmente occupati, con un sacco di cadaveri, e hanno deciso di stendere un rapporto veloce senza portare a termine il lavoro."

  "Impossibile," replicò Tony. "L'ufficio di patologia è straordinariamente efficiente."

  "Almeno non potremmo controllare?"

  Tony annuì. "Certo. Possiamo farlo. Ma dimentichi che Frye è passato anche fra le mani degli impresari delle pompe funebri. Il poco sangue rimasto sarà stato tolto per introdurre il liquido per l'imbalsamazione."

  "Ne sei sicuro?"

  "Per essere spedito a St. Helena deve essere stato imbal­samato o cremato. È la legge."

  Hilary riflette un attimo, poi proseguì: "E se fosse uno di quegli strani casi? Un caso su dieci milioni? E se l'avessero dichiarato morto per sbaglio? Se il coroner non avesse effet­tuato l'autopsia? E se Frye si fosse messo a sedere sul ta­volo dell'imbalsamazione, proprio mentre l'impresario delle pompe funebri stava per iniziare il lavoro?"

  "Ti stai arrampicando sui vetri, Hilary. Ti renderai conto anche tu che se fossero successe cose simili saremmo venuti a saperlo. Se un impresario delle pompe funebri si fosse ri­trovato con un cadavere che non era un cadavere ma il corpo ormai privo di sangue di un essere umano, puoi stare certa che l'avrebbe trasportato d'urgenza al più vicino ospedale. Probabilmente avrebbe avvertito anche l'ufficio del coroner. Oppure l'avrebbe fatto l'ospedale. In ogni caso, saremmo venuti a saperlo immediatamente."

  Hilary riflette su quelle parole. Tenne lo sguardo fisso sul pavimento mordicchiandosi il labbro. Alla fine, do­mandò: "E che cosa mi dici dello sceriffo Laurenski di Napa County?"

  "Non siamo ancora riusciti ad avere una risposta."

  "Perché no?"

  "Perché lui sta eludendo le nostre domande. Non risponde alle nostre chiamate e non ci ha neppure ritelefo­nato."

  "Be', e secondo te non c'è qualcosa di strano in tutto questo? Deve e
ssere una specie di cospirazione e c'è di mezzo anche lo sceriffo di Napa County."

  "A che genere di cospirazione ti riferisci?"

  "Io... non lo so."

  Continuando a parlarle con dolcezza, sempre convinto che alla fine avrebbe accettato le sue spiegazioni logiche e razionali, Tony proseguì: "Una cospirazione tra Frye, Lau­renski e magari Satana in persona? Una cospirazione per sconfiggere la Morte? Una cospirazione malvagia per resu­scitare dalla tomba? Una cospirazione per ottenere la vita eterna? Secondo me non ha senso. Tu che cosa ne dici?"

  "E vero. Non ha assolutamente senso," sbottò Hilary con aria irritata.

  "Bene. Sono contento che la pensi così. Se tu avessi detto il contrario, mi sarei preoccupato."

  "Eppure, maledizione, qui sta succedendo qualcosa di strano. Qualcosa di straordinario. E secondo me c'è lo zam­pino dello sceriffo Laurenski. Dopotutto, la settimana scorsa ha protetto Frye, ha mentito per lui e ora sta cer­cando di evitarvi perché non sa come giustificare le sue azioni. Non ti sembra un comportamento sospetto? Non ti sembra l'atteggiamento di un uomo implicato in qualcosa di losco?"

  "No. Mi sembra semplicemente un poliziotto imbaraz­zato. Ha commesso un grave errore ed è un rappresentante della legge. Ha coperto un pezzo grosso locale perché era sicuro che non potesse essere colpevole di violenza e ten­tato omicidio. Mercoledì scorso non è riuscito a mettersi in contatto con Frye, ma ha finto di avergli parlato. Era asso­lutamente convinto che Frye non era l'uomo che stavamo cercando. Ma si era sbagliato. E ora prova una tremenda vergogna."

  "E tu ne sei convinto?"

  "Alla Centrale tutti ne sono convinti."

  "Bene, io no."

  "Hilary..."

  "Io ho visto Bruno Frye oggi!"

  Invece di ritornare gradualmente in sé, Hilary stava peg­giorando, trincerandosi dietro l'oscura fantasia dei morti viventi e delle macabre cospirazioni. Tony decise di trat­tarla in modo più brutale.

  "Hilary, non hai visto Bruno Frye. Non era qui. Non oggi. E morto. Morto e sepolto. L'uomo che ti ha assalita oggi era un altro. Hai subito uno choc. Sei confusa. È per­fettamente comprensibile. Comunque..."

  Lei liberò la mano dalla stretta di Tony e si allontanò di qualche passo. "Non sono confusa. Frye era qui. E ha detto che sarebbe tornato."

  "Un minuto fa, hai ammesso che la tua storia non ha senso. Non è forse vero?"

  Seppure con riluttanza, Hilary mormorò: "Sì. È quello che ho detto. Non ha senso. Ma è successo!"

  "Credimi, conosco bene l'effetto che un forte choc può avere sulle persone. Può distorcere le percezioni e i ricordi. E inoltre..."

  "Hai intenzione di aiutarmi o no?" domandò.

  "Ma certo che ti aiuterò."

  "E come? Che cosa possiamo fare?"

  "Per cominciare, stenderemo un rapporto sull'aggres­sione."

  "Non sarà troppo imbarazzante? Quando racconterò che un morto ha cercato di uccidermi, non credi che vorranno rinchiudermi per qualche giorno per sottopormi a una peri­zia psichiatrica? Tu mi conosci molto meglio di loro, ma sei comunque convinto che sia pazza."

  "Non ho detto che sei pazza," replicò, sconcertato dal suo tono di voce, "sei solo turbata."

  "Maledizione."

  "È comprensibile."

  "Maledizione."

  "Hilary, ascoltami. Quando arriveranno gli agenti, tu non dirai una sola parola su Frye. Devi cercare di calmarti, di recuperare il controllo di te stessa..."

  "Ma io ho il controllo di me stessa!"

  "... e di ricordare esattamente che aspetto aveva il tuo as­salitore. Se riuscirai a rilassarti, ricorderai molte più cose e tu stessa ne sarai sorpresa. A quel punto vedrai tutto in modo molto più razionale e ti renderai conto che quell'uomo non era Bruno Frye."

  "Era lui."

  "Forse assomigliava a Frye, ma..."

  "Ti stai comportando proprio come ha fatto Frank Ho­ward l'altra volta," sbottò.

  Tony continuò pazientemente: "Almeno quella volta stavi accusando un uomo che era vivo."

  "Sei esattamente come tutti gli altri," bofonchiò lei, con la voce incrinata.

  "Io voglio aiutarti."

  "Stronzate."

  "Hilary, non puoi trattarmi così."

  "Sei tu che hai cominciato."

  "Io ti voglio bene."

  "E allora dimostramelo!"

  "Sono qui, no? Che altre prove vuoi?"

  "Devi credermi. Sarebbe la prova migliore."

  Tony si rese conto che era profondamente insicura, pro­babilmente a causa delle brutte esperienze avute con le persone che aveva amato e di cui si era fidata. Dovevano averla ferita e tradita in modo brutale, altrimenti non si sa­rebbe spiegato un atteggiamento simile. Soffriva ancora molto per quelle ferite a livello emotivo e cercava un ap­poggio leale e sicuro. Quando lui aveva espresso i propri dubbi sulla sua storia, lei aveva iniziato ad allontanarsi, an­che se Tony non si sarebbe mai sognato di mettere in dub­bio la sua buona fede. Ma, dannazione, non era giusto asse­condarla in quella folle idea: la cosa migliore era cercare di riportarla dolcemente alla realtà.

  "Frye è stato qui oggi," insistè. "Frye e nessun altro. Ma non lo dirò alla polizia."

  "Bene," sospirò lui, sollevato.

  "Perché non ho intenzione di chiamare la polizia."

  "Che cosa?"

  Senza una parola, lei si voltò e uscì dalla cucina.

  Tony la seguì nella sala da pranzo completamente di­strutta. "Dovrai fare una deposizione."

  "Non devo proprio fare niente."

  "L'assicurazione non ti risarcirà se non presenterai il rap­porto della polizia."

  "A questo penserò poi," disse entrando in soggiorno.

  Proseguì in direzione delle scale, con Tony che la se­guiva a breve distanza. "Dimentichi una cosa," esclamò lui.

  "E sarebbe?"

  "Sono un investigatore."

  "E allora?"

  "Ora che sono a conoscenza della situazione, il mio do­vere è quello di presentare un rapporto."

  "Fai pure."

  "Per il rapporto ho bisogno della tua deposizione."

  "Non puoi obbligarmi a collaborare. Non ho alcuna in­tenzione di farlo."

  Quando raggiunsero le scale, lui l'afferrò per un braccio. "Aspetta un attimo. Ti prego, aspetta."

  Lei si voltò e lo fissò. La paura si era trasformata in rab­bia. "Lasciami stare."

  "Dove stai andando?"

  "Di sopra."

  "Che cosa hai intenzione di fare?"

  "Preparo la valigia e mi trasferisco in un albergo."

  "Puoi stare da me."

  "Non credo tu voglia una pazza in giro per casa," sbottò in tono sarcastico.

  "Hilary, non fare così."

  "Potrei essere colta da un raptus e ucciderti nel sonno."

  "So benissimo che non sei pazza."

  "Oh, certo. Credi sia solo un po' confusa. Leggermente svitata. Ma non pericolosa."

  "Sto solo cercando di aiutarti."

  "Bel modo di aiutarmi!"

  "Non potrai vivere per sempre in un hotel."

  "Tornerò a casa quando l'avranno acciuffato."

  "Ma se non presenti una denuncia formale, nessuno si metterà a cercarlo."

  "Lo cercherò io."

  "Tu?"

  "Io."

  Tony si stava innervosendo. "A che gioco vuoi giocare, Hilary Thomas? Alla Giovane Detective?"

  "Potrei assumere degli investigatori privati."

  "Oh, davvero?" chiese bruscamente. Sapeva che ri­schiava di allontanarla ancora di più, ma ormai si era spa­zientito.

  "Davvero. Investigatori privati."

  "E chi? Philip Marlowe? Jim Rockford? Sam Spade?"

  "Sei un figlio di puttana dannatamente sarcastico."

  "Sei tu che mi costringi a esserlo. Forse il sarcasmo riu­scirà a svegliarti."

  "Si dà il caso che il mio agente conosca alcuni investiga­tori privati di prim'ordine."

  "Ti dirò una cosa: non è un lavoro per loro."

  "Fanno di tutto, basta pagarli."r />
  "Non tutto."

  "Ma questo sì."

  "È un lavoro per la polizia."

  "La polizia si limiterebbe a controllare tutti i ladri schedati, gli stupratori schedati e..."

  "E un'ottima tecnica investigativa: precisa ed efficace."

  "Ma questa volta non può funzionare."

  "Perché? Perché l'assalitore è un morto che cammina?"

  "Esatto."

  "Allora forse la polizia dovrebbe controllare i ladri e gli stupratori schedati e già morti?"

  Hilary gli lanciò un'occhiata piena di rabbia mista a di­sgusto. "Per risolvere il caso," proseguì lei, "bisogna sco­prire come faceva Bruno Frye a essere morto stecchito la settimana scorsa e ancora vivo oggi."

  "Per l'amor del cielo, ti rendi conto di quel che dici?"

  Era davvero preoccupato per lei. Quella cocciuta irrazio­nalità lo spaventava.

  "So quello che dico," replicò. "E riconosco anche quello che vedo. Non solo ho visto Bruno Frye, poco fa, in questa casa. L'ho anche sentito. Aveva quella voce gutturale, unica e inimitabile. Era lui. Nessun altro. L'ho visto e l'ho sentito mentre minacciava di tagliarmi la testa e di riem­pirmi la bocca di aglio, come se fossi un vampiro o qual­cosa del genere."

  Vampiro.

  Quella parola fece sussultare Tony perché rappresenta­va un ovvio, anche se sorprendente, collegamento con gli oggetti trovati il giovedì precedente nel furgone grigio di Bruno Frye. Erano strani oggetti di cui Hilary non poteva essere a conoscenza e che lui stesso aveva quasi dimenti­cato fino a quel momento. Si sentì attraversare da un bri­vido gelido.

  "Aglio?" domandò. "Vampiri? Hilary, di che cosa stai parlando?"

  Lei si liberò dalla sua stretta e corse su per le scale.

  Lui la raggiunse. "Che cosa c'entrano i vampiri?"

  Hilary continuò a salire i gradini, rifiutandosi di rispon­dere e anche solo di guardare in faccia Tony. "Non è una bella storia? Sono stata aggredita da un morto vivente che pensava fossi un vampiro. Oh, accidenti! Ora hai la cer­tezza che sono impazzita. Chiama subito una bella ambulanza! E metti la camicia di forza a questa signora un po' matta prima che si faccia male! Accompagnala subito in una comoda stanza imbottita, poi chiudi la porta e getta via la chiave!"

  Mentre Hilary stava per infilarsi in una camera da letto del primo piano, Tony riuscì a raggiungerla. L'afferrò per un braccio.

 

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