Sussurri

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Sussurri Page 51

by Dean Koontz


  Tony si rese conto che, se anche Rita Yancy avesse avuto altre informazioni sui gemelli Frye, né Hilary né Joshua sa­rebbero riusciti a farla parlare. Da un momento all'altro uno dei due sarebbe scoppiato con una frase pungente, sa­lace o cattiva, la donna si sarebbe offesa e avrebbe ordinato loro di andarsene.

  Tony sapeva che Hilary era profondamente scossa dalle analogie esistenti fra la sua stessa infanzia e la tragedia di Katherine e si era infuriata davanti ai diversi atteggiamenti di Rita Yancy: gli scoppi di falso moralismo, i brevi attimi di sentimentalismo sciropposo e poco sentito e invece l'au­tentica e costante mancanza di sensibilità.

  Joshua soffriva di una perdita di stima nei confronti di se stesso perché aveva lavorato per venticinque anni al servi­zio di Katherine senza sospettare la tranquilla follia che ri­bolliva sotto un'apparente calma ben calibrata. Era disgu­stato con se stesso e quindi ancora più irritabile del solito. Inoltre, Rita Yancy era il genere di persona che Joshua avrebbe disprezzato anche in circostanze normali e quindi la sua pazienza era già al limite.

  Tony si alzò dal divano e si avvicinò allo sgabello posto davanti alla sedia di Rita Yancy. Si sedette, giustificando l'azione con il desiderio di accarezzare il gatto. Così fa­cendo, si venne a trovare fra la donna e Hilary e bloccò contemporaneamente Joshua, che sembrava sul punto di afferrare Mrs Yancy per il collo. Dallo sgabello avrebbe po­tuto continuare a interrogarla senza dare nell'occhio. Senza smettere di accarezzare il gatto, Tony continuò a chiacchie­rare con la donna, cercando di accattivarsi le sue simpatie con il fascino e la diplomazia che avevano sempre contrad­distinto Tony Clemenza negli incarichi svolti per conto della polizia.

  Alla fine, le chiese se c'era qualcosa di strano nella na­scita dei due gemelli.

  "Strano?" domandò Mrs Yancy, perplessa. "Non crede che tutta questa maledetta faccenda sia strana?"

  "Ha ragione," ammise. "Forse non le ho rivolto la do­manda nel modo giusto. Volevo sapere se aveva notato qualcosa di strano nella nascita in sé, nel travaglio o nelle contrazioni di Katherine, qualcosa di particolare nello stato dei bambini appena nati. Insomma, qualcosa di ano­malo, di curioso."

  Gli occhi le si illuminarono mentre le parole di Tony fa­cevano scattare un interruttore nella sua memoria.

  "A dire la verità," esclamò, "c'era qualcosa di strano."

  "Mi lasci indovinare," la interruppe. "Entrambi i bam­bini sono nati coperti dalla membrana amniotica."

  "Esatto! Come fa a saperlo?"

  "Ho solo tirato a indovinare."

  "Come no!" Gli sventolò un dito davanti alla faccia. "Lei è molto più in gamba di quanto voglia far credere."

  Si sforzò di sorriderle. Fece molta fatica perché non c'era niente in Rita Yancy che potesse strappargli un sor­riso spontaneo.

  "Sono nati tutt'e due con quella membrana," spiegò. "Avevano la testolina completamente coperta. Natural­mente, al dottore erano già capitati casi del genere, ma se­condo lui c'era una possibilità su un milione che due ge­melli nascessero così."

  "Katherine se n'era accorta?"

  "Della membrana? Non subito. Urlava per il dolore. E nei tre giorni successivi era completamente fuori di sé."

  "Ma poi?"

  "Sono sicura che è stata informata," disse Mrs Yancy. "Non è il genere di cose che si nasconde a una madre. Anzi... ricordo di avergliene parlato io stessa. Sì. Sì, sono stata io. Me lo ricordo benissimo. Era rimasta affascinata. Ci sono persone convinte che un bambino nato coperto dalla membrana amniotica abbia il dono della preveg­genza."

  "Anche Katherine ci credeva?"

  Rita Yancy aggrottò le sopracciglia. "No. Secondo lei era un segno nefasto, non positivo. Leo si interessava di feno­meni soprannaturali e Katherine aveva letto qualche libro della sua raccolta. In uno di questi, c'era scritto che quando due gemelli nascono coperti dalla membrana amniotica, allora... non ricordo esattamente che cosa mi ha raccontato, ma non era niente di positivo. Era un presagio infausto o roba del genere."

  "Il segno del demonio?" domandò Tony.

  "Sì! Proprio così!"

  "Quindi era convinta che i suoi figli fossero contrasse­gnati dal marchio del demonio e che la loro anima fosse già dannata?"

  "Me ne ero quasi dimenticata," disse Mrs Yancy.

  Fissò un punto lontano, oltre Tony, nel tentativo di rivi­vere quegli anni e ricordare il passato...

  Hilary e Joshua rimasero immobili e in perfetto silenzio; Tony fu felice di notare che avevano riconosciuto la sua au­torità.

  Alla fine, Mrs Yancy riprese a parlare: "Katherine mi raccontò che si trattava del marchio del demonio e poi si chiuse in se stessa. Non volle più parlarne. Per un paio di giorni, rimase tranquilla. Stava sdraiata sul letto, gli occhi fissi al soffitto, e si muoveva appena. Sembrava stesse riflet­tendo su qualcosa. Poi, improvvisamente iniziò a compor­tarsi in modo così strano che pensai di nuovo di farla rin­chiudere in una gabbia per matti."

  "Ricominciò a farneticare e a essere violenta come prima?" chiese Tony.

  "No, no. Non faceva che parlare. Discorsi feroci e pazze­schi. Mi raccontò che i gemelli erano figli del demonio. Disse che era stata violentata da una creatura infernale, un essere verde e squamoso con gli occhi enormi, la lingua bi­forcuta e gli artigli. Disse che era venuto apposta dall'inferno per costringerla a partorire i suoi figli. Pazzesco, vero? Continuava a giurare che era la verità. Arrivò persino a descrivere quel demone. Un'ottima descrizione, molto dettagliata. E mentre mi spiegava come l'aveva violentata, riuscì persino a farmi venire la pelle d'oca, anche se sapevo benissimo che erano tutte stronzate. Quella storia era origi­nale, piena di immaginazione. All'inizio pensai che fosse uno scherzo inventato da Katherine per fare quattro risate, ma mi accorsi che lei non rideva, che non ci trovava niente di divertente. Le ricordai che mi aveva parlato di Leo e lei si mise a strillare. Santo cielo, come strillava! Avevo paura che rompesse i vetri. Negò di aver detto cose simili. Si finse offesa. Era talmente arrabbiata con me per aver insinuato l'incesto, talmente ipocrita e presuntuosa da volere a tutti i costi le mie scuse, che non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Si arrabbiò ancora di più. Continuò a ripetere che non era stato Leo, anche se entrambe conoscevamo perfet­tamente la verità. Fece di tutto per convincermi che il pa­dre dei gemelli era un demonio. E vi posso assicurare che recitava benissimo! Naturalmente, non le ho creduto nep­pure per un attimo. Quella stupida storia di una creatura giunta dall'inferno per infilarle dentro il suo affare. Tutte cavoiate! Ma iniziai a chiedermi se lei non ne fosse davvero convinta. Sembrava ci credesse sul serio. Ne parlava in modo fanatico. Aveva paura che avrebbero mandato al rogo lei e i bambini se qualche persona di chiesa avesse scoperto che si era accoppiata con un demonio. Mi sup­plicò di aiutarla a mantenere il segreto. Non voleva che raccontassi a nessuno della membrana amniotica. Poi ag­giunse che i due gemelli portavano il segno del demonio anche in mezzo alle gambe. E mi scongiurò di non rivelare a nessuno quel terribile segreto."

  "In mezzo alle gambe?" domandò Tony.

  "Oh, continuava a comportarsi come una pazza furiosa," proseguì Rita Yancy. "Ripeteva in continuazione che i due piccini avevano gli organi sessuali simili a quelli del padre. Sosteneva che non erano umani in mezzo alle gambe e che anch'io me ne ero accorta. Mi pregò di non parlarne a nes­suno. Be', era semplicemente ridicolo. Quei due bambini avevano il pisellino assolutamente normale. Katherine con­tinuò a farfugliare strane storie di demoni per un paio di giorni. A volte sembrava davvero pazza. Mi chiese quanti soldi volevo per mantenere il segreto sul demonio. Le risposi che non avrei accettato un centesimo per quello, ma che avrei gradito cinquecento dollari al mese per tenere la bocca chiusa riguardo alla faccenda di Leo e tutto il resto. Intendo dire il resto della storia vera. Questo servì a calmarla un po', ma aveva sempre in testa quelle stupidaggini sul demonio. Stavo per convincermi che credesse davvero a quanto andava blaterando e stavo per chiedere al dottore di visitarla, quando improvvisamente non aprì più bocca sull'argomento. Sembrò ritornare in sé. Pensavo si fosse stancata di quello sc
herzo. A ogni modo, non disse più una sola parola sui demoni. Da quel momento si comportò in modo esemplare e circa una settimana più tardi se ne andò con i due bambini."

  Tony riflette sulle parole di Mrs Yancy.

  La donna riprese ad accarezzare il gatto, come una vec­chia strega avrebbe fatto con il suo animale preferito.

  "E se," esclamò Tony, "e se...?"

  "E se che cosa?" domandò Hilary.

  "Non lo so," bofonchiò. "Il mosaico sembra ricomporsi... ma è... così strano. Forse ho rimesso insieme i pezzi in modo sbagliato. Devo rivedere tutto. Non ne sono an­cora sicuro."

  "Bene, avete altre domande per me?" esclamò Mrs Yancy.

  "No," rispose Tony, alzandosi dallo sgabello. "Non mi viene in mente nient'altro."

  "Abbiamo avuto le informazioni che ci servivano," con­venne Joshua.

  "Più di quanto sperassimo," aggiunse Hilary.

  Mrs Yancy sollevò il gatto, lo appoggiò sul pavimento e si alzò. "Ho già perso troppo tempo per questa stupida fac­cenda. Dovrei essere in cucina. Ho molte cose da fare. Questa mattina ho preparato le basi per quattro sformati, ora devo riempirle e mettere tutto in forno. Ho invitato i miei nipotini a cena e ognuno di loro ha gusti diversi in fatto di sformati. A volte quei frugoletti sono delle autentiche pesti. Ma, d'altra parte, sarei persa senza di loro."

  Il gatto saltò sullo sgabello, poi sfrecciò lungo la passa­toia, oltrepassò Joshua e si rintanò sotto un tavolino.

  Nel momento stesso in cui l'animale si bloccò, la casa iniziò a tremare. Due minuscoli cigni di cristallo caddero da una mensola, rimbalzando senza rompersi sullo spesso tappeto. Due quadretti incorniciati scivolarono lungo la parete. I vetri delle finestre tintinnarono.

  "Il terremoto," annunciò Mrs Yancy.

  Il pavimento beccheggiò come il ponte di una nave sul mare in tempesta.

  "Non c'è nulla di cui preoccuparsi," li tranquillizzò Mrs Yancy.

  Il movimento diminuì di intensità.

  La terra insoddisfatta smise di brontolare e si calmò.

  La casa era di nuovo tranquilla.

  "Visto?" esclamò Mrs Yancy. "È passato."

  Ma Tony sentiva che stavano per arrivare altre scosse, anche se non avevano nulla a che vedere con i terremoti.

  Bruno riuscì finalmente ad aprire gli occhi morti dell'altra metà di se stesso e rimase subito sconvolto da quello che vide. Non erano più gli occhi chiari, elettrizzanti e grigio azzurri che aveva conosciuto e amato. Erano gli occhi di un mostro: gonfi, semimarci e protuberanti. La parte bianca era chiazzata di marrone per il travaso di sangue ormai rap­preso. Le iridi erano opache, nebulose e avevano perso l'intensità che avevano avuto in vita, per acquisire l'orribile sfumatura tipica dei lividi.

  Ma più li guardava, meno gli sembravano ripugnanti. Dopotutto erano pur sempre gli occhi della sua altra metà, una parte di se stesso; gli occhi che più di ogni altro cono­sceva, gli occhi di cui tanto si fidava e che adorava, gli oc­chi che avevano fiducia in lui e che ricambiavano il suo amore. Non si limitò a guardarli, li scrutò dentro, andando oltre lo scempio superficiale, per scendere, come faceva spesso in passato, fino al punto in cui le due metà della sua anima si fondevano con passione ed entusiasmo. Non provò più le magiche sensazioni di un tempo, perché ormai gli occhi dell'altro Bruno non ricambiavano più il suo sguardo. Ma anche soltanto la possibilità di sbirciare negli occhi della metà morta risvegliò in lui i ricordi dei giorni in cui era stato un tutt'uno; ripensò al piacere puro e alla dolce soddisfazione di essere da solo con se stesso, lui e l'altro lui contro il resto del mondo, senza la paura di rima­nere solo.

  Si aggrappò a quel ricordo che ormai era l'unica cosa che gli restava.

  Rimase a lungo seduto sul letto a fissare gli occhi di quel cadavere.

  Il Cessna Turbo Skylane RG di Joshua Rhinehart sfrecciava verso nord, fendendo il vento di levante, con destinazione Napa.

  Hilary abbassò lo sguardo sulle colline appassite dall'au­tunno che giacevano qualche migliaio di metri al di sotto delle nuvole frastagliate. Sopra, invece, c'erano solo il blu cristallino del cielo e la scia lontana e stratosferica di un jet militare.

  Più distante, verso ovest, si erano addensati banchi di nuvole grigie, nere e bluastre che si spostavano in massa come navi gigantesche sulla superficie dell'oceano. Prima di sera Napa Valley, così come gran parte dello stato, si sa­rebbe ritrovata sotto un cielo minaccioso.

  Nei primi dieci minuti di volo Hilary, Tony e Joshua ri­masero silenziosi. Ognuno pensava ai propri problemi e ai propri timori.

  Fu Joshua a rompere il silenzio: "Il sosia che stiamo cer­cando deve essere il gemello."

  "È chiaro," confermò Tony.

  "Quindi Katherine non ha risolto il suo problema am­mazzando il secondo bambino," proseguì Joshua.

  "Evidentemente no," ripetè Tony.

  "Ma si può sapere chi ho ucciso io?" domandò Hilary. "Bruno o suo fratello?"

  "Faremo riesumare il corpo e avremo la risposta."

  L'aereo incappò in un vuoto d'aria e di colpo perse quota quasi fosse un otto volante, prima di recuperare fati­cosamente la quota di navigazione.

  Quando finalmente si sentì lo stomaco in posizione normale, Hilary riprese a parlare: "D'accordo, vediamo di par­larne un po' e cerchiamo di trovare qualche risposta. Del resto tutt'e tre stiamo rimuginando sullo stesso problema. Se Katherine non ha ammazzato il fratello gemello di Bruno per evitare che venisse a galla la menzogna di Mary Gunther, che cosa ne ha fatto? Dove diavolo si è nascosto per tutti questi anni?"

  "Be', ci sarebbe sempre la teoria di Rita Yancy," rispose Joshua pronunciando quel nome in modo tale da dare chia­ramente a intendere che il benché minimo riferimento a quella donna lo infastidiva e disgustava profondamente. "Forse Katherine ha davvero abbandonato uno dei gemelli sui gradini di una chiesa o di un orfanotrofio."

  "Non saprei..." fu il commento dubbioso di Hilary. "Questa teoria non mi convince molto, ma non riesco a ca­pire per quale motivo. Mi sembra quasi un cliché... un po' troppo da romanzo. Maledizione. Non è quello che mi aspettavo di sentire. Non so come spiegarlo, ma ho la netta sensazione che Katherine non si sarebbe mai comportata in questo modo. È troppo..."

  "Banale," s'intromise Tony. "Anche la storia di Mary Gunther è troppo banale per i miei gusti. L'abbandono di uno dei gemelli sarebbe stata la soluzione più semplice, più veloce, più facile e più sicura anche se non la migliore dal punto di vista della morale. Ma non sempre si imbocca la strada più semplice, più veloce e più sicura. Specialmente quando si è sotto pressione. E Katherine era decisamente sotto pressione quando ha lasciato il bordello di Rita Yancy."

  "Comunque, non possiamo escludere niente," fece no­tare Joshua.

  "Invece sì," insistè Tony. "Perché se decidiamo di accet­tare la tesi in base alla quale il fratello gemello è stato ab­bandonato e adottato da sconosciuti, non potremo più spiegare come ha fatto a ritrovarsi con Bruno. Dal mo­mento che la nascita non è mai stata registrata, Bruno non avrebbe mai potuto risalire al grado di parentela. L'unica spiegazione possibile sarebbe che si sono ritrovati per caso. E, anche ammesso di accettare questa coincidenza, reste­rebbe da spiegare come mai il fratello, cresciuto ed educato in un ambiente completamente diverso da quello di Bruno, senza nemmeno aver conosciuto Katherine, avrebbe potuto nutrire un tale odio, per non parlare del terrore nei con­fronti della vera madre."

  "Non è facile," ammise Joshua.

  "Resterebbe anche da spiegare come ha fatto il fratello a sviluppare una personalità psicopatica e paranoica che combacia perfettamente con quella di Bruno," aggiunse Tony.

  Il Cessna ronzava verso nord.

  Il vento picchiava contro il velivolo.

  Per un minuto ripiombarono nel silenzio iniziale, all'in­terno dell'abitacolo bianco, rosso e giallastro del costoso e velocissimo monomotore a reazione.

  Infine Joshua sbottò: "Mi dichiaro sconfitto. Non riesco a spiegarmi tutto questo. Non si capisce come abbia fatto il fratello a crescere in un ambiente completamente diverso e, allo s
tesso tempo, sviluppare la stessa psicosi di Bruno. La genetica non sarebbe sufficiente, questo è certo."

  "E tu che cosa ne pensi?" domandò Hilary a Tony. "Che Bruno non è mai stato separato dal fratello?"

  "Forse li ha portati tutt'e due a St. Helena," azzardò lui.

  "Ma dov'è rimasto il gemello per tutti questi anni?" do­mandò Joshua. "Chiuso a chiave in uno sgabuzzino?"

  "No," rispose Tony. "Forse lei l'ha incontrato un sacco di volte."

  "Che cosa? Io? No. Mai. Io ho visto solo Bruno."

  "E se... e se tutt'e due si fossero chiamati Bruno? E se... si fossero scambiati di posto?"

  Joshua distolse lo sguardo dal cielo per fissare Tony ne­gli occhi. "Sta per caso cercando di dirmi che quei due hanno giocato come due bambini per quarant'anni?" chiese scettico Joshua.

  "Non hanno giocato," spiegò Tony. "O comunque per loro non si è trattato di un gioco, quanto piuttosto di una disperata e pericolosa necessità."

  "Non la seguo più," si arrese Joshua.

  Rivolgendosi a Tony, Hilary disse: "Ho capito che ave­vi in mente qualcosa quando hai iniziato a fare doman­de a Mrs Yancy a proposito dei bambini che nascono co­perti dalla membrana amniotica e delle reazioni di Kathe­rine."

  "Esatto," confermò Tony. "Katherine continuava a par­lare di un demonio e questa informazione mi ha aiutato a ricomporre una parte del mosaico."

  "Per l'amor del cielo," sbuffò Joshua spazientito. "Le spiace smettere di fare il misterioso? Cerchi di spiegarsi in modo che anche noi due possiamo capire."

  "Scusate, ma stavo solo pensando a voce alta." Tony si sistemò sul sedile. "D'accordo. State a sentire. Ci vorrà un po' di tempo. Devo tornare all'inizio di tutta la storia... Per capire quello che dirò a proposito di Bruno Frye, dovete prima comprendere Katherine o, se non altro, il modo in cui la vedo io. La mia teoria è questa: in una famiglia in cui la pazzia è stata tramandata nel corso delle ultime tre gene­razioni, l'instabilità mentale aumenta sempre di più, come un fondo fiduciario su cui si reinvestono persino gli inte­ressi." Si agitò nuovamente sul sedile. "Partiamo da Leo. Era un tipo estremamente autoritario. Per essere vera­mente felice doveva avere la possibilità di controllare gli al­tri. Questo era uno dei motivi per cui riusciva così bene ne­gli affari, ma era anche una delle ragioni per cui non aveva molti amici. Sapeva sempre come raggiungere un obiettivo e non mollava nemmeno di un'unghia. Molto spesso, i tipi aggressivi come Leo si avvicinano al sesso in modo alquanto anomalo, considerando il loro carattere: amano es­sere sollevati da qualsiasi responsabilità, amano cambiare ruolo e sentirsi dominati una volta tanto, anche se solo a letto. Ma non Leo. Lui nemmeno a letto. Voleva dominare anche nella sfera sessuale. Godeva nell'umiliare e nel far soffrire le proprie donne, insultandole, costringendole a esibirsi in atteggiamenti osceni, sfiorando la malvagità e il sadismo. Questo l'abbiamo saputo da Mrs Yancy."

 

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