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Rune

Page 19

by Christopher Fowler

— Certo che conta — rispose Harry, affrettandosi a seguirla.

  — Ma la nostra relazione è una cosa seria, di vecchia data. La sua famiglia conosce la mia...

  — Che carino. — Grace fece una smorfia e chiuse lo sportello del frigorifero. — Il tuo latte è andato a male. Scommetto che lei beve solo latte scremato. Sai, questione di linea. Le donne come lei diventano grosse come ippopotami appena dopo il matrimo­nio, hanno questo disturbo metabolico.

  — Grace, ti ho lasciata entrare perché hai detto che avevi del­le notizie per me. Su, parla, poi ci risentiremo domani.

  — D'accordo. — Grace salò un gambo di sedano e lo addentò.

  — Il tizio con cui stavo bevendo al ristorante: ti avevo promesso che ti avrei detto chi era. Si chiama Frank Drake. Siamo stati al­l'istituto d'arte insieme, solo che lui si è ritirato dopo un anno. È un po' strambo, però andavamo molto d'accordo.

  — È strambo, e siete diventati amici? — fece Harry, sarcasti­co. — Stento a crederci. — Guardò l'orologio. Le sette e un quarto.

  — Senti, Harry, gli ho parlato dei tuoi problemi...

  — Per caso gli hai detto che sono sospettato di una serie affa­scinante di omicidi? Mi correggo, morti accidentali stando ai ri­sultati delle inchieste, ma a quanto pare questo particolare non conta nulla per la polizia.

  — Ti sbagli. — Grace prese un altro gambo di sedano dal fri­gorifero. — Frank sta indagando su un fenomeno analogo. Pensa che la polizia sappia tutto. Secondo lui, questi incidenti seguono uno schema ben preciso, e non siamo coinvolti solo noi, ci sono moltissime persone in tutta Londra che negli ultimi tempi...

  — Cos'è questo tizio, un investigatore privato?

  — Un aiuto bibliotecario, ma è molto acuto e fa dei collega­menti, nota cose che agli altri sfuggono...

  — Allora perché è soltanto un aiuto bibliotecario, e non il mi­nistro della Sanità? — Hilary sarebbe arrivata tra otto minuti. Era sempre puntuale. Harry cercò di dirottare Grace verso la porta, chiedendosi se sarebbe riuscito a cancellare il suo profu­mo usando un deodorante. — Grace, devo sistemare questa fac­cenda... lo capisci, no? Ti chiamo domattina e discuteremo della cosa.

  Grace si bloccò sulla soglia. — Lo dici, ma non mi chiamerai, perché non ti fidi di me.

  — Mi fido, mi fido — replicò Harry, mentre il cicalino del ci­tofono suonava all'improvviso. — Solo che sei troppo aggressi­va, troppo...

  — Marlene Dietrich nell'Angelo Azzurro! O Katharine Hepburn in Susanna? Ammettilo, Harry, hai una paura matta di me... Quello era il campanello. — Grace andò verso il citofono.

  — Vuoi che risponda io?

  — No! — Harry attraversò la stanza a precipizio e premette il pulsante sulla parete.

  — Chi è?

  — Harry, chi vuoi che sia? — Privata della modulazione di ba­se, la voce di Hilary scaturì dall'altoparlante tagliente come una lama. — Sta piovendo a dirotto. Fammi entrare.

  — Ehm... aspetta solo un attimo... — Tornò a girarsi verso Grace, disperato. — C'è un'altra uscita sul retro — la supplicò. — Per favore, vai via.

  — Oh, capisco... più tipo Celia Johnson in Breve incontro. Dovevo immaginarlo. — Dietro di loro, il campanello suonò fu­riosamente. Harry premette il pulsante con circospezione, come se temesse di ricevere la scossa.

  — Harry, cosa diamine stai facendo? Sono ormai fradicia, apri la porta!

  — Ci sto provando, Hilary. Dev'esserci qualcosa che non fun­ziona nella serratura elettrica. Hai provato a spingere? — Harry staccò il dito dal citofono prima che lei potesse rispondere.

  — Considera la cosa in questo modo — disse Grace, raziona­le. — Adesso Hilary è una donna molto attraente, te lo concedo. Ma conosco i tipi come lei. Quella bellezza bionda da adolescen­te sfiorisce presto, subentra l'amarezza e dopo qualche iniezione di collagene e qualche lifting non troppo riuscito, ti ritroverai tra i piedi un vegetale isterico agghindato con troppa ricercatezza e del tipo maniaco-depressivo.

  — Non sono un uomo violento — disse Harry, serrando i den­ti. — Ma se non fili verso l'uscita di sicurezza entro dieci secondi, ti sbatterò giù dalla scala antincendio.

  Grace arretrò contro il citofono che ronzava a più non posso, mentre Harry le si avvicinava. — Aspetta, lascia solo che ti fac­cia una domanda. Hilary non ha mai trascorso dieci minuti par­landoti entusiasta di un libro appena letto, sì o no?

  Harry fu preso in contropiede. Rifletté svelto. — No. È trop­po occupata per leggere, fa parte di diversi comitati, è capitana della squadra di...

  — E di una commedia appena vista? Di un articolo di giorna­le?

  — D'accordo — sbraitò Harry — non sarà una cima, però non è una cattiva persona!

  — Proprio come pensavo. Di fronte a un bel pezzo di figliola un uomo è sempre pronto a chiudere un occhio. E com'è sotto sotto?

  — Non l'ho ancora scoperto.

  — Non mi riferivo al sesso, Harry.

  — Non si riferiva al sesso, Harry! — urlò il citofono. Grace con aria colpevole tolse il dito dal pulsante, mentre Harry la spingeva da parte.

  — Hilary, non capisci — gridò al microfono.

  — Non capisco, vero? Dimmi, questa qua fuori è la nuova au­to che ti ha dato l'agenzia? — Si udì un tintinnio di vetri all'altro capo della linea. Harry corse alla finestra e vide Hilary che sbat­teva una bottiglia di latte contro il parabrezza della Ford Granada come se stesse varando una nave, per poi allontanarsi sotto la pioggia traballando sui tacchi alti.

  Harry raggiunse lentamente il divano e si sedette, con la testa stretta tra le mani. — Credo che faresti meglio ad andartene, adesso — disse, con la voce smorzata dalle dita intrecciate. — Sempre che tu non voglia incendiarmi la casa prima di uscire.

  — Ho un'idea migliore. — Grace si sfilò il maglione e gli si in­ginocchiò accanto, insinuandogli le mani tra le braccia. — Siamo adulti responsabili. Discutiamo della tua incapacità di gestire i rapporti seri in camera da letto.

  Harry stentò a credere che il carattere bizzarro di Grace fosse capace di un cambiamento così improvviso. Ma rimase ancor più sorpreso dalla facilità con cui accettò la proposta. Ripensan­doci in seguito, le chiese se avesse programmato quell'incontro in qualche modo. Lei lo assicurò di no, e il discorso terminò lì. Frattanto, la serata trascorse tra dolci carezze e sorrisi al buio, e Grace si spogliò della propria immagine di maschiaccio asessua­to, sostituendola con quella di una donna passionale. La tecnica sessuale di Harry apparentemente non andò oltre un'arrendevo­lezza passiva, ma forse questo era dovuto alle circostanze del­l'incontro.

  Circondata dal suo braccio, mentre lui fissava il soffitto, Grace respirava al ritmo dei battiti del suo cuore. Lentamente si accor­se che il telefono, un aggeggio avveniristico di perspex e metallo cromato, stava emettendo un bip-bip striminzito. Staccandosi da Harry, si drizzò, vide che lui dormiva ancora, e rispose alla tele­fonata.

  — Harry, svegliati. Vuole parlarti. — Lo scosse, finché lui non aprì un occhio.

  — Chi è?

  — Brian Lack. Sembra urgente.

  Harry si drizzò a sedere e prese il ricevitore. La voce all'altro capo della linea cominciò a parlare prima che lui potesse accosta­re l'orecchio alla cornetta.

  — ...di parlare con qualcuno, e la persona giusta sei tu. Che ore sono? Le dieci e mezzo. Possiamo vederci alle undici? Puoi? Non è possibile rimandare a domani, e più presto è meglio è... — La voce continuò, disorientata e agitata.

  Harry cercò di interromperlo. — Brian, che succede? Sei a ca­sa?

  — No, no, non posso andarci, sarebbe il posto peggiore, sono nel West End, in ufficio, a casa è troppo rischioso, impossibile attraversare la città, troppo lontano... — Harry non aveva alcun dubbio: stava ascoltando un uomo che temeva per la propria vi­ta, o talmente sconvolto da credere che la sua vita fosse in peri­colo.

  — Per l'amor del cielo, Brian, non così in fretta, non riesco a capirti. Senti, posso essere lì tra mezz'ora.

  — No, non veni
re qui, ci incontreremo all'aperto, in un posto illuminato e sicuro, anche se non c'è un posto veramente sicuro. Dovevo confidarmi con qualcuno, prima, ma chi avrebbe capito? Nessuno mi crederebbe. Ecco perché è così perfetto. Daniel Carmody è ascoltato dal governo e rispettato dalla nazione. Il parlamento è dalla sua parte. Sai cosa dicono di lui, vero? Dico­no che è la dimostrazione vivente che il capitalismo può essere umano. Naturale che ci siamo fidati di lui. Come potevo saperlo?

  — Sapere cosa, Brian? Cosa sai?

  — Non esiste la responsabilità societaria. Possono fare quello che vogliono e non gli succede nulla. Un po' di chiasso sui gior­nali, un calo temporaneo dell'indice azionario, ma in sostanza non succede nulla. Non possono morire come noi. Possono ucci­dere, ma non possono morire. Essere potenti è come essere im­mortali.

  — Brian, mi spiegherai dopo. Troviamoci... un attimo. — Harry coprì il ricevitore con la mano e si rivolse a Grace. — Un posto bene illuminato dalle parti di Soho, all'aperto, dove possa vedere chi arriva...

  — Trafalgar Square.

  — Brian, ci incontreremo al centro di Trafalgar Square e risol­veremo questa faccenda insieme. È un posto abbastanza fre­quentato?

  Si sentì un sospiro di sollievo. — Va bene, Harry. Ma quan­do? Sono un uomo segnato, ormai. Ogni passo che faccio è peri­coloso.

  — Vedrò di farcela in venti minuti.

  — Mi crederai?

  — Ci proverò, Brian, ci proverò.

  Nonostante le proteste di Grace, tre minuti dopo Harry lascia­va l'appartamento da solo; dopo aver staccato i frammenti di ve­tro rimasti ai bordi del parabrezza della Ford Granada, partì alla volta del West End, con la pioggia che gli bagnava la faccia e il cruscotto.

  28

  Fiere ferali

  Brian Lack si fermò sotto i platani frusciami sul lato ovest della piazza e fece il punto della situazione. L'area attorno alle grandi fontane silenziose era quasi deserta, come i passaggi pedonali e le scale che scendevano dalla National Gallery. Costeggiò la piazza tenendosi accanto ai tronchi degli alberi, controllando che non ci fosse nulla di sospetto. Perfino il picchetto permanente all'esterno della South Africa House era poco numeroso quella notte. Un manipolo di studenti e un unico poliziotto vegliavano solitari in quel punto, dove un tempo l'eleganza di stucchi del Morley's Hotel aveva fronteggiato le fontane granitiche.

  Un'improvvisa brezza notturna premette una mano gelida sul dorso della giacca dell'imprenditore che avanzava nell'ombra. Sussultando, Brian si girò e lanciò un'occhiata apprensiva dietro di sé, ma non scorse nulla. Lungo il lato sud della piazza, un paio di autobus a due piani si misero in fila pazienti come elefanti, in attesa di raggiungere Whitehall. La quiete della piazza era insoli­ta ma gradita, perché riduceva il pericolo di un attacco di sorpre­sa. Una decina di piccioni inzaccherati zampettarono accanto ai suoi piedi, diretti a un cestino dei rifiuti pieno di cartoni di ham­burger e sacchetti di popcorn. Sotto l'intreccio minuzioso di ca­pelli, il cuoio capelluto di Brian formicolò. Controllò di nuovo l'orologio. Ormai, Harry non poteva tardare ancora. Forse era già arrivato e stava guardando la piazza vuota dalla scalinata. Ma in tal caso l'avrebbe chiamato, e avrebbe alzato una mano per farsi riconoscere, no?

  Inforcò gli occhiali che a volte portava per guidare, e mise a fuoco l'orizzonte. La splendida colonna corinzia scanalata da cui Lord Nelson contemplava la città distava non più di un centinaio di metri. Brian era di fronte a uno dei bassorilievi che ornavano la base della colonna, una scena che raffigurava la Battaglia del Nilo. Udì un verso ai suoi piedi, e un piccione grottesco con un occhio solo lo superò zoppicando.

  Alzò il capo, con la fronte che luccicava per il riflesso di un lampione. Non c'era nessuno. Ma forse lo sorvegliavano dagli edifici vicini, no? In una di quelle finestre buie poteva celarsi una figura curva su un fucile. Sarebbe stato un bersaglio facilissimo se si fosse spinto in mezzo alla piazza! Quello che sapeva era suf­ficiente a giustificare la sua uccisione. Quei pensieri di cecchini appostati erano soltanto il frutto assurdo della sua immaginazio­ne, o i suoi ultimi istanti di vita stavano scorrendo silenziosi men­tre lui se ne stava lì a riflettere sul proprio destino? Si passò le dita sulla fronte, premendo forte, avvertendo la sensazione dolo­rosa di spire di filo metallico che si stringevano. Doveva sforzarsi di pensare, sgombrare la mente e ricordare gli avvenimenti della serata...

  Non riuscendo a rimanere in casa tant'era agitato, era andato in ufficio. Là, si era ritrovato seduto sulla vecchia poltroncina di Willie Buckingham, di fronte alla scrivania, ed era stato assalito dai sensi di colpa. Le poche cose rimaste del vecchio erano state portate via dopo il funerale dalla povera Beth.

  Brian ricordò la sera del contrasto, quando Willie lo aveva af­frontato esigendo una spiegazione. All'inizio, Brian aveva cerca­to di fingere di non sapere nulla, ma ben presto si era reso conto che Willie aveva compreso la verità. Aveva detto di avere visto qualcosa che sporgeva dal cassetto in basso della scrivania di Brian, un angolo bianco. Normalmente, avrebbe badato ai fatti suoi. Il foglio spiegazzato che gli si era aperto in mano era solo un promemoria, una nota relativa a un errore nello stock, niente di importante eppure...

  Willie Buckingham ammetteva di avere una mente da buro­crate. Era un pregio e un difetto. Alcuni lo consideravano me­schino, ma lui conosceva l'importanza dell'attenzione ai partico­lari. Per questo ricordava tutti i numeri delle partite di materia­le... e quello indicato nel promemoria non esisteva.

  Era andato nel magazzino. Aveva controllato le casse. Indivi­duato la spedizione impossibile. Confrontato il numero di serie sulla nota con quello sul lato della cassa. C'era un piede di porco appoggiato alla parete. Aveva infilato l'estremità dentata della sbarra sotto il coperchio della cassa e aveva fatto leva. Il coper­chio si era aperto facilmente. Dapprima, Willie era rimasto delu­so vedendo il contenuto della cassa. Ma era subentrato il sospet­to. Poi, qualcosa di peggio...

  Un rumore, alle spalle di Brian. La piazza era ancora deserta. Gli specchi d'acqua delle fontane increspati dal vento. Nessun autobus in giro adesso, tutti partiti in direzione di Whitehall e dello Strand, lungo Charing Cross e Pali Mail. Le foglie dei pla­tani danzarono davanti a lui quando il vento cominciò ad alzarsi lentamente. In cielo, una rapida processione di nuvole rifletteva le luci della città. Aveva inclinato talmente il capo all'indietro che per poco non perse l'equilibrio cadendo sul selciato. In lon­tananza, una figura scura superò svelta i paracarri di granito al­l'estremità della piazza, attraversò la strada oltre St.Martin-in-the-Fields e sparì.

  Ancora nessuna traccia di Harry. Che fare? Non c'erano posti sicuri. Come tornare a casa, se Harry non fosse venuto? Osser­vò l'orologio: sembrava un ubriaco che cercasse di decifrare l'o­ra. Le undici e qualche minuto... gli autobus erano ancora in servizio. Gli autobus sono pericolosi. Non sai chi possa essere il tìzio che ti siede accanto. Si ritrovò sul bordo della fontana, si chinò e si spruzzò in faccia l'acqua gelida. Lo shock lo aiutò a rendersi conto dell'assurdità della sua paranoia. Ancora cinque minuti e sarebbe andato a casa. La piazza era così silenziosa, nemmeno il rumore del traffico. Un cigolio. Un cigolio di... le­gno? Metallo?

  Ancora.

  Si appoggiò al bordo dello specchio d'acqua, ascoltando atten­tamente.

  Eccolo di nuovo... un altro cigolio metallico... come un pon­teggio al vento, come il gemito di acciaio di una nave sfasciata dal mare in burrasca. Alzò lo sguardo verso la piazza di fronte a lui. La colonna di Nelson, simbolo di permanenza, quarantacinque metri di razionalità storica, e alla base, quattro leoni di bronzo, i leoni di Landseer, ognuno alto quanto quattro uomini, lungo sei metri, fiero e feroce com'era stato un tempo l'impero.

  Mentre li osservava, un leone si girò a guardarlo.

  Brian spalancò gli occhi, finché non cominciarono a bruciargli. Il leone era immobile, ma i suoi occhi di bronzo vacui fissavano quelli dell'uomo, aspettando che si mettesse a correre. Brian trattenne il respiro, non osò muoversi. Lo scricchiolio metallico risuonò ancora e, mentre lui assisteva alla scena inorridito
, il leo­ne si alzò lentamente dal piedistallo, si fermò un istante, quindi scese sul selciato. Uno stridore acuto lacerò l'aria, e un secondo leone drizzò la testa massiccia, seguendo la direzione dello sguardo del compagno.

  Il cuore gli martellava nel petto, così forte che il branco se ne sarebbe certo accorto, pensò Brian. Lentamente, tutti e quattro i leoni lasciarono la base del monumento e cominciarono ad attra­versare la piazza dirigendosi verso di lui, posando circospetti le enormi zampe di bronzo sulla pietra, come gattini che muovesse­ro i primi passi incerti.

  Ma non erano gattini. Uno sguardo ai loro occhi spenti, e Brian capì che avevano fiutato la preda e si accingevano a ucci­derla. Si avvicinarono cigolando e sferragliando, con un clangore amplificato dal loro interno cavo. Brian si girò di scatto e si stac­cò dalla fontana, si mise a correre verso il lato est di Trafalgar Square, verso la South Africa House. Il picchetto era ancora là davanti. Perché non avevano gettato i loro striscioni e non erano fuggiti? Sembravano ignari dell'avanzata di quei carnivori metal­lici. Un nuovo rumore, un suono cupo e cavernoso, echeggiò, fa­cendo vibrare l'aria attorno a lui. Uno dei leoni aveva aperto le fauci e stava ruggendo alle nuvole che scorrevano, quasi cercasse di aprire le porte del cielo.

  Mentre raggiungeva la ringhiera che fiancheggiava il lato della piazza, Brian scivolò e cadde pesantemente sul torace, spellan­dosi i palmi e strappandosi i calzoni al ginocchio. Dietro, i leoni si avvicinavano ancora, le teste poderose alzate, seguendo la trac­cia umana. Il loro capo, la prima creatura che si era alzata dal piedistallo, si fermò e si sedette sulle zampe posteriori; nel chia­rore dei lampioni, la sua pelle levigata sprigionava riflessi smorti. Dalle narici uscì il sibilo lieve di un respiro, simile al soffio d'aria nel pozzo di un ascensore. Gli altri leoni arrivarono alle spalle del capobranco e si arrestarono a rispettosa distanza. Riprovavano quella creatura piagnucolante di fronte a loro. Volevano che mo­risse da uomo. Soffocando i singhiozzi, Brian si alzò vacillando e si asciugò le mani insanguinate sulla giacca. Poi fuggì.

 

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