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02 Hold Me. Qui

Page 29

by Kathinka Engel


  Solo adesso mi accorgo che anche Zelda sta piangendo. Poi ride. Piange e ride, e io piango e rido insieme a lei.

  «La sai una cosa?» domanda, quando ci calmiamo entrambi.

  «Cosa?»

  «Secondo me quando qualcuno ride e piange insieme, da qualche parte si forma una specie di arcobaleno di emozioni.»

  Non posso fare a meno di ridere, un’idea del genere poteva venire soltanto a Zelda. Poi indico le sue unghie multicolore. «Eccolo», dico, intrecciando le mie mani alle sue.

  43

  Zelda

  PER un po’ ci teniamo stretti e basta, io assaporo il calore di Malik e il silenzio nella mia testa. Le sue spalle sussultano ogni tanto, come per smaltire i postumi di quello che lui ha sofferto a causa mia. Ma d’ora in poi andrà tutto bene.

  Il mio stomaco brontola e mi rendo conto che, a parte il mezzo croissant di stamattina, non ho mangiato niente. Ero troppo nervosa per pensare al cibo.

  «Hai fame?» chiede Malik.

  «A quanto pare», rispondo sorridendo.

  «Non credo ci sia granché a casa, negli ultimi tempi non sono stato molto… casalingo.»

  «Ahahah, tanto per un po’ di tempo non potremo comunque permetterci molto», dico ridendo. «Saremo poveri in canna.»

  «Andiamo a vedere, magari Rhys ha fatto la spesa.»

  Ci alziamo e andiamo in cucina, mano nella mano. Malik apre un armadietto e tira fuori un mezzo pacco di spaghetti.

  «Bingo!» esclama posandoli sul bancone.

  Poi apre il frigo e scuote la testa. «Che tristezza.»

  Mi avvicino e, in effetti, a parte una lattina di birra, del ketchup, un cartone di succo d’arancia e un barattolo di marmellata non c’è altro.

  «Pasta al ketchup?» propone lui.

  «Per me alla marmellata», dico sorridendo.

  Malik mi abbraccia di nuovo, come per assicurarsi che io sia davvero qui, poi mi fa sedere sul bancone e mette a bollire l’acqua per la pasta.

  Quando è pronta la divide in due piatti, il suo lo condisce con il ketchup, io invece comincio a versare sul mio generose cucchiaiate di marmellata. Malik scuote la testa incredulo, ma io so cosa sto facendo.

  «Ogni tanto la nostra cuoca mi faceva la pasta così. A volte solo con burro e zucchero, a volte con la marmellata.» Arrotolo una manciata di spaghetti sulla forchetta e me la infilo in bocca. Come a sottolineare la genialità di questa ricetta, dalle labbra mi sfugge un «mmm». Mi sembra la cosa migliore che abbia mai mangiato.

  Anche Malik pare gustarsi il suo magro pasto, che divora con l’appetito di un lupo, come se non mangiasse da giorni.

  «È incredibile», dice quando i nostri piatti sono vuoti. «Sei tornata davvero?»

  «Be’, tu che dici?» gli chiedo con un sorriso sfacciato.

  «Che potresti anche essere una mia allucinazione.»

  «E le allucinazioni possono far questo?» Gli sfioro la guancia con un bacio.

  Invece di rispondere, mi prende la testa tra le mani e appoggia la fronte alla mia, inspirando a fondo. Abbiamo entrambi gli occhi chiusi e assaporiamo l’uno il profumo dell’altra. Stringo le braccia al collo di Malik, e cerco le sue labbra con le mie. Quando si incontrano, ogni remora sparisce, non ci sono più dubbi. Ci siamo soltanto Malik e io. Ho la sensazione di essere di nuovo me stessa, dopo chissà quanto tempo, e anche il mio cuore sembra essersi liberato dalle catene, con un trucco alla Houdini.

  All’inizio il nostro bacio non è così intenso e bramoso come quello della festa. È un bacio lento, colmo di dolcezza e della consapevolezza di esserci ritrovati, ma ben presto non riusciamo più a trattenerci. Affondo le mani nei capelli di Malik e mi stringo al suo corpo.

  «Ho anche pensato ai preservativi», sussurro senza fiato.

  Malik riprende a baciarmi, e mi accorgo che sta sorridendo. Non riusciamo nemmeno a uscire dalla cucina, ci sdraiamo a terra, senza interrompere il bacio. Lui mi adagia con delicatezza sul pavimento, si mette sopra di me, e io mi lascio sfuggire un gemito quando sento la sua erezione. Chiudo gli occhi e sorrido.

  «Sei così bella», sussurra Malik.

  Poi mi accarezza la pancia. Non voglio più aspettare, perciò mi metto a sedere e mi tolgo la maglietta, dopodiché mi sdraio di nuovo. Malik mi accarezza i capelli, il viso, il collo, e poi la clavicola e le braccia. È come se volesse toccare ogni parte del mio corpo. E, dopo le mani, arrivano le sue labbra. Bacia ogni centimetro della mia pelle e io mi eccito sempre di più.

  Come fa lui a resistere così tanto? Finalmente mi sfila la gonna, i leggings con le zebre e le mutandine, mi allarga le gambe con le sue braccia forti e mi accarezza. Io mi protendo verso di lui, che però ha evidentemente altri piani, perché si china su di me e comincia a baciarmi dolcemente tra le gambe, stuzzicandomi il clitoride con la lingua, prima con delicatezza, poi sempre più intensamente, fino a strapparmi un gemito.

  «Ti voglio», dico.

  «Sono qui», mormora lui, interrompendo solo per un istante il gioco della sua lingua.

  «No, ti voglio dentro di me.» Con gli occhi ancora chiusi, lo attiro a me. «Quello puoi farlo molto volentieri un’altra volta, adesso non posso aspettare!» esclamo baciandolo. «Nella mia borsa…»

  Non devo dire altro, con un solo balzo lui è già in corridoio, dove ho lasciato la borsa, e dopo un secondo è di nuovo da me. Si libera dei pantaloni e infiliamo insieme il preservativo. Un attimo dopo, Malik è di nuovo sopra di me, sento la sua erezione contro il mio corpo.

  Mi accorgo che sta cercando di essere delicato, sta tentando in ogni modo di trattenersi, ma non è quello che voglio. Adesso l’unica cosa che desidero è sentirlo finalmente, finalmente, dentro di me. Mi inarco verso di lui, per fargli capire che sono pronta ad accoglierlo.

  Anche Malik sembra non voler più aspettare, e in un solo movimento è dentro di me. Io gemo, e anche a lui sfugge un ansito colmo di passione.

  Ecco, questo momento per me equivale alla felicità assoluta. Sentire Malik su di me e dentro di me, muovermi insieme a lui al ritmo della nostra passione è assolutamente appagante. Con le palpebre socchiuse osservo il suo corpo bellissimo, e il suo viso, che ai miei occhi è perfetto. Continuiamo a muoverci lentamente, lui è un’onda del mare e io la sabbia sulla spiaggia. Mi invade, poi si ritira, e si porta dietro un pezzetto di me finché non esplodo in un orgasmo, e lui mi segue un istante dopo.

  Restiamo abbracciati sul pavimento della cucina, io gli sfioro il petto con un dito e lui mi stringe a sé.

  «Sei una meraviglia», dice.

  Ridacchio. «Direi proprio di no.»

  «E invece sì. Intorno a me era tutto offuscato, poi sei arrivata tu e mi hai risvegliato.»

  «Ce l’avresti fatta anche da solo.»

  «Questa volta no, credimi. Non lo volevo. Non senza di te.»

  Mi chino su di lui e lo bacio.

  «Adesso cosa hai intenzione di fare?» mi chiede.

  «Stare con te.»

  Lui fa una smorfia. «E i tuoi genitori?»

  «Non credo che si metteranno più tra di noi.» Dirlo ad alta voce rende tutto più reale, ma in un modo che non fa paura. Anzi, è liberatorio.

  «Vuol dire che non ti sosterranno più economicamente.»

  «No, di sicuro no», dico, ma poi scoppio a ridere. «Ma tanto ho un piano.»

  Malik mi guarda incuriosito.

  «Negli ultimi giorni ho parlato molto via messaggio con tua sorella, che mi ha messa in contatto con la madre della sua migliore amica, quella che ha il centro estetico. Farò una prima settimana di prova. Lo stipendio non è granché, ma è un inizio.»

  «Mia sorella è un genio», afferma Malik raggiante.

  «Ho parlato anche con Leon e Arush, siamo d’accordo che mi trasferirò nella stanza più piccola dell’appartamento. Arush è ben felice di fare a cambio, e così con lo stipendio del centro estetico potrò almeno pagare l’affitto.» Ripenso alle tabelle elaborate da Elijah. All’inizio credevo fosse impossibile reggermi davvero sulle mie gambe, ma adesso mi sembra la cosa più naturale del mondo. «Devo ancora capire di cosa mi nutrir
ò, ma ho un paio di idee.»

  «Se qualcuno può farcela, quella sei tu», dice Malik, e mi stringe di nuovo tra le braccia.

  44

  Malik

  I MIEI genitori oggi hanno superato se stessi. In tavola ci sono varie pietanze etiopi che emanano un fantastico profumo di zenzero, cipolle e aglio, tre tipi diversi di curry e dell’enjera, il pane tipico fatto in casa. Sono i piatti preferiti della mia famiglia, cucinati secondo le vecchie ricette della nonna di mia madre. La tavola che abbiamo allestito in salotto – ovvero il tavolo della cucina a cui abbiamo accostato alcuni tavolini – quasi si piega sotto il peso di tutto questo cibo.

  Ma abbiamo degli ottimi motivi per festeggiare. Non solo mi sono riconciliato con i miei genitori – era ora –, ma io e Zelda siamo ufficialmente tornati insieme. E a partire dalla prossima settimana comincerò un nuovo lavoro come aiutante di cucina in un elegante ristorante di Pearley. I miei genitori si sono scusati con noi, mia madre in particolare ha preso la cosa molto a cuore. Quando ha salutato me e Zelda, poco fa, ci ha abbracciati entrambi e le è anche sfuggita una lacrima.

  Ma oggi festeggiamo soprattutto il fatto che dalla scorsa settimana Jeannie abita ufficialmente da Amy. Da quando l’ha saputo, Rhys è diventato un’altra persona. Non l’avevo mai sentito fischiettare prima d’ora, invece adesso lo fa in continuazione… davvero in continuazione, al punto che temo non ci metterà molto a darmi sui nervi. È seduto di fronte a me e sorride, al posto del Rhys taciturno e brontolone c’è un fratello maggiore responsabile, che farebbe di tutto per la sua famiglia molto poco convenzionale, composta da sua sorella, dalla sua fidanzata e dalla sua assistente sociale. Tamsin è seduta accanto a Jeannie, stanno leggendo insieme un libro per bambini e sembrano entusiaste.

  «Che profumino, Jade», dice Amy, che all’inizio era incerta se accettare l’invito dei miei genitori. Alla fine l’abbiamo convinta che non c’era nessuna ragione per non farlo. «Grazie mille per avermi invitata.»

  «Dopo tutto quello che ha fatto per nostro figlio e per Rhys, mi sembra il minimo», risponde mio padre alzando un bicchiere. «A lei, Amy.»

  Amy diventa rossa e noi brindiamo tutti insieme.

  «E anche a Rhys e a Malik», aggiunge Amy, immagino per distogliere da sé l’attenzione. «Io ho solo dato loro una spintarella nella giusta direzione.»

  «Più o meno», replica Rhys guardandomi con aria complice.

  «E adesso mangiamo», ordina Jasmine, che si lamenta già da ore di quanto siamo lenti.

  I piatti viaggiano da un capo all’altro del tavolo finché tutti non si sono serviti, e per un attimo regna il silenzio, interrotto solo da qualche «mmm» soddisfatto.

  «Come sta andando la settimana di prova?» chiede Jasmine a Zelda.

  I suoi occhi si illuminano mentre risponde. «È fantastico!» dice. «Ho ancora molto da imparare, ma Fiona ha detto che mi darà una possibilità e le è piaciuta la mia mano ferma.»

  «Quante ore fai?» chiede Tamsin.

  «Venti a settimana. Ma il centro è aperto anche il sabato, e io faccio tempo pieno, perciò devo distribuire le restanti dodici ore nei giorni feriali. Dovrei farcela, o almeno spero.»

  «E il resto dei tuoi piani ha funzionato?» domanda Rhys.

  Sorrido, e Zelda mi stringe la mano sotto il tavolo. La mia ragazza riesce in tutto ciò che si mette in testa di fare, io l’avevo detto.

  «Sì, è andato tutto a posto», dice arrossendo un po’. «Ancora non riesco a crederci.»

  «Che cosa è andato a posto?» chiede Jasmine curiosa.

  «La scorsa settimana avevo appuntamento con una mia professoressa, Miranda, che insegna Scienze politiche e sta lavorando a uno studio sulle pari opportunità in California. Mi ha chiesto se voglio partecipare al gruppo di ricerca come collaboratrice.»

  «Oh, Zelda, è fantastico!» esclama mia madre.

  «Sì, è vero», risponde lei. «Con questi due lavori riuscirò a mantenermi.»

  «Quindi hai deciso di restare all’università», dice Tamsin. «Che bello!».

  «Ehm, sì, penso di sì. Dovendo fare due lavori ci metterò un po’ di più a finire gli studi, ma ne vale la pena. Miranda mi aiuterà a ottenere le proroghe necessarie, e mio fratello Elijah mi presterà i soldi per pagare le tasse. E finalmente ho trovato qualcosa che mi appassiona veramente!»

  «Non tenerci sulle spine!» protesta Jasmine.

  «Mi specializzerò in Scienze politiche. Voglio conoscere alla perfezione il sistema in cui viviamo, perché devo sapere bene con cosa avrò a che fare.» Zelda sorride. «Vorrei provare a rendere questo mondo un po’ più giusto, anche se il mio contributo dovesse essere minimo. È come se negli ultimi mesi avessi aperto gli occhi. Non mi va di vedere gente come i miei genitori arricchirsi sempre di più, mentre altre persone vengono lasciate indietro. È qualcosa per cui vale la pena lottare.»

  Non appena finisce di parlare, restiamo tutti in silenzio per un attimo. Mio padre è rimasto a bocca aperta, gli altri hanno gli occhi spalancati. Poi Tamsin e Amy cominciano ad applaudire, e tutti ci uniamo a loro. Ellie ed Esther sono le più entusiaste, ma soprattutto perché adorano fare casino.

  Io mi tiro un po’ indietro e osservo la tavolata con il petto gonfio di orgoglio. Ci sono i miei genitori con il viso raggiante; accanto a loro le gemelle, Ebony, Theo, e Jasmine, che rendono ogni giorno imprevedibile; e poi Rhys, Tamsin, Amy e Jeannie, che si sono appena trovati, ma sono già un’ottima squadra. E infine c’è Zelda, la mia Zelda, che amo da impazzire e che ha reso la mia vita finalmente completa. Questa è la mia famiglia, penso al colmo della gratitudine. Ho la fortuna di poter stare in mezzo a loro. Una fortuna davvero sfacciata.

  Ringraziamenti

  SCRIVERE la storia di Malik e Zelda è stato curiosamente facile. La trama è venuta fuori da sola, e quei due mi hanno reso davvero semplice imparare a conoscerli e ad amarli. Perciò, cari lettori e care lettrici, spero che anche voi vi siate divertiti a leggere questo libro, tanto quanto mi sono divertita io a scriverlo.

  Come tante altre cose della vita, scrivere non è una cosa che si fa da soli. In particolare, dopo la prima stesura c’è un complesso lavoro di squadra, che coinvolge un sacco di splendide persone, e più tempo si trascorre con loro, più si impara a conoscerle. Sono contenta anche solo per il fatto che hanno arricchito la mia vita, e ovviamente sono grata a tutti per l’impegno che hanno messo in questo progetto.

  Prima di tutto devo citare le mie favolose beta reader: Jennifer, Sabine, Susi, i vostri astuti consigli sono stati la motivazione migliore che potessi mai augurarmi mentre scrivevo. Un grazie speciale va a Barbara per i suoi sensitivity reading, sempre intelligenti e sinceri.

  È sempre difficile avere a che fare con tematiche di cui non si ha avuto esperienza diretta, ma se dovessi fare riferimento solo a quella il contenuto dei miei romanzi sarebbe davvero molto limitato. Per questo sono ancora più felice che così tante persone abbiano condiviso con me i loro pensieri e le loro esperienze, spero di aver reso loro giustizia.

  Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il mio splendido-fantastico-meraviglioso agente Niclas, al quale va un gigantesco grazie. La sua intelligenza e la sua perizia letteraria continuano a sorprendermi, e gli sono valse la mia totale fiducia. Lui è il mio consigliere e il mio protettore nel confuso mondo dei libri e delle case editrici, e come autrice questo è un sostegno davvero prezioso.

  Poi ci sono tutte le persone stupende che lavorano nella mia fantastica casa editrice. Prima di tutte, ovviamente, la mia editor, Greta, a cui sono estremamente grata per gli interventi delicati e prudenti che ha fatto sul mio testo. E per il miglior complimento che un’autrice possa ricevere alla consegna del manoscritto: «Potrebbe andare in stampa anche così». Ringrazio tutte le altre persone che lavorano per la Piper e sono state coinvolte in questo progetto, dietro il successo dei miei libri ci sono il loro lavoro e il loro affetto.

  Grazie inoltre a blogger, bookinfluencer, booktuber e, in generale, a chi ha recensito i miei libri e si è impegnato per presentarli. Questi feedback mi rendono incredibilmente fel
ice e mi convincono di aver fatto qualcosa di buono.

  Infine, devo ringraziare la mia famiglia e i miei amici, i quali sanno che posso essere molto più disponibile e socievole di quanto non sia stata negli ultimi mesi. La loro comprensione e il loro sostegno significano tutto per me. Allo stesso tempo, sono molto contenta che la mia vita ora sia arricchita anche da tante autrici, che con la loro gentilezza e i loro incoraggiamenti riescono a rendere questa follia un po’ più normale.

  E, last but not least: Maxi, che ogni giorno rende la mia vita più bella, che riesce a ispirarmi e a farmi rilassare allo stesso tempo, e che ha imparato a non fischiettare quando è nella stessa stanza dove sto scrivendo. E per questo ha tutto il mio amore e la mia gratitudine.

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