Sussurri

Home > Thriller > Sussurri > Page 11
Sussurri Page 11

by Dean Koontz


  Con aria disgustata, ripetè: "Circa un metro e novanta, cento, centodieci chili, muscoloso, biondo, occhi grigio az­zurri, circa quarant'anni, nessuna cicatrice, nessun segno particolare, nessun tatuaggio e una voce profonda e dal tono gracchiante."

  Frank Howard stava sorridendo. Ma non era un sorriso amichevole. "La descrizione del suo assalitore coincide per­fettamente con quella di Bruno Frye. Nessuna discrepanza. Nemmeno una. Ed è ovvio, dal momento che ci ha riferito che si tratta della stessa persona."

  Il suo modo di formulare le domande appariva assoluta­mente ridicolo, ma c'era sicuramente una ragione. Non era stupido. Hilary sentiva di aver già messo un piede nella trappola, anche se non riusciva a vederla.

  "Vuole per caso ripensarci?" chiese Howard. "Forse esi­ste una minima possibilità che si tratti di qualcun altro? Forse un uomo che ha solo una forte somiglianzà con Frye?"

  "Non sono una stupida," sbottò Hilary. "Era lui."

  "Non esiste la benché minima differenza fra l'assalitore e Frye? Un particolare insignificante?" insisté.

  "No."

  "Neppure la forma del naso o la linea della mandibola?" proseguì Howard.

  "Neppure quello."

  "E assolutamente certa che Frye e il suo assalitore pre­sentassero lo stesso taglio di capelli, gli stessi zigomi e lo stesso mento?"

  "Sì."

  "È sicura oltre qualsiasi ragionevole dubbio che ad assalirla questa sera è stato Bruno Frye?"

  "Sì."

  "Sarebbe disposta a giurarlo davanti alla corte?"

  "Sì, sì, sì!" ripetè Hilary, stanca di essere tormentata.

  "Bene, allora. Bene. Molto bene. Temo che se giurasse in tal senso sarebbe lei a finire in galera. Lo spergiuro è un crimine."

  "Che cosa? Che cosa vuole dire?"

  L'uomo fece una smorfia, decisamente meno amichevole del suo sorriso. "Miss Thomas, quello che voglio dire è... lei è una bugiarda."

  Hilary rimase talmente sbalordita di fronte a quell'ac­cusa così diretta e sfacciata e talmente sconcertata per il tono duro della sua voce che, per un attimo, non riuscì a proferire parola. Non capiva neppure che cosa volesse dire Howard.

  "Una bugiarda, Miss Thomas. Né più né meno."

  Il tenente Clemenza si alzò dalla poltrona marrone e intervenne: "Frank, sei proprio sicuro di quello che affermi?"

  "Oh sì," rispose Howard. "Ne sono assolutamente certo. Mentre era fuori a parlare con i giornalisti mettendosi bene in posa per i fotografi, mi ha chiamato la centrale. Hanno parlato con lo sceriffo di Napa County."

  "Di già?"

  "Oh sì. Si chiama Peter Laurenski. Lo sceriffo Laurenski ha controllato la situazione alla tenuta di Frye, dietro no­stra richiesta, e sai che cos'ha scoperto? Ha scoperto che Bruno Frye non è venuto a Los Angeles. Bruno Frye non è mai uscito di casa. In questo preciso momento, Bruno Frye è a Napa County, a casa sua, tranquillo come un agnel­lino."

  "È impossibile!" gridò Hilary balzando in piedi.

  Howard scosse la testa. "La smetta, Miss Thomas. Frye ha spiegato allo sceriffo Laurenski che aveva intenzione di venire a Los Angeles oggi e di fermarsi per una settimana. Una breve vacanza. Ma non è riuscito a liberarsi in tempo e ha dovuto rinviare tutto e rimanersene a casa per terminare alcuni lavori."

  "Lo sceriffo si sbaglia!" insistette Hilary. "Non è possi­bile che abbia parlato con Bruno Frye."

  "Sta forse dicendo che lo sceriffo mente?" chiese il te­nente Howard.

  "Deve... deve aver parlato con qualcuno che sta co­prendo Frye," mormorò Hilary, rendendosi conto di quanto fosse poco plausibile una simile teoria.

  "No," proseguì Howard. "Lo sceriffo Laurenski ha par­lato con Frye in persona."

  "Ma l'ha visto? Ha davvero visto Frye?" domandò. "O si è limitato a parlare al telefono con qualcuno che fingeva di essere Frye?"

  "Non so se abbiano parlato a faccia a faccia oppure al te­lefono," rispose Howard. "Ma si ricordi, Miss Thomas, che è stata lei a parlarci della particolare voce di Frye. Estrema­mente profonda. Gracchiante. Un brontolio gutturale. Se­condo lei è possibile che qualcuno l'abbia imitata al telefono?"

  "Se lo sceriffo Laurenski non conosce bene Frye, può darsi che si sia fatto trarre in inganno da una pessima imita­zione. Forse..."

  "E un paese piuttosto piccolo. Un uomo come Bruno Frye, un cittadino importante, è conosciuto praticamente da tutti. E lo sceriffo lo conosce molto bene da più di vent'anni," annunciò Howard con aria trionfante.

  Il tenente Clemenza si sentiva a disagio. A Hilary non importava molto ciò che Howard pensava sul suo conto, ma era fondamentale che almeno lui le credesse. L'espres­sione di dubbio apparsa nei suoi occhi era bastata a sconvolgerla, quasi quanto l'atteggiamento arrogante di Ho­ward.

  Voltò le spalle ai due investigatori e si diresse verso l'am­pia vetrata che dava sul roseto, cercando di contenere là propria collera, ma non ci riuscì e si girò di scatto. Furiosa, si rivolse a Howard, sottolineando ogni parola con un pu­gno assestato sul tavolino di cristallo. "Bruno Frye era qui!" Il vaso pieno di rose vacillò, cadde dal tavolo e rim­balzò sul soffice tappeto, disseminando fiori e acqua dap­pertutto. "Che cosa mi dice del divano che ha rovesciato? E degli oggetti in porcellana che gli ho lanciato? E dei pro­iettili che ho sparato? Che cosa mi dice del coltello rotto che ha lasciato qui? E il vestito strappato? E i miei slip?"

  "Può darsi si tratti semplicemente di un'ottima messin­scena," rispose Howard. "Può aver fatto tutto da sola, in­ventandosi qualche dettaglio per suffragare la sua storia."

  "Ma è assurdo!"

  Clemenza intervenne. "Miss Thomas, forse era davvero qualcun altro, qualcuno che assomigliava molto a Frye."

  Anche se avesse voluto accettare quella possibilità, non avrebbe potuto farlo. Obbligandola a descrivere più volte l'uomo che l'aveva aggredita e ad affermare che l'assalitore non poteva essere altro che Bruno Frye, il tenente Howard aveva reso difficile, se non impossibile, per lei accettare la possibilità ventilata da Clemenza. E, comunque, non aveva alcuna intenzione di tornare sui suoi passi. Sapeva di avere ragione. "Era Frye," affermò con calma. "Frye e nessun altro. Non mi sono inventata tutto, non ho sparato nel muro. Non ho rovesciato il divano e strappato i vestiti. Per l'amor del cielo, perché avrei dovuto fare una cosa del genere? Che ragioni potevo avere per inscenare una storia simile?"

  "Io avrei qualche idea," rispose Howard. "Secondo me, conosce Bruno Frye da molto tempo e voi due..."

  "Ve l'ho già detto, l'ho incontrato per la prima volta tre settimane fa."

  "Ci ha raccontato molte altre cose che sono risultate false," proseguì Howard. "Credo che lei conosca Frye da anni, o almeno da parecchio tempo. Probabilmente voi due avevate una storia..."

  "No!"

  "... e per qualche ragione, lui ha deciso di mollarla. Forse si è semplicemente stancato di lei. Forse c'era un'al­tra donna. Qualcosa del genere. Non credo sia andata nella sua tenuta per svolgere le ricerche legate al suo lavoro, come ci ha raccontato. Secondo me si è recata laggiù nel tentativo di ritornare con lui. Voleva appianare le cose con qualche bacio, qualche moina..."

  "No."

  "... ma lui non ne ha voluto sapere. L'ha rifiutata di nuovo. Mentre era là, ha scoperto che aveva intenzione di venire a Los Angeles per una breve vacanza, così ha deciso di vendicarsi. Sapeva che probabilmente non avrebbe orga­nizzato niente per la prima sera in città, si sarebbe limitato a cenare da solo e sarebbe andato a letto presto. Era anche sicura che nessuno avrebbe potuto garantire per lui nel caso in cui i poliziotti avessero deciso di risalire ai suoi spo­stamenti di quella sera. Così ha deciso di accusarlo di tenta­tivo di stupro."

  "Dannazione, ma è disgustoso!"

  "Ma tutto si è ritorto contro di lei," soggiunse Howard. "Frye ha cambiato i suoi piani. Non è venuto a Los Ange­les. Così abbiamo scoperto il suo sporco gioco."

  "Era qui!" Hilary provò l'impulso di afferrare l'investiga­tore per il collo e di stringerglielo fino a farlo ragionare. "Senta, ho un paio di amici che mi conoscono piuttosto bene e che po
tranno raccontarle qualcosa delle mie even­tuali relazioni. Le darò l'indirizzo. Vada a trovarli. Le di­ranno che non c'era assolutamente niente fra me e Bruno Frye. Diamine, aggiungeranno anche che non ho in ballo una storia da un bel po' di tempo. Sono stata troppo occu­pata per poter avere una vita privata. Lavoro molte ore al giorno. Non mi rimane molto tempo per le storie d'amore e di sicuro non mi imbarcherei in una relazione con un uomo che abita dall'altra parte dello stato. Lo chieda ai miei amici. Glielo confermeranno."

  "Gli amici sono notoriamente dei testimoni poco atten­dibili," spiegò Howard. "Inoltre, può anche darsi che vo­lesse mantenere il segreto sull'intera faccenda: una storia d'amore clandestina. Si arrenda, Miss Thomas, si è messa da sola con le spalle al muro. I fatti sono chiari. Lei di­chiara che Frye si trovava in questa casa stasera. Ma lo sce­riffo afferma che, mezz'ora fa, Frye era a casa sua. Ora, St. Helena è a più di seicento chilometri in linea d'aria e a più di ottocento chilometri di strada. Non può essere tornato a casa in così poco tempo. E non poteva trovarsi in due posti contemporaneamente perché, nel caso non lo sapesse, que­sto comporterebbe una grave violazione delle leggi della fi­sica."

  Il tenente Clemenza propose: "Frank, forse dovresti la­sciarmi finire con Miss Thomas."

  "Che cosa c'è da finire? È tutto a posto, finito, kaputt." Howard puntò un dito accusatore verso la donna. "Lei è dannatamente fortunata, Miss Thomas. Se Frye fosse ve­nuto a Los Angeles e fosse stato trascinato in tribunale, lei avrebbe commesso un grave spergiuro. Avrebbe rischiato di finire in galera. Ed è doppiamente fortunata perché non esiste un modo sicuro per punire quelli che, come lei, si di­vertono a farci perdere tempo."

  "Non sapevo che avessimo perso tempo," mormorò Cle­menza.

  "Diamine, certo che sì." Howard fissò la donna. "Le dirò una cosa: nel caso Bruno Frye decidesse di denunciarla per calunnia, le assicuro che testimonierò in suo favore." Quindi si girò e si allontanò, dirigendosi verso la porta dello studio.

  Il tenente Clemenza non accennò a muoversi e, ovvia­mente, aveva qualcosa da aggiungere, ma Hilary non sop­portava che quell'altro se ne andasse senza prima aver ri­sposto ad alcune domande. "Aspetti un attimo," gridò.

  Howard si bloccò e si girò a guardarla. "Sì?"

  "E adesso? Che cos'ha intenzione di fare della mia de­nuncia?" chiese.

  "Parla seriamente?"

  "Sì."

  "Andrò fino alla macchina, annullerò l'identikit di Bruno Frye e poi la mia giornata sarà conclusa. Tornerò a casa e mi berrò un paio di birre gelate."

  "Vuol dire che ha intenzione di lasciarmi qui da sola? E se dovesse tornare?"

  "Oh, Cristo!" sbottò Howard. "La smetta di recitare que­sta commedia!"

  Lei gli si avvicinò di qualche passo. "Non mi importa quello che pensa, non mi importa quello che sostiene lo sceriffo di Napa County: io non sto recitando una comme­dia. Le spiacerebbe lasciare qui un agente per almeno un'ora in modo che possa chiamare un fabbro e farmi cam­biare le serrature?"

  Howard scosse la testa. "No. Che mi venga un accidente se spreco ancora il tempo prezioso della polizia e il denaro dei contribuenti per fornirle una protezione di cui non ha certo bisogno. La smetta. Ormai è finita. Ha perso. Se ne deve rendere conto, Miss Thomas." E uscì dalla stanza.

  Hilary andò verso la poltrona marrone e si sedette. Era esausta, confusa e spaventata.

  Clemenza mormorò: "Farò in modo che gli agenti Whitlock e Farmer rimangano con lei fino a quando avrà cam­biato le serrature."

  Hilary alzò lo sguardo verso di lui. "Grazie."

  Clemenza si strinse nelle spalle. Era decisamente a disa­gio. "Mi dispiace non poter far altro per lei."

  "Non mi sono inventata tutta questa storia," ripetè.

  "Le credo."

  "Frye è stato qui questa sera," proseguì.

  "Non dubito che ci fosse qualcuno ma..."

  "Non qualcuno. Frye."

  "Se provasse a riconsiderare la sua deposizione, po­tremmo continuare a occuparci del caso e..."

  "Era Frye," ripetè senza più rabbia nella voce ma con molta stanchezza. "Era lui e nessun altro."

  Per un lungo istante, Clemenza la osservò con interesse e i suoi occhi color nocciola erano pieni di comprensione. Era un bell'uomo, ma non era l'aspetto che lo rendeva particolarmente attraente: dai suoi lineamenti italiani si spri­gionavano un indescrivibile calore e una grande gentilezza. Sul viso aveva dipinto un interessamento autentico e quasi tangibile e Hilary ebbe la certezza che aveva davvero a cuore la sua situazione.

  Clemenza la tranquillizzò: "Ha vissuto una brutta espe­rienza. Ed è scossa. È perfettamente comprensibile. A volte, in casi come questo, succede che la percezione sia di­storta. Forse quando riuscirà a calmarsi, ricorderà le cose in modo leggermente... diverso. Passerò da lei domani. Forse avrà qualcosa di nuovo da aggiungere."

  "Sono sicura di no," disse Hilary senza esitare. "Ma gra­zie per... essere stato così gentile."

  Le parve che fosse riluttante ad andarsene. Poi uscì e lei rimase sola nello studio.

  Per un paio di minuti, non riuscì a trovare la forza di al­zarsi dalla poltrona. Era come se fosse sprofondata nelle sabbie mobili e avesse esaurito tutte le forze nell'este­nuante e inutile tentativo di fuggire.

  Alla fine si alzò, andò alla scrivania e alzò il ricevitore. Pensò di chiamare la tenuta di Napa County ma si rese conto che non avrebbe ottenuto nulla. Conosceva solo il numero dell'ufficio. Non aveva il numero di telefono della casa di Frye. Anche ammesso di riuscire a ottenere il nu­mero tramite il centralino, non avrebbe certo potuto risol­vere quell'enigma. Se avesse potuto chiamarlo a casa, le possibilità erano solo due. Uno: Frye non rispondeva e questo non avrebbe dimostrato né che aveva ragione lei né che lo sceriffo Laurenski aveva detto la verità. Due: Frye rispondeva, lasciandola di stucco. E a quel punto? Avrebbe dovuto riesaminare gli avvenimenti di quella sera, accet­tando il fatto che l'uomo con cui aveva lottato era qual­cuno che assomigliava solo a Bruno Frye. O forse non asso­migliava per niente a Frye. Forse i suoi sensi erano tal­mente scossi da farle notare una somiglianzà che non esi­steva affatto. Come si fa a capire quando si inizia a perdere il contatto con la realtà? Come inizia la follia? Si insinua lentamente nel corpo o ti assale all'improvviso, senza avvi­sarti? Doveva considerare la possibilità di essere sul punto di impazzire perché, dopotutto, c'erano già stati casi di fol­lia nella sua famiglia. Per molti anni aveva temuto di mo­rire com'era morto suo padre: con gli occhi spiritati, in preda al delirio, agitando una pistola e cercando di sbaraz­zarsi di mostri inesistenti. Tale padre, tale figlia?

  "L'ho visto," ripetè a voce alta. "Bruno Frye. In casa mia. Qui. Questa sera. Non l'ho immaginato e non soffro di allucinazioni. L'ho visto, dannazione."

  Aprì le Pagine Gialle e chiamò un fabbro aperto ventiquattr'ore su ventiquattro.

  Dopo aver lasciato l'abitazione di Hilary Thomas, Bruno Frye guidò il furgoncino Dodge color grigio fumo fuori di Westwood. Si diresse verso sudovest, a Marina Del Rey, un piccolo porticciolo ai confini della città; un luogo di lus­suosi appartamenti, condomini, negozi e ristoranti ricca­mente addobbati, anche se niente di eccezionale, la mag­gior parte dei quali godeva di ampia vista sul mare e sulle migliaia di barche attraccate lungo i canali artificiali.

  Lungo la costa stava avanzando la nebbia, come una vampata glaciale che si sprigionava dall'oceano. In alcuni punti era fitta, in altri più rada, ma procedeva inesorabil­mente.

  Parcheggiò il furgoncino in un posteggio nei pressi del molo e rimase seduto al volante per un minuto a contempiare la sua disfatta. Sicuramente la polizia avrebbe iniziato a cercarlo, ma solo fino a quando avesse scoperto che era rimasto nella casa di Napa County per tutta la sera. E an­che se avessero iniziato le ricerche nell'area di Los Angeles, non avrebbe corso alcun rischio, dal momento che non sa­pevano quale macchina stesse guidando. Era sicuro che Hi­lary Thomas non avesse visto il furgone quando se n'era andato, perché l'aveva posteggiato a tre isolati di distanza.

  Hilary Thomas.

/>   Ovviamente non era il suo vero nome.

  Katherine. Ecco chi era veramente. Katherine.

  "Troia puzzolente," esclamò ad alta voce.

  Lo terrorizzava. Negli ultimi cinque anni, l'aveva ammaz­zata almeno una ventina di volte, ma lei si era sempre rifiu­tata di morire. Continuava a tornare in vita con un corpo nuovo, con un nome nuovo, con un'identità nuova e un pas­sato ben costruito. Ma lui era sempre riuscito a riconoscere la Katherine che si nascondeva dietro tutte quelle persona­lità. L'aveva incontrata molte volte, l'aveva ammazzata molte volte, ma lei non voleva morire. Sapeva come fare per resuscitare dalla tomba e questo lo terrorizzava ancora più di quanto non avesse mai dato a vedere. Aveva paura di lei, ma non poteva permettersi di farglielo capire, perché se avesse cominciato a sospettare di esercitare un tale potere su di lui, l'avrebbe sopraffatto e distrutto.

  Ma c'è un modo per ucciderla, pensò Frye. Io l'ho già fatto. L'ho uccisa più volte e più volte ho seppellito il suo cadavere in fosse segrete. La ucciderò di nuovo. E forse questa volta non riuscirà a tornare indietro.

  Appena fosse stato abbastanza sicuro di poter ripresen­tarsi nella casa di Westwood senza correre pericoli, l'a­vrebbe ammazzata di nuovo. E questa volta sarebbe ricorso a una serie di riti che si augurava potessero cancellare il suo potere soprannaturale di rigenerazione. Aveva letto diversi libri sui morti viventi, sui vampiri e su altre creature. An­che se lei non era niente di tutto questo, anche se era spa­ventosamente unica, era convinto che i metodi per stermi­nare i vampiri avrebbero potuto risultare efficaci anche contro di lei. Le avrebbe strappato il cuore ancora pul­sante. L'avrebbe trafitto con un paletto di legno. Le avrebbe tagliato la testa. Le avrebbe riempito la bocca di aglio. Avrebbe funzionato. Oh, Dio, doveva funzionare.

  Scese dal furgone e si diresse al telefono pubblico più vi­cino. L'aria umidiccia sapeva vagamente di sale, di alghe e di lubrificante. L'acqua sbatteva contro i pali di sostegno e contro gli scafi delle imbarcazioni aumentando la sensa­zione di abbandono. Attraverso il plexiglas della cabina telefonica si stagliavano file e file di alberi che si ergevano dalle barche attraccate come una foresta spoglia che fa ca­polino nell'oscurità. Più o meno nello stesso momento in cui Hilary Thomas stava chiamando la polizia, lui telefonò a Napa County per comunicare che l'attacco era fallito.

 

‹ Prev