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Nessun Dove

Page 33

by Neil Gaiman


  Completamente diverso lo stile della Vertigo. Le sceneggiature di Gaiman, per esempio, sembrano avere più a che fare con la let­teratura che con i fumetti. Certo, i supereroi della DC Comics com­paiono più volte al fianco del Signore dei Sogni, ma inseriti in un contesto completamente nuovo. Per non parlare poi di Preacher, di Garth Ennis e Steve Dillon, vicenda bella e delirante che con gli eroi in costume non ha praticamente nulla a che spartire. Il prota­gonista di Preacher, Jessie, è un giovane predicatore di Angelville, Texas. Nel primo episodio viene investito da una meteora caduta dal cielo che gli dona il Verbo divino. Già, il Verbo. Con il suo aiuto Jessie può ordinare a chiunque di fare qualsiasi cosa, ma deve vedersela con il Santo degli Assassini che gli da la caccia per ordine degli angeli, minacciati da tanto potere. L'unica possibilità che Jessie ha di sopravvivere è ritrovare Dio, scappato di nascosto dal Paradiso, per capire cosa sta succedendo. E questo è solo l'inizio. In seguito la vicenda si complica ed entrano in ballo un vampiro alcolizzato, una setta religiosa, l'esercito e via discorrendo. «Prea­cher è in parte un noir, in parte un horror, e in parte solo maledet­tamente strano. Be', parecchio strano» ha scritto il romanziere Joe R. Lansdale nell'introduzione al primo volume, mentre Kevin Smith, il regista di Clerks, ha aggiunto in quello successivo: «Se Prea­cher dovesse offendere la delicata sensibilità di certa gente a causa delle loro convinzioni religiose, questo mi rattrista. Perché da uomo che ha una devota fede in Dio (...), io so che il Signore è potente, giusto e amorevole... ed è un grandissimo fan di Preacher». Lan­sdale, scrittore texano (La notte del Drive-in, Mucho Mojo, Fred­do a Luglio), uno degli ultimi progressisti rimasti nel Sud degli Stati Uniti, è autore di un altro fumetto pubblicato dalla stessa casa, Jonah Hex, che ricorda i film di Sergio Leone con l'aggiunta di molto sangue e parecchi zombie. Jonah è un pistolero sfigurato, una specie di vendicatore maledetto con un suo senso dell'onore, che affronta gentaglia di diversa specie in un Far West rude, ani­malesco e sporco.

  Questo stile influenza, trasformato e assorbito, la scrittura di Gaiman, e anche Nessun dove. Come nel caso di Sandman, gli stes­si Preacher e Jonah Hex sembrano guardare alla letteratura e al cinema piuttosto che ai fumetti. James Ellroy, Flannery O'Connor, Lewis Carroll e perfino la mitologia classica, più Shakespeare nel caso di Gaiman. Un modo nuovo di scrivere e disegnare comics. Un bel modo.

  L'immaginario di Gaiman è però ben diverso da quello di Lan­sdale, di Ennis e anche di Miller, tutti e tre profondamente ameri­cani. I suoi scenari, fatti di case inglesi ottocentesche, di vetrate liberty e chiese gotiche, alla fine sono più simili a quelli di Witchblade che di Preacher. In Sandman c'è infatti una matrice fantasy che manca negli altri titoli della Vertigo. Una matrice mischiata a elementi della cultura dark tipica degli anni Ottanta. Il Signore dei Sogni e sua sorella, con la pelle diafana e i capelli neri come la notte, sono una versione riveduta e corretta di Robert Smith dei The Cure, o di Siouxsie. E in fondo anche l'occultismo che pervade tutto il fumetto proviene da quella stessa cultura.

  Nessun dove, nato come serial televisivo per la BBC, ha lo stes­so stile eclettico ma privo delle influenze dark. Appartiene a un genere, la fantasy, ma se ne discosta notevolmente per un'infinità di elementi eterogenei che a volte ricordano le opere di Dickens e di Stevenson. A Londra Sotto, piena di vestigia del passato, sem­bra quasi di rivedere le strade immerse nella nebbia della versione cinematografica di Oliver Twist firmata nel 1948 da David Lean. In Nessun dove, però, gli abitanti di questo mondo in bianco e nero sono si tribù invisibili che vivono in una terra distante benché vicina, ma hanno allo stesso tempo una loro ricchezza. Disprezzano la gente normale quasi come le popolazioni nomadi disprezzano gli stanziali, e conducono una vita che alla fine per Richard è di gran lunga preferibile rispetto alla quella di Londra Sopra. Fin qui nulla di nuovo o di particolarmente originale. Quando però Gaiman scende nei dettagli la cosa si fa molto interessante. I parla-coi-ratti, il mercato ambulante che appare e svanisce senza lascia­re tracce, i frati neri custodi della chiave, la famiglia di Lady Door con la sua innata abilità di aprire porte di ogni tipo, il Marchese de Carabas, il Conte nel suo vagone fantasma, Old Bailey e soprattut­to mister Croup e mister Vandemar, il Gatto e la Volpe collodiani riproposti in versione horror, arricchiscono la storia rendendola ancora più avvincente. Del genere fantasy rimane la struttura di fondo che molto deve a Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. In entrambi i libri c'è una compagnia in cerca di qualcosa (una chiave nel primo caso, un anello nel secondo), in una landa deso­lata e piena di pericoli. E c'è un signore oscuro e malvagio da sconfiggere, che sta tramando contro i nostri eroi e il mondo intero. Di conseguenza Nessun dove potrebbe anche essere il canovac­cio per un'avventura o un'intera campagna del gioco di ruolo Advan­ced Dungeons & Dragons, inventato nella sua prima versione da Gary Gygax nel 1973. Londra Sotto è un posto ideale per un gioco del genere e perfetti sono anche i personaggi. Hunter è visibilmen­te un ranger di livello elevato, il Marchese a tratti assomiglia a un ladro, Lady Porta a una maga con incantesimi di teletrasporto, mi­ster Croup e mister Vandemar sono due assassini potentissimi, Islington un negromante e Richard... be', Richard potrebbe essere un guerriero di primo livello con dei punteggi bassi e pochi punti vita. Alla fine però, grazie a un tiro di dadi fortunato, riesce a dare il colpo di grazia al mostro che si aggira per il labirinto.

  Quel che colpisce è il risultato finale di questa combinazione di elementi già noti, dettagli originali e suggestioni perse da Tolkien, Dickens, Stevenson e Carroll, dal mondo dei fumetti, dall'imma­ginario collettivo. Perfino la vicenda di Richard, che lascia una vita normale per essere catapultato in un'altra realtà, è stata sfruttata ampiamente nel cinema e nella letteratura. Eppure il libro scorre rapidamente come un bel film, anzi riesce perfino a ricreare ma­gia, tensione e atmosfere di quelle stesse opere che evidentemente sono alla base della creatività di Gaiman. Cosi, leggendo Nessun dove, sembra di tornare indietro nel tempo fino a ritrovare la pas­sione fanciullesca per i mondi nascosti, per i personaggi misteriosi e per gli eroi. E dato che il pubblico al quale Gaiman si rivolge non è fatto di ragazzini, i dettagli nel suo romanzo svolgono un ruolo fondamentale, perché servono a ridare vita a una favola che in fondo abbiamo già ascoltato, anni addietro. Immaginare un mon­do come Londra Sotto o una metropoli del futuro come la Los Angeles di Biade Runner, vuol dire creare un'infinità di dettagli credibili e allo stesso tempo evocativi. Cosa sarebbe stato di Blade Runner senza la pioggia, senza mercati orientaleggianti iperaffollati, senza palazzi stile Frank Lloyd Wright? Londra Sotto è popo­lata di personaggi altrettanto particolari, di atmosfere altrettanto dense e luoghi altrettanto affascinanti, a partire dalle stazioni della metropolitana che si trasformano secondo il significato letterale dei loro nomi.

  Al di là degli scenari ottocenteschi comuni a Sandman come a Nessun dove, la similitudine maggiore fra il Gaiman scrittore di romanzi e il Gaiman sceneggiatore è questa capacità di riportare in vita le emozioni del passato. Emozioni provate davanti alle avven­ture di Frodo e dei suoi compagni, e impossibili da resuscitare ri­prendendo in mano Il Signore degli Anelli, dato che i romanzi di Tolkien, come l'opera di Hermann Hesse, del resto, rientrano in quella speciale categoria di libri che sembrano invecchiare preco­cemente all'occhio dei lettori, libri che piacciono in un'età ben pre­cisa e che in un dato momento della nostra vita, e solo in quello, brillano di luce intensa.

  Per funzionare, Nessun dove non ha bisogno di uno stile ricercato. Leggendo il romanzo la scrittura sembra scomparire, permet­tendo al lettore di immergersi completamente nella storia senza filtri né mediazioni. Ed è un peccato che le pagine via via si assottigli­no fino a terminare. In questo, Nessun dove assomiglia a La notte del drive-in, il libro più bello di Lansdale. Una vicenda assurda dove centinaia di persone rimangono intrappolate in un drive-in per giorni e giorni, fino a impazzire. Un altro mondo parallelo in cui, grazie a una capacità immaginativa capace di grandi dettagli e suggestioni, il lettore viene coinvolto dalla prima all'ultima pagi­na, come succede ai bambini
quando gli si racconta una bella fa­vola. E lo stesso accade leggendo Nessun dove, che a differenza de La notte del drive-in è una favola in tutto e per tutto. Una favo­la per adulti, in parte fantasy e in parte solo maledettamente stra­na, come avrebbe detto Lansdale.

  Jaime D'Alessandro

 

 

 


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