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Rune

Page 21

by Christopher Fowler


  31

  Effrazione

  — Cerca di passarmi il piede di porco con disinvoltura — disse Grace, inginocchiata davanti al cancelletto pieghevole d'acciaio.

  — Dai troppo nell'occhio standotene lì con le mani in tasca.

  — Scommetto che il tipo qui vicino vede cosa stiamo facendo.

  — Harry sfilò la sbarra di ferro dai calzoni e la porse alla complice. Di fronte all'edificio accanto, un nero massiccio in smoking con una fascia colorata attorno al capo stava sorvegliando l'in­gresso di una discoteca. Di tanto in tanto, lanciava un'occhiata e li osservava con indifferenza. Verso l'una e mezzo di un freddo lunedì mattina, Wardour Street era ancora sorprendentemente animata. Acid house, reggae, ska e musica soul hip-hop rimbom­bavano indistintamente dalle entrate dei club. Alcune coppie passavano mangiando il contenuto di sacchetti unti. Grace fece leva con il piede di porco, spezzando la catena che bloccava il cancelletto. Poi si alzò e si tolse la ruggine dall'abito nero ade­rente.

  — Dammi le chiavi della porta, e la combinazione dell'allar­me. — Grace tese la mano mentre lui frugava in tasca. La scatola con le cose di Willie che Beth Cleveland gli aveva consegnato conteneva tra l'altro il codice dell'allarme e le chiavi dell'edificio dell'Instant Image. Harry sperava solo che non avessero cambia­to le serrature dopo l'assorbimento. Sgattaiolando oltre il cancel­lo e richiudendolo alle loro spalle, Grace si allungò verso la som­mità della porta e inserì la chiave.

  — Entro prima io — disse Harry. — Devo spegnere l'allarme.

  — Quando lei aprì la porta, risuonò un lieve ronzio e un led rosso cominciò a lampeggiare nel buio. Harry attraversò di corsa l'atrio con passo leggero, battè il numero per disattivare l'allar­me, e il ronzio cessò.

  — Okay — disse. — Possiamo muoverci liberamente. Dobbiamo cercare il reparto contabilità. Non toccare le luci. — Il chiarore delle insegne luminose della via era sufficiente per ve­dere le scale. Al primo piano trovarono i videoduplicatori, impi­lati in scaffalature metalliche. Al secondo piano, c'erano tre pic­coli uffici con targhette sulle porte: "lack", "cleveland" e "buckingham".

  In fondo al corridoio, dietro un tramezzo, scoprirono il repar­to contabilità. La torcia elettrica di Grace inquadrò una serie di schedari verdi. Uno era chiuso a chiave.

  — Cerca un mazzo di chiavi piccole nei cassetti della scrivania

  — sussurrò Harry. — Brian ha portato a casa le sue, ma ci devo­no essere dei duplicati da qualche parte.

  Grace accese una lampada snodabile e l'abbassò in modo che proiettasse un minuscolo cerchio di luce sulla scrivania. Nell'ulti­mo cassetto c'era una cassetta d'acciaio che doveva contenere il contante per le piccole spese. Lo scarpone Dr. Marten di Grace la sfondò facilmente. All'interno c'era una chiavetta che si rivelò essere quella giusta.

  — Ora scopriamo cos'è successo qui — disse Harry. Tirò la maniglia e il primo cassetto dello schedario si aprì silenziosa­mente. La torcia illuminò alcune cartelle marrone piene di ordi­nazioni relative a lavori di duplicazione video. Chiudendo ada­gio, Harry aprì il cassetto centrale. Altre cartelle di ordinazioni. Il cassetto in fondo conteneva una grossa busta sigillata.

  — Come si fa ad aprirla senza che nessuno se ne accorga? — chiese Grace.

  — L'armadio della cancelleria. Cercane una uguale a questa.

  — Harry illuminò controluce la busta, ma non riuscì a distingue­re nulla perché la carta era troppo spessa. Grace tornò con una busta e controllò che le dimensioni fossero quelle giuste. Harry aprì con cura l'involucro e ne estrasse il contenuto. All'interno c'erano diversi documenti personali riguardanti le finanze di Brian Lack. Dietro, due fogli protocollo scritti a macchina. Li di­stese sulla scrivania e cominciò a leggere.

  CARMODY SPEDIZIONE NOVE: CALLANBERG HOLDINGS

  Riunione presenziata da:

  Daniel Carmody, amministratore delegato, odel Inc.

  Samuel Harwood, presidente, odel Inc.

  Brian Lack, socio amministratore, instant image

  William Buckingham, socio amministratore, instant image

  Elizabeth Cleveland, socio amministratore, instant image

  — Questo documento ha la data di più di tre settimane fa — disse Harry, facendo scorrere il raggio della torcia sul foglio. — Proprio il periodo in cui la odel ha fatto la sua offerta per rile­vare l'azienda. — Tirò Grace accanto a sé, perché potesse legge­re anche lei.

  Nella data suddetta Daniel Carmody e il suo avvocato hanno in­contrato i soci amministratori della Instant Image per spiegare i particolari della fusione da loro proposta. Dopo la riunione, il signor Carmody mi ha chiesto di rimanere nella stanza e mi ha co­municato alcune informazioni riservate che io qui rivelo.

  Il 15 febbraio di quest'anno, Carmody ha autorizzato, tramite la odel, la stampa di cinquecento (500) videocassette speciali sony u-matic da tre quarti di pollice a uso della Callanberg Holdings, compagnia con sede a New York. Prima che l'ordinazione potesse essere evasa, però, parte del materiale è stato rubato dal reparto spedizioni della sua società. Responsabile del furto, si è scoperto, era un ex dipendente della odel, David Coltis, che in seguito è stato catturato dalla sezione legale della odel. Coltis ha confessato di avere venduto la merce ad alcune aziende di duplicazione video nella zona di Soho. La maggior parte della spe­dizione, circa quattrocento nastri, era stata acquistata in blocco dalla Instant Image.

  Il signor Carmody era convinto che uno dei nostri amministra­tori avesse concluso l'affare sapendo benissimo che trattavasi di videocassette rubate. Ha sottolineato il valore incalcolabile di quei nastri, spiegando che per motivi propri era disposto a non sporgere denuncia, e anzi avrebbe presentato un'offerta cospi­cua per rilevare la Instant Image, semplicemente per essere cer­to della nostra collaborazione nel recupero totale del materiale rubato.

  Devo confessare di essere stato io a concludere quell'affare. Il signor Coltis mi aveva contattato, proponendomi l'acquisto della partita di merce, e io ho accettato, anche se non lo avrei fatto se avessi saputo che quelle cassette erano di provenienza furtiva. Questo documento, firmato, ha valore di affidavit del nome in calce.

  Brian J. Lack

  — Non capisco — disse Grace. — Perché Carmody non si è li­mitato a fare un'offerta per ricomprare i suoi nastri?

  — Perché la Instant Image negava di essere al corrente della faccenda — rispose Harry, eccitato. — Non capisci? Avevano violato la legge. Brian stava facendo risparmiare denaro alla dit­ta, comprando nastri usati senza tante domande, cancellandoli e riutilizzandoli. Il ladro non ha rivelato il nome del suo contatto qui, così Carmody si trovava in una situazione imbarazzante. Non poteva denunciare il furto alla polizia. Era "disposto a non sporgere denuncia".

  — Cioè, c'era qualcosa di losco in quella spedizione, e lui non poteva rischiare che si venisse a saperlo?

  — Esatto. E non poteva rientrare in possesso dei nastri perché alla Instant Image nessuno era disposto ad ammettere nulla. Quindi non gli è rimasta che un'unica alternativa: comprare in blocco l'azienda.

  — Perché darsi tanto da fare e spendere tanti soldi per qual­che videotape?

  — Quel tipo compra società perché gli piace il colore della lo­ro carta intestata. Immagino che su quei nastri ci sia qualcosa che non deve vedere nessuno, a parte i clienti a cui erano destinati.

  — Cosa potrebbe esserci di tanto prezioso? Forse è una parti­ta di droga. Forse le scatole dei videotape sono piene di cocaina.

  Harry scosse il capo. — No, sono nastri normali con qualcosa di speciale registrato sopra.

  — Cosa te lo fa pensare?

  — Coltis non sapeva di avere rubato qualcosa di speciale. Al­trimenti avrebbe chiesto più soldi. Per Brian è stato un affare, ri­cordi? Quindi esteriormente dovevano sembrare videocassette qualsiasi. L'unica cosa che poteva essere diversa era il contenuto dei nastri, quello che c'era registrato.

  — Perché la odel non ha semplicemente intimidito la Instant Image facendosi restituire i nastri? È abbastanza potente.

>   — Se si fosse resa conto del vero valore del materiale mentre l'atteggiamento della odel era ostile, la Instant Image sarebbe stata padrona della situazione. Carmody ha scelto una tattica più prudente.

  — Coltis è il nome del pazzo che ti ha sfasciato l'auto. La let­tera dice che la sezione legale di Carmody l'aveva catturato. Pen­si che poi sia fuggito?

  — Forse l'hanno lasciato andare perché sapevano che tanto ormai era spacciato.

  — Cosa intendi dire?

  — Che tutti quelli che hanno avuto a che fare con quei nastri si sono uccisi. Willie si è opposto al rilevamento ed è morto. La stessa cosa è successa a Beth. Naturalmente, la Instant Image aveva cambiato proprietario quando Brian ha deciso di farsi in­vestire.

  — Secondo te, hanno visto tutti quello che c'è sui nastri?

  — Non so. Cos'altro può averli spinti a comportarsi in quel modo? — Harry spostò il raggio della torcia nell'ufficio. — Chis­sà se qualche cassetta è ancora qui?

  — Ci saranno centinaia di cassette. Sarebbe un problema di­stinguerle. Senti, forse è un tipo di ipnosi. Non m'intendo molto di tecnologia, ma... è possibile che un pezzo di nastro magnetico possa spingere davvero la gente a uccidersi?

  — Che altra soluzione c'è? Carmody ha riavuto i nastri, e tutti e tre i soci sono morti in incidenti che non si possono far risalire alla odel. — Harry infilò l'affidavit di Brian nella nuova busta.

  — Dobbiamo trovare uno di quei nastri. Ora come ora, non ab­biano nessuna prova.

  Ripose i documenti nel cassetto, poi appallottolò la busta aperta e se la ficcò in tasca. — Se sono ancora qui, dovrebbero essere in un posto sicuro, chiuso a chiave... in un seminterrato, per esempio. Diamo un'occhiata. — Spense la lampada della scrivania e, insieme alla ragazza, raggiunse le scale seguendo il raggio sottile della torcia elettrica.

  Passarono guardinghi tra le file di duplicatori al primo piano. Dabbasso, imboccarono un corridoio buio sul retro dell'edificio e si trovarono di fronte a una grossa porta d'acciaio massiccia, si­mile all'ingresso di uno studio di registrazione. Harry tirò la ma­niglia con quanta forza aveva in corpo, ma la porta non si spostò di un millimetro.

  — Non vedo nessuna serratura. Cosa cavolo la blocca, allora?

  — Arretrò, asciugandosi il sudore dalle palpebre.

  — Questa. — Grace indicò una fessura appena sopra la mani­glia. — Chiusura elettronica. Ci serve una tessera.

  — Be', Brian doveva averne una — borbottò Harry. Un rag­gio di luce intensa penetrò dalla finestra dietro di loro, illumi­nandogli la schiena.

  — Cristo! — Afferrò la mano di Grace. — Abbassa la testa.

  — Ho visto una tessera magnetica nella piccola cassa di sopra.

  — Grace liberò la mano con uno strattone e andò verso le scale.

  — Torno subito.

  Harry fece una smorfia sentendo i suoi passi pesanti sulle tavo­le del pavimento. La torcia fendette l'oscurità al pianterreno spostandosi avanti e indietro, poi scomparve. Un minuto dopo, Grace tornò con la tessera. Quando la inserì nella fessura si udì un lieve scatto, e la porta si aprì.

  La stanzetta era piena di videocassette, dal pavimento al sof­fitto. Erano le matrici, le copie originali di tutti i film duplicati dalla Instant Image.

  — Come facciamo a trovare uno dei nastri della odel in mez­zo a tutti questi? — chiese Grace.

  — Non lo so. Proviamo a dare un'occhiata.

  Dopo mezz'ora di ricerche vane, le batterie della torcia erano ormai scariche. Nel debole chiarore giallognolo che adesso sca­turiva dalla lampadina, Harry si drizzò stringendo in mano una cassetta. — Credo di averne trovato uno — annunciò.

  — Come fai a esserne certo?

  — L'etichetta. — Con la poca luce che rimaneva, illuminò l'a­stuccio, inquadrando un simbolo protettivo runico e una scritta. Per Sparky. — È la calligrafia di mio padre. Mi chiamava così quand'ero piccolo — spiegò.

  — Vuoi dire che ha lasciato qui questa cassetta per te?

  D'un tratto si udì un grido nella strada. Un paio di figure indi­stinte erano curve sulla porta a vetri dell'atrio e stavano cercan­do di vedere all'interno. Una torcia tornò a brillare, illuminando la parete.

  — Scommetto che quello stupido buttafuori ha chiamato la polizia. Non possiamo uscire dall'ingresso principale.

  Harry si bloccò incespicando, mentre Grace si sedeva di fronte a lui e cominciava a slacciarsi una scarpa. — Cristo, non è il mo­mento di...

  La ragazza tolse lo scarpone nero, vi infilò la mano e con quel­lo ruppe il vetro della finestra sul retro, usando poi la punta rin­forzata della scarpa per staccare le schegge dal telaio.

  Alcuni istanti dopo, stavano correndo in un vicoletto in direzione di Charing Cross Road, in mezzo a un odore acre di orina.

  — Abbiamo lasciato impronte dappertutto — ansimò Harry. — Sei schedata?

  — Non lo so — gridò Grace. — L'anno scorso un poliziotto mi ha preso le generalità quando ho cercato di entrare senza bigliet­to alla Royal Film Performance, ma credo di averla fatta franca dal momento che ho usato lo pseudonimo di Phyllis Coates.

  — E chi sarebbe Phyllis Coates?

  — La protagonista di un film del 1958, I Was a Teenage Frankenstein. Molto brava.

  — Sei proprio una ragazza con seri problemi psichici. — Ral­lentarono e svoltarono nella via principale ostentando la massi­ma disinvoltura possibile. Harry si infilò la videocassetta nella giacca.

  — Harry?

  — Sì? — Attese che Grace si rimettesse la scarpa.

  — Come faremo a convicere qualcuno che la cassetta è perico­losa? Se è davvero così micidiale, non possiamo guardarla senza rischiare la vita.

  Harry si strinse nelle spalle, indifferente. Ci aveva pensato qualche minuto prima. — Dev'esserci una spiegazione scientifica di come funziona. Troveremo qualcuno che ci aiuti a smontarla, e analizzeremo il nastro con uno spettrografo o qualcosa del ge­nere.

  — Harry? — Grace si drizzò e battè il piede per sistemare me­glio lo scarpone

  — Sì?

  — Cosa c'entra la tua segretaria con questo? La sua morte è collegata alle altre, rientra nello stesso schema?

  Era un particolare su cui Harry non aveva avuto tempo di sof­fermarsi a riflettere. — Non lo so. Il suo ragazzo era con lei la notte in cui è morta. Dovrei parlargli. — Posò il braccio sulle spalle di Grace. A Cambridge Circus, un gruppetto di speranzosi era fermo sotto la tettoia del Palace Theatre, in attesa di un taxi.

  — Vuoi fermarti da me? — chiese Grace.

  — No, a casa mia. Devo alzarmi presto. Ma puoi venire tu da me, se vuoi. Domattina, un po' d'aiuto morale non guasterebbe.

  — Perché?

  Harry alzò la mano per fermare un taxi in arrivo. — È il mio primo incontro con un cliente nuovo di zecca. Mi presenteranno al capo della odel, proprio Daniel Carmody in persona.

  32

  Invito

  Martedì mattina, mentre la sua auto attraversava lentamente il ponte di Waterloo Bridge, Harry pensò all'incontro imminente col nemico. Il sottopassaggio sulla sponda nord era stato allagato dalla pioggia torrenziale, e la sua chiusura aveva bloccato il traf­fico nell'ora di punta del mattino.

  Harry spense la radio, stanco di insulsa disco-music, e osservò disgustato la pioggia che si riversava nell'auto attraverso il para­brezza sfondato. Grace si spostò sul sedile accanto, immersa nei propri pensieri. Quella notte, avevano fatto ancora l'amore, e l'affettuosità tra loro si era accentuata. Ora, nella fredda luce grigia del mattino, i sospetti di Harry su Daniel Carmody sem­bravano a dir poco inverosimili; sicuramente, l'elegante filantro­po tanto decantato sulle pagine di Forbes e Fortune non sembra­va proprio il candidato adatto per una conversione alla megalo­mania faustiana.

  — È la soluzione logica, anche se adesso può sembrare assur­da — disse Grace, leggendogli nel pensiero. — Tutti sanno che le grandi società giocano sporco. Basta guardare il telegiornale. La concorrenza è più spietata che mai.


  Harry conosceva fin troppo bene i mezzi estremi a cui si ricor­reva per conservare le quote di mercato. La corruzione nella sua stessa agenzia era sempre più sottile e raffinata. I contratti frut­tavano profitti e vantaggi supplementari così grandi che i termi­ni dell'accordo contenuti si riducevano a semplici formalità o po­co più. Era l'arte dell'affare verso la fine del ventesimo secolo.

  — Lo fanno tutti, lo sai. — Grace scivolò in avanti sul sedile e appoggiò le ginocchia al cruscotto bagnato. — X fa un film. Y lo sponsorizza. X presenta il prodotto di Y nel film. Y decanta i film di tramite i suoi prodotti... Prova a immaginare: un'equipe di ricercatori e tecnici della odel mette a punto una nuova tecnologia che gli permette di sbarazzarsi dei rivali, di stroncare letteralmente la concorrenza. Un sistema infallibile, basta avere abbastanza fegato da utilizzarlo. I loro nemici hanno dei terribili incidenti. La compagnia è libera di effettuare operazioni di spionaggio industriale... chiunque la intralci viene eliminato, e nes­suno può provare un accidente...

  — A meno che non riusciamo a convincere qualcuno che sia­mo in possesso di una videocassetta "infetta" della odel — disse Harry. — Dev'esserci un modo di farla analizzare senza rivolger­si alla polizia.

  — Posso occuparmene io — disse Grace. — Tu assicurati che il tuo cliente non sospetti che noi sappiamo qualcosa... l'impor­tante adesso è questo.

  — Forse è già troppo tardi. Ormai Carmody saprà chi sta per incontrare, immagino... Il figlio di un uomo assassinato dalla sua società.

  Darren Sharpe aprì la porta della sala, consentendo a Harry e gli altri executive pubblicitari di entrare. Daniel Carmody era già seduto all'estremità del tavolo, con un arco di carte di fronte a sé. Al loro ingresso, spinse indietro la sedia e si alzò in tutta la sua statura imponente, porgendo la mano ben curata. Iniziarono le presentazioni, e Harry ne approfittò per osservare il giovane magnate.

  I modi di Carmody esprimevano un fascino controllato. Con movimenti sciolti e precisi strinse la mano ai membri della nuova équipe di lavoro dell'agenzia. L'abito che indossava era confe­zionato con una discrezione che metteva in risalto il taglio perfet­to; la coda di cavallo laccata ricadeva sul colletto con un ricciolo elegante. Il suo occhio di vetro rifletteva la luminosità fredda delle plafoniere al neon, i movimenti della testa tradivano il fatto che fosse artificiale.

 

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