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Rune

Page 34

by Christopher Fowler


  — Ora — disse — dato che a quanto pare nessun altro ha tro­vato una soluzione per il nostro problema, sarà meglio che vi spieghi il mio piano. Harry, potrebbe darmi una mano a traspor­tare una cosa che ho in auto? Signorina, lei dovrebbe tenere d'occhio la porta. Non vogliamo che entri nessuno.

  Mentre uscivano di corsa insieme sotto la pioggia, Harry rico­nobbe Slattery che li osservava dalla Mercedes. Bryant aprì la portiera della Mini e tirò fuori uno scatolone. Non appena furo­no rientrati, prese un temperino e tagliò il nastro adesivo che chiudeva il lato superiore del cartone.

  — Dovrà leggere le istruzioni mentre procediamo — disse, estraendo una videocamera dall'imballaggio di polistirolo. — Stando ai miei colleghi, nel tempo che ci rimane è impossibile creare col computer un programma virus che trasmetta una ma­ledizione runica, ma io ho pensato che avremmo potuto registra­re un nostro nastro runico. Naturalmente, si tratterà di farlo ap­parire sui monitor della odel in modo che Carmody lo veda. Ora, se ho ben capito, con questo aggeggio si può girare anche in condizioni di luminosità pessime, e vedere subito il risultato, giu­sto?

  Harry annuì debolmente. La corsa all'auto aveva turbato il suo equilibrio. Si domandò se avrebbe risentito di nuovo degli effetti collaterali delle rune.

  Dorothy fece accomodare Bryant su una sedia nella sala prin­cipale e spiegò il problema della creazione di immagini subliminali per il video.

  — E se creassimo delle scene semplici come quelle sul nostro nastro, e formassimo le configurazioni runiche sistemando nella maniera adatta i libri sullo sfondo? — Grace andò davanti allo scaffale più grande e diede una dimostrazione. — Potremmo di­sporre i dorsi dei volumi in base all'ampiezza e al colore, nascon­dendo una parte della maledizione in ogni scena. Dorothy, po­trebbe ideare un messaggio in codice runico assolutamente letale?

  — Non è difficile, questo — rispose la bibliotecaria. — Posso mettere insieme i simboli della morte violenta, degli incidenti, dell'uomo... qualsiasi cosa. Quello che richiederà molto tempo sarà la sistemazione dei dorsi dei libri.

  Nelle due ore e mezzo successive, Grace, Bryant e Dorothy vuotarono nove scaffali e li riempirono di volumi disposti secon­do gli schemi indicati dalle bibbie runiche della collezione Huxley. Harry preparò l'apparecchiatura video e fece delle riprese di prova.

  — Abbiamo aggiunto altre due rune — disse Dorothy. — Una è il simbolo che indica che gli aghi velenosi del tasso, l'albero della morte, impediscono all'uomo di raggiungere l'immortalità. L'altra è il simbolo dell'attenzione. In teoria, lo spettatore non riuscirà a staccare gli occhi dallo schermo una volta iniziato il na­stro.

  — In teoria — disse Grace. — In teoria, tutto questo è pazze­sco.

  — Non c'è altro sistema — ribattè Bryant. — Potremmo man­dare là l'intero corpo di polizia e bloccare la trasmissione in base a sospetti ragionevoli...

  — Perché non lo fate, allora?

  — I nostri sospetti riguardano solo il coinvolgimento persona­le di Carmody in questo caso. Non possiamo fermare tutto il suo staff per "ragionevoli sospetti". Di cosa?

  — Gli enti televisivi non hanno bisogno di una licenza, di per­messi? — chiese Grace. — Non potreste trovare un'irregolarità?

  — Il mio stimato collega ha già controllato. La odel è in re­gola; è protetta da una pila di scartoffie e documenti alta due metri.

  — Intanto il tempo stringe — intervenne Harry. — Dobbiamo sistemare i personaggi in primo piano in modo che non coprano le linee runiche dei libri. Forza, ognuno al proprio posto.

  — Che faccia tosta, l'amico — sbottò May, seccatissimo. — Per anni si rifiuta di adottare qualsiasi ritrovato tecnologico, poi di colpo scopre la tecnologia e impazzisce.

  — Almeno sappiamo dov'è — disse Janice Longbright. — Ho mandato un uomo a sorvegliare la biblioteca. E poi Arthur ha promesso che richiamerà. Dovremo solo avere fiducia in lui.

  — È questo che mi preoccupa. Dovremo tenere un'intera squadra in stato di all'erta in attesa della sua telefonata.

  Rufus e Kirkpatrick erano stati svegli tutta la notte. Erano riu­sciti a creare le basi di un virus runico semplice, ma la program­mazione era stata interrotta perché Rufus si era addormentato, e adesso era steso nell'ufficio di Janice, coperto dall'impermeabile del sergente. Anche se possedeva la mente di un genio adulto, era ancora limitato dalle esigenze fisiche di un ragazzino di nove anni.

  Mentre Janice lasciava la stanza, May girò la sedia a rotelle e fissò il telefono. — Forza, Arthur — disse. — Per amor del cielo, fammi uscire di qui.

  Harry infilò la cassetta terminata nella custodia e la porse a Bryant. Erano riusciti a girare un breve filmato pieno di luci e colori tremuli, una serie bizzarra di inquadrature statiche che, si auguravano, avrebbero agito sul subconscio dell'osservatore provocandogli uno stato allucinatorio. Appena ultimate le ripre­se, Harry aveva cominciato a sentirsi male. Il secondo attacco era stato diverso dal primo. Questa volta aveva avuto l'impres­sione che i muri della biblioteca si stessero stringendo minacciosi intorno a lui, e il pavimento si era trasformato in un pantano su cui era impossibile mantenere l'equilibrio. Era caduto a terra, sbattendo un'anca, ma almeno il dolore improvviso aveva fatto cessare la crisi.

  — Mi spiace, Harry, ma non puoi assolutamente venire con noi. — Grace prese a braccetto Bryant. — Gli uomini di Carmody ti aspettano al varco. Nessuno alla odel mi conosce. Il signor Bryant mi porterà là. Posso scoprire in che studio Carmody sta registrando. Ed escogiterò il modo di fare apparire le immagini del nastro sui loro monitor.

  — Non riuscirai mai a entrare là dentro, e lo sai — replicò Harry. — Almeno, se verrò io, potrò parlare a Carmody.

  — E se avessi un'altra ricaduta? Pensi che Carmody ti aiute­rebbe? Hai detto tu stesso che ti vuole morto.

  — Ma non mi ha ancora ucciso, no? Io vengo con voi, e basta. — Harry allungò la mano verso il nastro e cadde in avanti, assali­to da una nuova ondata di nausea.

  — Badi a lui, Dorothy — disse Grace. — E mi raccomando, tenga la porta chiusa quando saremo usciti. — Guardò l'orolo­gio. Quasi le cinque del pomeriggio. Avevano impiegato tutto il giorno per registrare il nastro. — È meglio che ci mettiamo in viaggio.

  — A proposito — fece Arthur Bryant — qualcuno l'ha av­visata del mio modo di guidare?

  47

  Ingorgo

  Grace non aveva mai visto un temporale del genere. Guardando attraverso il parabrezza sporco, cercò di decifrare i segnali stra­dali. — Certo che ci sarebbero meno problemi se avesse i tergicristalli — osservò, strofinando il vetro appannato con una mani­ca.

  — Non ne ho mai avuto bisogno — replicò Bryant, seccato. — Di solito, non uso Henrietta quando piove.

  — Henrietta? — Grace battè sul cruscotto. — Grazioso. Le ha dato il nome di una sua amica particolare?

  — In un certo senso — rispose Bryant, curvandosi sul volante.

  — Henrietta Durand-Deacon era la vittima degli omicidi del ba­gno d'acido del 1949. L'ho identificata dalla dentiera. Un caso in­teressantissimo.

  — Oh.

  Attorno a loro il traffico era bloccato. L'edificio della odel era situato in fondo a Kingsway, a Holborn. La Mini era inca­strata al centro della rotonda di Elephant & Castle, sul lato sud del Tamigi.

  — Da dov'è saltata fuori tutta questa gente così all'improv­viso? — borbottò Bryant. — Di solito le strade non sono mai tanto intasate lunedì pomeriggio, nemmeno nell'ora di punta. La Mini si sta surriscaldando. Non ce la faremo mai.

  — Forse dovrebbe chiamare il suo amico — suggerì Grace. — Non potrebbe farci avere una moto?

  — Io non so guidare la moto.

  — Io sì. Lo chiami.

  Bryant accese il telefono e formò il numero del commissariato.

  — Niente da fare, stando qua dentro — disse. — Dovrò uscire.

  — Spalancò la portiera, e ammaccò la fiancata di una Porsche nuova fiammante ferma accanto a lui.

  L'uomo al volante rimase al
libito, come se avesse appena assi­stito alla morte del suo primogenito. — Cosa... cosa diavolo stai combinando? — gridò, accingendosi a scendere dall'auto. Da­vanti a loro il traffico si mosse di un paio di metri, ma la Mini di Bryant era bloccata dalla Porsche.

  — Maledetto pazzo! — sbraitò l'automobilista, shoccato. — Immagino che un idiota come te non abbia la minima idea di quanto costi riparare questa carrozzeria!

  Bryant si rivolse al proprio passeggero con un sorriso di scusa.

  — Mi rincresce moltissimo fare quello che sto per fare, Grace. Le assicuro che non è da me comportarmi così, assolutamente.

  — Allungò la mano verso il vano sotto il volante della Mini e prese una automatica calibro 38. Alzandola di scatto e puntando­la alla tempia del proprietario della Porsche, tirò indietro il cane e parlò in tono pacato.

  — Esca dall'auto, signore, lasci inserite le chiavi e fili via. Se non alza i tacchi entro tre secondi, le faccio schizzare il cervello dal buco del culo. — L'automobilista spalancò gli occhi e balzò dalla macchina, indietreggiando nel traffico bloccato.

  — Trovo che a volte gli spettacoli televisivi americani possano essere istruttivi — disse Bryant, stringendosi nelle spalle imba­razzato. — Il traffico comincia a muoversi. Presto, cambiamo vettura.

  Salirono sulla Porsche abbandonata, portando con sé il nastro.

  — Splendida macchina — commentò Bryant, con una sfumatura di invidia nella voce. — Chissà perché le persone che le guidano sono sempre così orribili? Ah, bene, ha anche il telefono. Chia­mi lei per me. — Porse a Grace un foglietto e diede gas, strapaz­zando il cambio. L'auto accelerò con uno scatto talmente violen­to che Bryant per poco non perse il controllo.

  — Ha ragione — disse, montando con due ruote sul marcia­piede per superare il traffico bloccato. — Ci servirà aiuto per districarci da questo intasamento. C'è una partita di calcio da qualche parte? Non ho mai visto un simile caos. — Davanti a lo­ro, al centro della strada, c'erano due camion del mercato orto­frutticolo. Il detective calcolò con le mani la distanza che li se­parava.

  — Impossibile passare là in mezzo — disse Grace.

  — No, dovremmo farcela tranquillamente. — Bryant accele­rò.

  Un terribile stridore metallico indicò che stava raschiando via strisce irregolari di vernice da entrambe le fiancate della Por­sche. Dal corridoio tra i due autocarri uscì una vettura notevol­mente deprezzata.

  — Colpa mia — si scusò Bryant. — Ho dimenticato che questa macchina è più larga della Mini.

  Grace guardò dal finestrino, tenendo il ricevitore telefonico incuneato sotto il mento, — Non risponde nessuno. — Lo spec­chietto laterale dalla parte di Bryant si ruppe con un rumore sec­co dopo aver urtato un lampione. L'auto si fermò. Davanti, il traffico immobile ostruiva la sede stradale in ogni direzione.

  — Strano. C'è un dispositivo di ricerca automatica che do­vrebbe inserire sulla prima linea libera. Insista. — Bryant abbas­sò il vetro e si sporse all'esterno. — Santo Dio, il ponte di Waterloo è completamente bloccato. Sembra che tutti gli automobilisti della città abbiano deciso all'improvviso di mettersi in viaggio.

  — Pensa che la odel possa entrarci in qualche modo?

  — Suppongo che avrebbero potuto manomettere i computer che controllano il sistema semaforico della zona, ma non vedo come. — Bryant salì con l'auto sul marciapiede, passando tra la vetrina di un negozio e un contenitore di rifiuti, graffiando anco­ra la carrozzeria.

  — Non intendevo questo. Se possono uccidere la gente in­fluenzando le probabilità statistiche degli incidenti, senza dubbio potrebbero anche sconvolgere la circolazione stradale.

  — Le leggi del caso hanno un limite massimo — disse Bryant, abbandonando riluttante il marciapiede e tornando nella calca cacofonica di veicoli in attesa in fondo al ponte. — Prendiamo quella storia degli scimpanzè e delle macchine per scrivere. Di­cono che un numero illimitato di scimmie, battendo sui tasti per secoli, alla fine produrrebbe le opere complete di Shakespeare. Ma sono idiozie belle e buone.

  — Perché?

  — Rifletta. Le probabilità che una scimmia batta una lettera giusta sono una su ventisei. Le probabilità che venga battuta una seconda lettera giusta sono una su ventisei al quadrato, le probabilità di una terza lettera giusta una su ventisei al cubo, e così via. Ma alcune lettere appaiono più frequentemente delle altre nella lingua inglese. La lettera E, per esempio. Le leggi del caso non ne tengono conto,. Consentiranno ai nostri scimpanzè di pro­durre un'uniformità casuale in qualsiasi grosso campione lavora­tivo, di battere lo stesso numero di vocali e consonanti. Anche battendo in eterno, le scimmie sarebbero fortunate se riuscissero a scrivere un unico monologo. Continuerebbero a urtare contro la barriera del caso.

  Bryant spense il motore e tolse le chiavi. — Inutile — disse. — Dovremo proseguire a piedi. Prenda il telefono.

  Avevano appena raggiunto la metà del ponte quando la pioggia cominciò a cadere così forte da dare l'impressione di volerli isolare dal mondo circostante. Il fiume ribolliva per la violenza della precipitazione.

  — Dobbiamo trovare un riparo — urlò Grace. — Non respiro quasi con tutta questa acqua.

  Bryant indicò alle loro spalle la scala che portava al passaggio pedonale sotto il ponte. — Andiamo di là — gridò. — Poi prove­remo ancora a chiamare John.

  Il sergente Longbright tornò di corsa nella sala operativa e af­ferrò la spalla di John May. — Avevi ragione. L'intera rete com­puterizzata che regola il traffico è in tilt.

  — Impossibile — disse un telefonista. — C'è un dispositivo di sicurezza che entra in funzione immediatamente e aumenta la tensione quando il calo di corrente raggiunge un certo livello.

  — Non più. Saranno state allagate le sottostazioni?

  — Non è un guasto elettrico — disse May. — Sanno che un in­tervento della polizia potrebbe interrompere la trasmissione via satellite. Si stanno cautelando perché non avvenga.

  — Pensi proprio che sia possibile?

  — Se crediamo davvero nel potere di Carmody, dobbiamo crederci fino in fondo.

  May capì che era giunto il momento di rompere il silenzio, an­che a costo di esporsi al ridicolo. — Janice — disse — è meglio che tu salga a informare Ian Hargreave. Non siamo più in grado di fronteggiare la situazione.

  Il sovrintendente Ian Hargreave non era un esperto di sistemi, però aveva introdotto diverse tecniche rivoluzionarie che adesso venivano usate regolarmente dal corpo di polizia. Vedeva benissimo cosa stava accadendo, ma non riusciva a crederci. — Le banche dati si stanno svuotando — disse, passeggiando avanti e indietro di fronte alla serie di computer impazziti. Nella stanza, il rumore era assordante. — Sembra quasi che il materiale che con­tengono venga scaricato in un'altra rete. Ma non è così. Non possiamo semplicemente accedere ai dati. Qualcuno sta inseren­do un virus in alcune parti del nostro sistema.

  Janice Longbright decise di tenersi a debita distanza dal mas­siccio investigatore, che aveva l'abitudine di agitare le braccia quando camminava. L'aveva informato sulla causa probabile del­lo sconvolgimento del traffico, ma per il momento Hargreave era più preoccupato per la perdita della sua rete informatica.

  — Lo tengono nascosto in un programma interno. Se c'entra­no i tuoi amici del piano di sotto, se sono stati loro a provocare inavvertitamente tutto questo, li uccido. — Hargreave si grattò i baffi, irritato. — Il nostro sistema di rilevamento si blocca pro­prio quando i computer che regolano il trafficò si guastano... una coincidenza maledettamente strana. Sono stato indulgente trop­po a lungo con Bryant e May.

  — Un provvedimento disciplinare adesso ci farà perdere tem­po prezioso, Ian — lo supplicò Janice. — Concedigli ancora qualche ora.

  Hargreave si rendeva conto che i suoi due investigatori più ce­lebri erano in guai seri, ma senza la loro piena collaborazione non poteva aiutarli a uscirne. E poi, ora come ora, loro erano l'ultimo dei suoi problemi. Londra stava bloccandosi completa­mente, e sembrava che la colpa della par
alisi fosse del sistema di controllo della circolazione cittadina. Da un istante all'altro sa­rebbero iniziate le denunce di rapine. Il primo effetto di una crisi era l'aumento dei crimini. Ma con le linee telefoniche e dei com­puter interrotte non potevano fare altro che stare a guardare, in­capaci di intervenire.

  Hargreave era arrabbiato soprattutto con se stesso. — Se li avessi costretti a tenermi informato fin dall'inizio, forse adesso potrei fare qualcosa.

  — Soddisfa solo le loro richieste e non fare domande fino alle otto.

  Il sovrintendente sospirò. — Come potrei dirti di no, Janice?

  — Anche il centralino non funziona.

  — Oh, Dio... la ricerca automatica — gemette May. — Non si può escluderla?

  — Ci stanno lavorando.

  May rifletté un istante, poi prese una decisione. — Manda una squadra di sorveglianza al palazzo della odel. Il commissariato più vicino è quello di Bow Street. Vadano in auto e a piedi, e nessuno entri finché non darò l'ordine io.

  — Gli serviranno delle bici per districarsi dal traffico.

  — Che diavolo sta succedendo? — May pestò furioso i brac­cioli della sedia a rotelle. — Nemmeno lui può controllare la pioggia. — Si rivolse a un subalterno. — Cerca di metterti in contatto con Bryant e di sapere cosa combina. Abbiamo manda­to un uomo alla biblioteca; scopri che fine ha fatto.

  — Il centralino... Il sergente Longbright ha detto che non...

  — Usa un telefono esterno, santo cielo!

  — Sissignore. — Il giovane agente si affrettò a uscire.

  — Siediti, John. — Janice lo spinse di nuovo sulla carrozzella. — Ti stai agitando troppo. Dovresti prendere due pastiglie.

  — Forse hai ragione. Ti spiace portarmi un bicchier d'acqua?

  Non appena Janice si fu allontanata, May si alzò dalla sedia a rotelle, infilò l'impermeabile e si diresse verso l'uscita posteriore dell'edificio.

  Rannicchiata dietro una cortina argentea di pioggia alla base del ponte, Grace si accovacciò accanto al telefono portatile, for­mando dei numeri. Provò la linea diretta della sala operativa del commissariato, poi chiamò il numero riservato di John May, ma sentì sempre lo stesso ronzio elettronico.

 

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